Ticino

‘Mio figlio ha smesso di parlare’

Nasce l’Associazione ticinese di mutismo selettivo per supportare e consigliare le famiglie

6 aprile 2018
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Le parole non escono, è come se muoiono prima di essere dette. Eppure ci sono, e la volontà di farle uscire anche, ma quando l’ansia cresce rimangono bloccate in gola. Non si tratta di timidezza se un bambino o un adolescente smette di parlare. Potrebbe trattarsi di mutismo selettivo, un disturbo di cui si parla poco, ma che è più diffuso di quanto si pensi. I genitori che si trovano di fronte a questo problema possono sentirsi disorientati. E proprio per aiutare chi è confrontato con un bambino che smette di parlare, negli scorsi mesi è stata fondata l’Associazione ticinese mutismo selettivo (Atimuse), con sede a Cadempino. La presidente Vanessa Pedone ha vissuto una simile situazione di smarrimento e sconforto quando suo figlio, all’età di tre anni, ha smesso di parlare con alcune persone. «Mi sono rivolta a diversi psicoterapeuti, ma il disturbo non è stato diagnosticato correttamente – racconta –. Con il passare del tempo la situazione peggiorava e mio figlio smetteva di parlare sempre con più persone». La nostra interlocutrice spiega d’essersi imbattuta per caso nel sito dell’associazione italiana di mutismo selettivo, e si è quindi resa conto che i comportamenti descritti rispecchiavano quelli di suo figlio. «Ho preso contatto con loro che mi hanno confermato che si trattava di quel problema e che doveva venire trattato nella maniera corretta e il prima possibile», spiega. Il disturbo spesso viene confuso con l’autismo o con semplice timidezza. Ma se non lo si riconosce e non si interviene per tempo il rischio è che il bambino in futuro abbia difficoltà nei rapporti sociali. Vanessa Pedone è diventata la referente regionale per l’associazione ticinese, che nell’ambito delle sue attività collabora attivamente con quella italiana. «Era un’esigenza perché, come me, diverse famiglie contattavano l’associazione italiana, dato che nel nostro cantone non c’era nulla».

Colpito uno su 140

Il disturbo è più diffuso di quanto si possa immaginare: «Si stima che un bambino su 140 ne sia colpito», evidenzia Pedone, che da quando è a capo dell’associazione è già stata contattata da tre famiglie ticinesi e una zurighese. Ora Atimuse sta prendendo contatto con l’ordine dei pediatri, medici scolastici e insegnanti delle scuole dell’obbligo, per proporre loro un incontro informativo. L’idea è d’organizzare anche corsi di formazione per specialisti. Nell’associazione c’è pure Mauro Taglioni, pedagogista che propone sedute di Pet therapy, che spesso si sono rivelate utili in questi casi.

Ogni bambino è diverso

Ogni bambino muto selettivo è diverso e seleziona le persone con cui parlare, il disturbo può manifestarsi in maniera progressiva o immediata, di solito attorno ai tre anni, con l’entrata nella scuola dell’infanzia e si può protrarre fino all’età adulta. «Il confronto con altre famiglie è importante per non sentirsi soli», spiega. Per questi bambini il contatto con i coetanei a scuola è duro, vengono etichettati come bambini con difficoltà e che non parlano «mentre sono al pari degli altri nell’apprendimento». Anche gli insegnanti devono essere a conoscenza del disturbo e sapere come porsi. «Ad esempio, nel caso di mio figlio, quando la maestra lo interroga sulle tabelline, lui risponde con le dita o scrivendo il risultato alla lavagna». Chi vuole associarsi o sostenere può consultare il sito internet www.atimuse.ch o versare un contributo a CH95 8080 8002 7623 6546 1.