Ticino

‘Ticino laico’, finora raccolte 5'000 firme

Per far riuscire l'iniziativa e chiedere al popolo di inserire nella Costituzione la neutralità religiosa dello Stato ne mancano altrettante. Barella: ‘Poco aiuto dai partiti’

Ti-Press
24 ottobre 2018
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A due settimane dal termine per raccogliere le 10mila firme necessarie, fissato al 6 novembre, l’iniziativa ‘Ticino laico’ è a metà strada. Nel senso che «per ora disponiamo di 5mila firme – rileva da noi interpellato Giovanni Barella, primo firmatario e presidente dell’associazione Liberi Pensatori –. Ma il bastimento è ancora in mare, e finché non arriverà in porto non sapremo». Però c’è ottimismo, visto che «solo oggi (ieri, ndr) mi sono arrivate cinquanta buste con dentro dei formulari. Che sono disponibili assieme all’argomentario anche sul sito internet creato apposta, www.ticinolaico.ch». Firme, riprende Barella, «raccolte senza l’appoggio dei partiti, che è mancato completamente». Se a favore dell’iniziativa che chiede di inserire nella Costituzione la neutralità religiosa dello Stato si sono schierati da subito il Partito comunista e il Partito operaio e popolare, e il comitato cantonale del Partito socialista il 3 ottobre ha approvato a larga maggioranza l’appoggio alla raccolta firme, «altrettanto non si può dire degli altri partiti». A cominciare da quel Partito liberale radicale che «nonostante le voci di Gabriele Gendotti, Dick Marty o Diego Scacchi, è completamente mancato. Ed è un grande peccato, visto che addirittura alcuni simpatizzanti del Ppd hanno firmato la nostra iniziativa».

L’obiettivo è raccogliere 10mila firme, così da portare il popolo al voto sulla proposta di modificare l’articolo 24 della Costituzione, quello che dà alla Chiesa cattolica romana e alla Chiesa evangelica riformata la personalità di diritto pubblico e di organizzarsi liberamente. Ma la speranza degli iniziativisti era anche quella di aprire un dibattito sulla laicità in Ticino. Dibattito che «è sì iniziato bene, ma che poi si è fermato – rileva Barella –. Mi sarei aspettato qualcosa in più, perché non essendo continuate le prese di posizione nell’altro campo, ci siamo un po’ fermati».
Alle bancarelle con la gente che passa si parla, però. Soprattutto con i giovani, «alcuni dei quali ci hanno chiesto informazioni, e magari dopo averci pensato hanno apposto la loro firma su un nostro formulario». Ma, continua Barella, quando si parla di laicità, «senza alcuna offesa, il tasso di ignoranza di cosa è previsto dalla legge è abbastanza alto». Nel senso che «alcuni ci hanno accusato di aprire le porte all’Islam, ma molti non sono nemmeno a conoscenza del capoverso 2 dell’attuale articolo che dà la possibilità alle altre religioni di chiedere gli stessi benefici che hanno cattolici ed evangelici. Con la nostra iniziativa i benefici si fermerebbero per tutte le religioni».

Ancora due settimane quindi: «Noi ci crediamo – conclude il presidente dei Liberi Pensatori – perché è una battaglia in cui crediamo fermamente».

‘È evidente a tutti che siamo già un cantone laico’

«La neutralità e la laicità dello Stato sono principi dati, voler togliere anche quella traccia di cristianesimo rimasta nella Costituzione significa voler infierire su una comunità, quella dei cristiani, che in Ticino non mi sembra si sia mai caratterizzata per ingerenza o invadenza negli affari dello Stato». È netto Maurizio Agustoni (Ppd), raggiunto dalla ‘Regione’, nel ribadire come a suo avviso l’iniziativa ‘Ticino laico’ sia «un po’ inattuale, e l’assenza di un dibattito ben sviluppato ne è la prova. Perché è evidente a tutti che il nostro è un cantone laico, e in realtà l’unica novità rispetto alla situazione attuale sarebbe tagliare anche simbolicamente il legame che abbiamo con la religione cristiana. Probabilmente questa esigenza non è molto avvertita nella popolazione». Per Agustoni è un segnale il fatto che «politici che si sono sempre battuti per la laicità dello Stato (il riferimento è a Matteo Quadranti e Jacques Ducry, ndr) non si sono spesi molto per questa iniziativa». Iniziativa che «sembra quasi voler creare artificialmente un dibattito che c’è già stato, è già stato chiuso dalla storia e dalle scelte fatte negli anni per regolamentare il rapporto tra Stato e Chiesa».