14 milioni di alberi caduti in Italia col maltempo. In Ticino vengono curati fino a 1’000 ettari l’anno
«Un’ondata estrema di maltempo può far crollare il bosco, indipendentemente dalla cura quotidiana a esso dedicata». È netto Roland David, capo della Sezione forestale, nel rilevare, raggiunto dalla ‘Regione’, come «l’impegno che mettiamo nel curare il nostro bosco c’è tutto, ma davanti a un evento estremo non c’è molto che si possa fare».
In Italia il recente, forte maltempo ha portato altrettanto estreme conseguenze. Interi boschi sono crollati, le ultime stime parlano di 14 milioni di alberi sradicati dalla forza dei venti che, in alcune zone, hanno soffiato fino a 180 chilometri orari. Sono ancora sotto gli occhi le immagini della diga del Comelico, nel Bellunese, letteralmente riempita di alberi. Con tutti i rischi e i pericoli del caso. Rischi e pericoli che potrebbero correre anche i boschi ticinesi, se pure da noi si abbattesse un fenomeno così estremo? «Per fortuna in scala ridotta, ma anche in Ticino abbiamo subito alcuni danni provocati dalla caduta di alberi – riprende David –. Diverse sono state le strade chiuse nel Sottoceneri e in Onsernone, ad esempio». In forma minore perché, sebbene quando una calamità arriva non bussi alla porta per avvertire, «il Ticino, perlomeno per l’aspetto ventoso, è stato tutto sommato risparmiato, nonostante il vento sia arrivato a 128 chilometri orari. La nostra posizione geomorfologica è tale che è difficile si creino fenomeni come trombe d’aria».
Fenomeni che però, ricorda David, hanno imperversato in Svizzera: «Non siamo immuni da questi eventi. Basti ricordare l’uragano Vivian del 1990, o Lothar nel 1999. Entrambi sono andati a colpire anche boschi perfettamente trattati».
Una presa di coscienza che, ad ogni modo, «non deve assolutamente far passare l’idea che il bosco non vada curato. Anzi, tutt’altro. Noi approviamo settimanalmente dei progetti di cura per il bosco di protezione, e in totale si va dagli 800 ai 1’000 ettari all’anno. Cerchiamo in particolare di fare opere di rinnovamento, perché si deve garantire in modo durevole la sua funzione di protezione. E perché ciò succeda, dobbiamo sempre mantenerlo vitale».
Un bosco, quello ticinese, che è relativamente giovane. «Sì – replica il capo della Sezione forestale – poiché è comunque figlio dei grandi dissodamenti del Novecento. Ma, evidentemente, bisogna iniziare già adesso con gli interventi di cura». Questo perché «non possiamo permetterci di avere su ampie superfici un bosco che diventa troppo vecchio: così facendo, diventano molto più problematici e difficoltosi gli interventi a sostegno». Una cura che si fa viepiù fondamentale, considerando quanto sia aumentata la superficie boschiva in Ticino. Se a inizio ’900 era di 60mila ettari e nel 1950 di 85mila ettari, alla fine del Ventesimo secolo è arrivata a contare 140mila ettari. Un aumento «che dal profilo paesaggistico è molto importante, per avere una buona alternanza tra bosco e aree aperte, anche per la biodiversità».
Il fatto che in quasi cinquant’anni la superficie coperta da boschi sia più che raddoppiata è «dovuto essenzialmente all’abbandono dell’agricoltura nelle zone più difficili. Di per sé – annota David – dal profilo della sicurezza del territorio non è un problema. Ma è evidente che quelli del Canton Ticino, oggi, sono ancora dei boschi relativamente giovani, e necessitano di cure costanti e appropriate».