La replica dei sindacati al padronato sul diritto allo sciopero delle donne il prossimo 14 giugno. Intanto sarà un primo maggio al femminile
«Non abbiamo paura. E a chi cerca di scoraggiarci sostenendo che lo sciopero è illegale, rispondiamo che ad essere illegale è la discriminazione salariale». È una bordata quella di Chiara Landi, presidente delle Donne dell’Unione sindacale svizzera Ticino. Una bordata indirizzata, a 50 giorni dall’astensione nazionale dal lavoro da parte delle donne prevista per il 14 giugno, all’Unione padronale svizzera, che nelle ultime settimane «ha iniziato una campagna contro il diritto di scioperare». E alle parole, il Gruppo donne Uss, in collaborazione con l’Ocst donna-lavoro, ha fatto seguire pure i fatti: il prossimo 7 maggio alle 20 all’Hotel Pestalozzi di Lugano tre giuriste affronteranno l’argomento dal punto di vista del quadro legale.
Quadro che, peraltro, contempla da tempo la parità tra uomo e donna, scritta nero su bianco nella Costituzione a partire dal 1981 e ripresa nella legge nel 1996. «Ma la situazione è insoddisfacente sotto molti aspetti», ha rilevato Landi. Dopo quasi 40 anni di salari inferiori, sottorappresentanza, mancanza di pari opportunità e sessismo, le donne si dicono stanche di aspettare. Stanche, ma per nulla pronte ad abbandonare la lotta. «Abbiamo atteso 38 anni l’applicazione di una norma che tutt’oggi viene disattesa», ha detto Landi parlando - giovedì scorso - in un megafono in Viale Stazione a Bellinzona durante una breve manifestazione inscenata a corredo di un incontro con la stampa.
E in attesa del 14 giugno, anche il prossimo 1° maggio, festa dei lavoratori, sarà incentrato sui diritti delle donne. Slogan: “Senza muri e senza paure”. «In un mondo dove si costruiscono sempre più muri – ha chiosato Landi –, dove i poveri si accapigliano tra loro mentre i ricchi se ne approfittano, l’unico movimento che ha saputo abbattere qualsiasi ostacolo è stato quello femminista. Si è creata così una rete che ha premesso di riunire molte lotte rimaste settoriali. Le donne hanno dimostrato di avere coraggio». Un coraggio che intendono portare in piazza anche mercoledì prossimo a Locarno come protagoniste della manifestazione che prenderà avvio alle 11.30 con un corteo dalla stazione a Piazza Grande. Alle 12 sono poi previsti i discorsi seguiti dal pranzo.
«La questione del salario rimane centrale, soprattuto in Ticino. Ma è anche legata alla questione dell’accordo quadro con l’Unione europea, che mina le misure di accompagnamento, fondamentali per proteggere i lavoratori e le lavoratrici dal precariato», ha rimarcato Françoise Gehring, segretaria sindacale del Sev. E la lotta alla parità salariale, ha aggiunto, deve puntare a ottenere un giusto potere d’acquisto. Anche perché «con la femminilizzazione del lavoro, i salari tendono a scendere. E ciò va a scapito anche di quelli degli uomini».
Ma il 1° maggio si parlerà anche di violenza domestica. «Cosa c’entra? C’entra, perché si calcola che le vittime perdano capacità lavorativa per un totale di 40 milioni di franchi all’anno – ha fatto notare Pepita Vera Conforti, militante Vpod –. A ciò bisogna aggiungere dai 160 ai 280 milioni di costi diretti e 2 miliardi di costi intangibili». Vi sono poi quei «300mila franchi che una donna dovrebbe guadagnare, ma non guadagna, nel corso della vita a causa della discriminazione salariale. E ulteriori 250 milioni all’anno di lavori non retribuiti», ha commentato Renata Barella, segretaria sindacale Ssm. Non facendo mancare una frecciata ai media, dove «non più del 3% dell’attualità presenta un’immagine non stereotipata», mentre 3/4 delle persone menzionate sono uomini. E «nelle redazioni le donne sono solo un terzo».