Due terzi dei bimbi in Ticino nascono con cesareo o travaglio provocato. Mara Bianchini: ‘Possibile garantire sicurezza, lasciando alle mamme il ruolo attivo'
Nascere di parto spontaneo è diventato quasi un’eccezione. In Ticino solo un bimbo su tre viene al mondo senza interventi esterni mentre gli altri due passano, assieme alle loro mamme, dall’esperienza del parto indotto, da un cesareo o dall’impiego di forcipe o ventosa. Vissuti a volte molto negativi, soprattutto per le donne. Tant’è vero che un terzo di loro in Svizzera dichiara di ricordare la nascita del proprio figlio come un evento traumatico.
Dati alla mano, l’associazione ‘Nascere Bene Ticino’ si chiede quindi se le donne non sappiano più partorire senza intervento medico oppure se, più semplicemente, la nascita è stata sovra-medicalizzata. «Forse siamo passati da una cultura della sicurezza nel nascere, dovuta alla giusta volontà di far calare il più possibile le morti per parto, all’eccesso opposto», ha chiosato Roberto Malacrida, medico e direttore della ‘Rivista per le Medical Humanities’ , organo ufficiale della Commissione di etica clinica dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc). Rivista che ha dedicato l’intero numero 41 (presente nelle sale d’aspetto ospedaliere, ordinabile in libreria e presto visionabile anche online su www.rivista-rmh.ch) proprio al tema della nascita.
«La maggior parte delle donne vuole ancora partorire in ospedale perché si sente più sicura. Vorremmo far cambiare questa percezione», ha sottolineato dal canto suo Mara Bianchini – presidente di ‘Nascere Bene’ e docente alla Supsi – convinta che sia possibile coniugare la sicurezza clinica con il «lasciare alla donna il proprio ruolo attivo» nel lieto evento. Come? Intanto permettendo di essere seguita non solo prima e dopo la nascita da una levatrice di fiducia, ma anche durante.
L’associazione chiede insomma di aprire le porte della sala parto all’ostetrica di fiducia della partoriente, sull’esempio di quanto avviene in altri cantoni e come si faceva anche in Ticino sino a fine anni Settanta. Un modo per aggiungere un volto conosciuto e amico al momento più delicato dell’esperienza. Si tratterebbe, sostiene l’associazione rivolgendosi in particolare all’Eoc, di un cambiamento che non «richiederebbe particolari costi» e che potrebbe essere implementato in brevissimo tempo.
«Si parla spesso di sicurezza clinica, ma qui si sta davvero domandando un piccolo passo che non costa nulla e fa invece molta differenza», ha fatto notare Francesca Coppa Dotti, co-presidente della sezione Ticino della Fondazione svizzera delle levatrici. Un cambiamento che richiede «fiducia tra le parti – ha annotato Malacrida –. Il medico ha la responsabilità della salute di mamma e bimbo, ma con una buona intesa tra ginecologo e levatrice, non vedo particolari ostacoli» ad attuare questa misura.
«Le donne devono riappropriarsi di questo momento. Devono avere tutte le informazioni utili e devono poi essere libere di scegliere», ha sottolineato a sua volta la granconsigliera socialista Gina La Mantia, che nel 2016 aveva presentato una mozione (tutt’ora pendente) in cui si proponeva al governo l’istituzione, all’interno dell’Eoc, di reparti gestiti direttamente da levatrici, dove poter garantire un accompagnamento alle gravidanze non a rischio (i casi a rischio andrebbero invece centralizzati in uno o due ospedali altamente specializzati). Si tratterebbe di un secondo passo auspicabile, precisa Coppa Dotti, «che permetterebbe anche di distinguere quali casi sono da considerarsi davvero a rischio».