Nelle strutture dell'Eoc c'è solo la ventilazione, salvo nelle 'zone sensibili'. Masserini: 'L'aria condizionata può creare problemi di microbi o batteri'
Gli anni passano, il caldo no. Anzi, alla seconda tornata di canicola dell’estate 2019 sembra evidente quale sia la tendenza. Il riscaldamento globale è attestato dai dati, e i record si... sciolgono come neve al sole, ahinoi. E così mentre l’allerta di grado 3 è in vigore a sud delle Alpi (fatto salvo l’Alto Ticino) torna d’attualità la calura nelle strutture ospedaliere cantonali.
“Pensando ai malati nei nostri ospedali, ancora più sensibili, fa un po’ specie che non vi sia un impianto di condizionamento climatico adeguato”. A sottolinearlo in un’interrogazione al Consiglio di Stato è Lara Filippini (Udc), che prende spunto dalla situazione all’ospedale San Giovanni di Bellinzona, dove sono stati esposti dei cartelli con alcuni “consigli” per i pazienti “per evitare di avere troppo caldo nelle ore pomeridiane”. Chiudere le finestre a metà mattina, chiudere le tende, aprire la porta sul corridoio... piccoli accorgimenti che però poco possono contro i potenti raggi del sole verso cui sono orientate numerose stanze del nosocomio. Con tutti i disagi del caso per malati degenti, parenti in visita e personale medico e infermieristico.
Avevamo già dato conto della ‘canicola al San Giovanni’ l’anno scorso. Era il 30 luglio e la situazione dal punto di vista climatico era molto simile a quella odierna. «Nei nostri ospedali la situazione è paragonabile a quella dell’anno scorso – spiega Mariano Masserini, responsabile della comunicazione dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) –. Nelle strutture ci sono dei sistemi che immettono dell’aria fresca più o meno potenti, dipende dall’anno di costruzione degli edifici. Un sistema di ventilazione che permette di rinfrescare i locali». Al San Giovanni questo sistema non sembra riuscire a vincere la canicola... «Lo stabile è vetusto. Attendiamo il nuovo ospedale», previsto come noto ai Saleggi. Non proprio domani, a dire il vero.
«Capisco che si tratta di una questione strutturale non risolvibile facilmente – commenta l’autrice dell’atto parlamentare Filippini – ma al governo chiedo espressamente se non sia possibile prevedere un credito quadro per installare un sistema di climatizzazione nelle stanze dei pazienti a breve termine». «L’aria condizionata si mette là dove è veramente necessaria – considera dal canto suo Masserini –. Penso alle zone sensibili come ad esempio sale operatorie, camere di isolamento e laboratori. Se in altri posti occorre davvero intervenire ulteriormente è possibile posare dei ventilatori mobili. Cerchiamo di fare tutto il possibile». Anche in una struttura più recente come l’ospedale Italiano – esemplifica il responsabile della comunicazione Eoc – si è predisposto un sistema di ventilazione nelle stanze (che immette aria fresca), e non di climatizzazione. Come mai? «L’aria condizionata può creare problemi di diffusione di microbi o funghi, dovuti all’umidità dell’acqua di condensa» spiega Masserini. Ma i pazienti si lamentano, insistiamo noi? «Beh, come si fa a non lamentarsi? Tutti si lamentano della canicola. Chi è in ospedale è in una situazione già fragile e chiaramente soffre il caldo», conclude.
A determinarsi sul problema nei prossimi mesi dovrà essere l’esecutivo, a cui Filippini ha girato una serie di domande: “Qual è la situazione nei vari Eoc a livello di impianto di condizionamento delle camere dei pazienti, ivi comprese le cliniche private? Qualora sia in previsione una ristrutturazione, anche a tappe, della struttura XY – se possibile specificare quali in corso d’opera – l’aspetto di climatizzazione, un po’ più moderno e al passo con i tempi, viene tenuto in considerazione? Vi sono normative o linee direttive precise in materia qualora sia in atto un processo di ristrutturazione al quale ci si possa attenere? Cosa intende fare il Consiglio di Stato per migliorare nel breve termine la situazione?”.