Ecco perché i due principali sindacati ticinesi sono su posizioni opposte: l'Ocst è a favore mentre l'Unia è contraria
Giorgio Fonio – La divisione è unicamente di tipo ideologico, visto che per tutta la campagna Unia ha ribadito che gli sgravi fiscali non sono barattabili con nulla. Una posizione massimalista e oltranzista che in questo caso non può portare ad alcun risultato concreto e apprezzabile per le famiglie ticinesi. Tra l’altro la loro non è la voce dell’Unione sindacale svizzera. Infatti la Vpod (che fa parte anche lei dell’Uss) ha lasciato libertà di voto. Il nostro punto di vista è votato all’insegna del pragmatismo e della concretezza. In parlamento si è percepita la necessità di portare a casa questi importanti aiuti sociali (l’assegno parentale da 3’000 franchi, l’abbassamento delle rette degli asili nido e migliori salari per le operatrici degli asili nido e per le mamme diurne), e in un cantone dove solo un anno fa è stata accettata la Riforma III delle imprese (contrariamente al resto della Svizzera) non è un fatto di poco conto. La sensibilità verso le fasce basse della popolazione non è purtroppo una prerogativa della politica ticinese. Per questo il compromesso tra riforma fiscale e pacchetto sociale ci sembra un buon risultato e una vittoria per il fronte più sensibile ai bisogni dei più deboli presente in parlamento.
Vincenzo Cicero – No, qui non si tratta di considerazioni di natura ideologica. Anche se è chiaro che, in un Paese dove le disuguaglianze stanno crescendo esponenzialmente, continuare a offrire sgravi fiscali ai grossi contribuenti e alle aziende fortemente capitalizzate non fa altro che contribuire ad aumentarle. Abbiamo deciso di combattere questa riforma perché tutte le politiche simili del recente passato hanno avuto effetti disastrosi sul mercato del lavoro. Perché sì, effettivamente, le aziende sono arrivate. Ma i posti di lavoro che sono stati generati offrono salari inguardabili e offensivi, condizioni indecenti e provocano tensioni e spaccature tra lavoratrici e lavoratori. Continuare ad attrarre imprese senza anteporre alcun criterio valutativo produrrà gli stessi, identici risultati.
Cicero – Eh no, attenzione. Possono sembrare tanti 20 milioni, certo. Ma ricordiamo, per piacere, che negli ultimi anni, proprio a causa di politiche come queste, sono stati tagliati 16 milioni solo per quanto riguarda gli assegni integrativi di prima infanzia. Ai quali si aggiungono tutte le misure prese a svantaggio delle famiglie bisognose. E, tornando a parlare di ciò su cui voteremo domenica 29 aprile, cioè la riforma fiscale, le misure sociali sono assolutamente insufficienti se confrontate ai disastri che gli sgravi fiscali hanno provocato e produrranno nel nostro tessuto economico. Non c’è alcun equilibrio, né una “simmetria di vantaggi” come sostengono i favorevoli. Da una parte ci sono 52 milioni di sgravi, dall’altra 20 milioni per il sociale per i quali vengono usati soldi che già ci sono. Si sarebbe potuto seguire l’esempio del Canton Vaud: a fronte di misure a favore delle aziende, sono stati varati pacchetti sociali da 150 milioni di franchi. E sono fatti in maniera più intelligente rispetto a quanto varato in Ticino. Gli assegni familiari sono stati aumentati, ed è stato fissato un tetto massimo di quanto possono incidere i premi di cassa malati sul budget di una famiglia: il 10 per cento, non un franco di più. E queste misure sono davvero pagate dalle aziende.
Fonio – In questi ultimi anni parlamento e popolo – perché non va dimenticato che ad esempio sugli assegni integrativi i ticinesi hanno accettato la riduzione – hanno preso un certo indirizzo. Io questi provvedimenti li ho combattuti con tutte le mie forze sia in Gran Consiglio che sostenendo il referendum. In questo cantone ogni volta che si parla di misure a favore della socialità c’è sempre il freno a mano tirato. Questo patto tra politica, imprese e famiglie è un fatto nuovo, da salutare positivamente. Cicero dice che a Vaud (altro cantone dove è stato fatto con successo un esercizio simile al nostro) l’assegno familiare è stato aumentato, ma io faccio presente che in Ticino è stato modificato (da 3’500 a 3’000 franchi per un nuovo bimbo nato se il reddito lordo della famiglia non supera i 110mila franchi, ndr) per poterlo dare al ceto medio, a quelle famiglie a cui questi soldi possono maggiormente servire. E questa modifica è stata sostenuta in particolare dal Ps per devolvere maggiori fondi alle strutture che accolgono i bambini. Per quanto concerne l’assegno parentale sono cosciente che non invertirà il tasso di natalità in Ticino, non è così, lo sostengo perché a mio modo di vedere ha una forte valenza sociale e culturale. Prendiamo per esempio la recente proposta di aumentare di 100 franchi ogni assegno familiare a tutti quanti indistintamente dal reddito percepito. Ecco, questi 100 franchi andrebbero a tutti: a chi non ne ha bisogno, come ai grandi manager con stipendi a sei o sette zeri, come agli operai meno pagati. Per contro i 3’000 franchi presenti nel pacchetto sociale collegato alla riforma fiscale, li si dà a chi ne ha davvero bisogno. Questa è socialità, quando si aiuta veramente chi ha bisogno.
