A causa del fungo della vite, mancheranno diversi quintali di uva. Maddalena (Federviti): ‘Si è diffuso con i 22 giorni di pioggia di maggio’
Non sarà una vendemmia abbondante quella che, per le uve rosse, partirà dalla seconda settimana di settembre. O meglio, sarà una vendemmia che dipenderà moltissimo dal fattore ‘P’, dove ‘P’ sta per peronospora. Un fungo che, nella vite, intacca le foglie rendendole giallastre portandole alla necrosi e alla caduta. Per non parlare di quando raggiunge gli acini, compromettendo piante intere se non vigneti. Ed è un vero peccato, perché «l’annata è cominciata bene, c’erano molti grappoli sui tralci. La speranza di una raccolta quantitativamente buona era fondata», rileva Giuliano Maddalena, presidente di Federviti, durante la conferenza stampa di presentazione della vendemmia 2018. «Poi un mese di maggio molto piovoso, ben 22 giorni, ha avuto due importanti ripercussioni. La prima è stata la difficoltà per i viticoltori nell’effettuare i trattamenti; la seconda è che l’umidità creatasi si è rivelata terreno fertile per la peronospora, causando parecchi danni». Quantificarli non è possibile, perché si è diffusa a macchia di leopardo. In alcuni vigneti sono stati molto importanti, in altri meno, in altri ancora l’attacco è stato sventato. E va da sé che, per aiuto della Dea bendata o per semplice caso, «i produttori che sono stati risparmiati dalla peronospora avranno un raccolto di ottima qualità e di buon livello anche per quanto concerne la quantità». La magra consolazione per chi invece ha perso anche il 20 per cento del raccolto per colpa del fungo, è che «essendo rimasti meno grappoli la maturazione è migliore, portando gradazioni zuccherine». Magra, si diceva. «Sì – conclude Maddalena – è chiaro che non compensa le perdite».
Per andare incontro ai produttori in difficoltà, certo. Ma è anche «per l’evolversi del mercato che porta a un’erosione dei margini» che, nota Andrea Conconi, direttore di Ticinowine, a partire da quest’anno «verrà introdotto un sistema di bonus/malus a seconda della quantità di uva raccolta». In soldoni: partendo dalla media decennale, vale a dire 56’300 quintali, se il raccolto sarà superiore del 5 per cento calerà il prezzo dell’uva che è fissato a 4,15 franchi al chilo. Se invece il raccolto diminuirà, sempre a partire dal 5 per cento, si alzerà il prezzo corrisposto. Non si inciderà negativamente negli anni buoni, e si darà una mano negli anni negativi. «A noi – riprende Conconi – fa molto male vedere certi prezzi proposti dalla grande distribuzione, sui vini esteri si arriva anche al 50 per cento di sconto. In più oggi è diventata un’abitudine di tutte le grandi catene fare a turno, settimanalmente, offerte con il 20 per cento di sconto». Il sistema di bonus/malus va anche nella direzione di aiutare i produttori locali. Come Davide Biondina, proprietario della tenuta a cavallo tra Ticino e Grigioni dove ieri si è tenuto l’evento. È un’azienda a conduzione famigliare la sua, con «circa un ettaro di vigneti tra Lumino e Monticello». L’obiettivo è «valorizzare l’autenticità del nostro territorio puntando sul chilometro zero». Presto anche le botti lo saranno: «Entro fine anno mi arriveranno botti prodotte interamente in Ticino con il nostro legname». Ingegnarsi, essere curiosi, sperimentare. Perché, afferma Biondina interpellato dalla ‘Regione’, «noi piccoli produttori che abbiamo questa passione e la coltiviamo come attività accessoria, non come lavoro principale, dobbiamo distinguerci e provare a renderci ‘unici’, offrendo il miglior prodotto possibile».