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Il grotto Piret fa spazio a cinque stabili: progetto contestato

La Stan, i ‘Cittadini per il territorio’ e il gruppo Sinistra e Verdi di Castel San Pietro si oppongono all'operazione. ‘Prima si ricalcoli il Pr’

Vestigia di un passato che non tornerà
(Ti-Press/Benedetto Galli)
13 agosto 2024
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Le tavolate all’ombra del bosco sono ormai solo un ricordo. Del vecchio grotto Piret, chiuso attorno agli anni Duemila, non sono rimaste che le mura, circondate dai rovi. Oltre alla memoria collettiva, quella di un luogo che appartiene al cuore e alla storia personale di molti, insospettabilmente anche di alcuni artisti, come Paul Camenisch (1893-1970). Tra i fondatori del gruppo Rot-Blau, amava come tanti quel ritrovo sotto la collina della chiesa di Obino, come ricordano anche le sue biografie e i cataloghi d’arte. Presto sulle ultime vestigia del grotto e sugli echi di quei giorni lontani, però, si passerà un colpo di spugna. Consapevoli che quei sassi non sono iscritti tra i beni da proteggere, neppure a livello locale. Sta di fatto che nelle intenzioni dei promotori privati – i proprietari del fondo – c’è la demolizione degli attuali edifici, in disarmo da tempo. Il terreno in località Piretto, a Castel San Pietro, è destinato infatti a far posto a cinque nuovi stabili a vocazione residenziale. Delle palazzine di due piani dal carattere plurifamiliare che tradurranno un investimento di 6 milioni e mezzo di franchi. Questi i contenuti del progetto pubblicato a inizio luglio in Comune e che non è passato inosservato. L’iniziativa immobiliare ha sollevato, in effetti, più di una opposizione. Tra i censori vi sono la Stan, la Società ticinese per l’arte e la natura, i ‘Cittadini per il territorio’ e il gruppo Sinistra e Verdi di Castel San Pietro. Oggi l’incarto della domanda di costruzione si trova davanti ai servizi cantonali per il preavviso di rito.

‘Due buoni motivi per dire no’

La Stan non ha esitato un momento: per l’associazione ci sono tutti gli elementi per chiedere al Municipio di negare la licenza edilizia oppure, in subordine, per sospendere il dossier, “fino alla conclusione della verifica in atto della contenibilità del Piano regolatore e delle eventuali connesse decisioni in fatto di dezonamento di terreni edificabili”. Gli argomenti portanti dell’opposizione sottoscritta a nome della Società ticinese per l’arte e la natura dal presidente Tiziano Fontana e dal segretario Paolo C. Minotti sono, in buona sostanza, essenzialmente due. In effetti, da una parte a sostegno della tesi contraria a questa nuova edificazione vi è il sovradimensionamento delle aree edificabili di Castel San Pietro – e qui la Stan parla di “dato incontrovertibile” –, dall’altra ci sono il Piano di utilizzazione cantonale (Puc) del Monte Generoso e l’Inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali d’importanza nazionale. Argomentazioni (in particolare sul sovradimensionamento del Pr rispetto alle previsioni di crescita) sulle quali si levano anche le voci dei ‘Cittadini’ e dell’area progressista di Castello. Il fondo, fanno presente Sinistra e Verdi per voce del presidente Willy Lubrini, nel Pac (il Programma d’Azione Comunale per lo sviluppo insediativo centripeto di qualità) è indicato quale ‘Zona sensibile’. E vi entra di diritto, si fa capire, visti la posizione eccentrica, il contesto territoriale, le carenze dell’urbanizzazione e la cattiva qualità del trasporto pubblico (“le fermate più vicine sono a centinaia di metri di distanza”). Aspetti messi in evidenza, come rammentano i ‘Cittadini’ con Ivo Durisch e Grazia Bianchi, dalla Scheda R6 del Piano direttore cantonale sullo ‘Sviluppo degli insediamenti e gestione delle zone edificabili’. Un esempio plastico per l’area progressista (e con lei per i ‘Cittadini’) sono gli accessi problematici alla proprietà. Delle tre possibilità esistenti, si rimarca nell’opposizione dall’evidente sapore politico, due si trovano in zona agricola (su terreni privati) e una nel bosco, quindi “in contrasto con la destinazione della zona”.

Un cambio di zona che fa discutere

Ad aver attirato l’attenzione della Stan, da subito, è stato in realtà un ‘passaggio’ pianificatorio. In passato, si fa notare nel documento indirizzato all’esecutivo di Castello, il terreno “era considerato fuori zona edificabile”; e questo, si precisa, “benché fosse prevista la possibilità di costruire”. In seguito, il fondo su cui sorge l’ex grotto Piret è stato inserito in zona edificabile – o meglio ‘Zona intensiva per l’abitazione Abl 2’, come si evince dal catasto – dopo il recente adeguamento formale del Piano regolatore (Pr) alla Legge sullo sviluppo territoriale. Di fatto, si rimarca ancora nell’opposizione, si è modificato lo “statuto giuridico” di quegli oltre 4’400 metri quadrati di superficie. Un cambio di passo che per Sinistra e Verdi è “frutto di un errore” ed espressione di una scelta “tanto più incomprensibile e contraria a tutti i principi della pianificazione se si pensa che, di fatto, equivale a istituire una zona edificabile isolata per cinque stabili abitativi”. Detto altrimenti, “si è abusato del processo di adeguamento formale”. Da parte sua la Stan si chiede “come ciò sia stato possibile, costituendo una chiara violazione dei principi pianificatori entrati in vigore a seguito della modifica della Legge federale sulla pianificazione territoriale del 2013”. Ecco che l’attenzione è tutta per l’autorità cantonale e per come si pronuncerà in merito. Insomma, si fa capire, “si tratta di una formalità o di una modifica di peso?”. Una variante che la Stan non fatica a definire “illegale” a fronte del sovradimensionamento – “assodato”, si ribadisce – del Pr.

Troppe aree edificabili

Agli occhi della Stan, del resto, Castel San Pietro è ascrivibile ai Comuni “con una riserva insediativa superiore al 50 per cento”. E a dirlo, si richiama, sono le analisi che hanno accompagnato il Programma di agglomerato del Mendrisiotto di terza generazione (Pam 3). Calcoli alla mano, emerge “l’urgenza di intervenire per rendere il Pr di Castel San Pietro conforme alle leggi superiori”. Ecco che fra le associazioni che si oppongono al progetto appare più che necessaria una verifica dell’edificabilità dell’area, degli indici di sfruttamento e di un eventuale dezonamento, tenendo presente, annota la Stan, il ‘Progetto di qualità del paesaggio agricolo del Mendrisiotto’, che “descrive con precisione i rischi di banalizzazione di comparti come quello in esame”. Tutto ciò senza perdere di vista gli obiettivi di protezione fissati dal Puc del Generoso e dall’Inventario federale e adottando, esortano Sinistra e Verdi, “le misure di salvaguardia della pianificazione che si impongono”.