Cicero – Però bisognerebbe chiamare le cose col loro nome. Questo non è un assegno parentale, è un bonus di nascita. Come è previsto anche in altri cantoni che di sgravi non ne hanno fatti. Certo, chi lo nega, 3’000 franchi possono far comodo, ma anche qui, per favore, facciamo attenzione e proviamo a essere concreti: si tratta di 250 franchi al mese, per un anno. Paolo Beltraminelli, direttore del Dipartimento della sanità e della socialità, ha detto che con questi soldi sarà possibile allungare il congedo non retribuito per le famiglie, ma è un grosso errore e uno sviare dalla realtà. Innanzitutto questi soldi vengono versati otto mesi dopo la nascita del bambino, e secondo... siete davvero convinti che questi soldi siano sufficienti per portare una mamma o un papà a dire “sì, dai, chiedo di ridurre la mia percentuale di lavoro o di allungare il mio congedo non retribuito”? Ma neanche per idea. Se davvero si vuole non dico risolvere, ma mettere una pezza a questa emergenza serve un forte intervento, strutturale e duraturo, sui salari. Lo ha ammesso il Consiglio di Stato, siamo sempre più dipendenti dal 4 per cento dei contribuenti, quelli più ricchi. Quelli che si teme di perdere con le relative conseguenze che questa perdita potrebbe avere per le casse cantonali. Ma, per stessa ammissione del governo, alcuni di questi contribuenti sono molto mobili. Questa dipendenza è emersa a causa dei bassi salari che vengono versati in Ticino, che non mettono i cittadini nella condizione di poter contribuire maggiormente al gettito fiscale. L’unico modo per uscire da questa situazione è riuscire a creare un substrato fiscale che si basa sui salari, aumentandoli e, tra le altre cose, rendendoli sufficienti per vivere in maniera decorosa.
Fonio – Su questo io e Cicero siamo d’accordo, come quasi sempre succede quando parliamo di socialità. La questione è, o almeno, dovrebbe essere salariale. Ma qui siamo di fronte a un patto, un compromesso a favore delle famiglie.
Fonio – È giusto, è proprio così: quello degli stipendi è un tema fondamentale. E a livello sindacale siamo tutti d’accordo. In Ticino abbiamo i salari più bassi di tutta la Svizzera, sottoccupazione, dumping. Però a mio avviso il tema dei salari va diviso da quello di questa riforma, perché la questione salariale la si affronta con altri temi: salario minimo, verifica dei permessi ecc. Le aziende che vengono in Ticino a fare le peggio cose dal profilo salariale e contrattuale lo fanno, e continueranno a farlo, con o senza questa riforma che non è studiata per le aziende, magari straniere, che intendono venire qui a fare i loro comodi, ma per le imprese, le aziende e i cittadini presenti in Ticino che vogliono continuare a rimanere in Ticino. Infatti basta che si trasferiscano a Lostallo perché il nostro cantone ne risenta.
Cicero – Io invece ritengo che i due temi siano correlati. Faccio l’esempio di “Benvenuta impresa”, l’iniziativa con cui a Chiasso si sono spalancate le porte alle aziende estere. Ha portato a una situazione dove non ci sono praticamente più spazi commerciali perché tutti occupati, ma erano (sono?) occupati da aziende che son venute qui a offrire salari da fame. Se non si legano gli sgravi fiscali a criteri qualitativi, lo ripeto, non se ne esce. Come afferma l’ economista Sergio Rossi, questi sgravi sono spesso utilizzati per degli investimenti a immediato profitto nel settore finanziario, anziché nel settore produttivo.
Cicero – No, non ce n’è alcun bisogno. E la prova sta nel fatto che questi sgravi siano orientati espressamente a chi oggi detiene un patrimonio superiore ai 2 milioni di franchi e alle aziende con un capitale molto alto. Vale a dire, a quella fascia che non ha alcun bisogno di aiuti. In più, è la stessa Divisione delle contribuzioni che recentemente ha affermato come, anche senza sgravi, siamo una realtà fortemente attrattiva.
Fonio – Ho deciso di sostenere questa riforma perché l’ho ritenuta equilibrata nella sua parte fiscale e sociale. Lo stesso Professor Mauro Baranzini ha spiegato bene che viviamo in una nazione dove c’è una fortissima concorrenza fiscale intercantonale quindi eventuali sgravi pensati solo in forma transitoria sarebbero negativi, contrariamente a una riforma fiscale come questa, studiata per modificare in maniera più duratura l’economia. Non dimentichiamoci poi che stiamo parlando di circa 40 milioni di sgravi fiscali a fronte di un gettito fiscale di oltre 3 miliardi di franchi… Non si andrà quindi a svuotare le casse dello Stato!
Cicero – Il parlamento avrà facoltà di votare a favore o contro il pacchetto sociale. Voglio vedere se i partiti che si stanno preparando per le elezioni avranno il coraggio di votare contro, soprattutto a seguito dei dati venuti fuori dal Consuntivo.
Fonio – Io sosterrò sempre misure serie a favore delle fasce più deboli della popolazione. Ma votando Sì a questa riforma, la mattina del 30 aprile avremo la certezza di avere un pacchetto sociale da 20 milioni. Votando No, non sapremo quando e se potremo tornare a parlare di misure per la socialità a breve termine, anche perché dovremo ottenere una nuova maggioranza politica.