Firmato l’atto di cessione alla Fondazione Carozza, ora si pensa al cantiere del restauro. ‘Un segno che resterà nel tessuto sociale’
A Castel San Pietro in molti oggi tirano il proverbiale sospiro di sollievo. Dopo i Cuntitt anche Vigino riconquisterà una nuova dignità e una seconda vita. Il sogno cullato sin qui (e tanto caro a Mario Ferrari, come politico e presidente di Slow Food) alla fine si è avverato. Al momento non si sa se l’antica masseria diverrà una ‘Maison du terroir’, come era nell’idea originaria, ma è certo che verrà restituita alla cittadinanza, la quale potrà così godere di questa ritrovata testimonianza del passato rurale del Mendrisiotto. Riconsegnarla nelle mani del Comune sarà, infatti, l’atto finale di un gesto di mecenatismo della Fondazione Carozza, pronta a farsi carico delle operazioni di restauro di quello che, dal 2007, è un bene culturale protetto a livello cantonale. Un pezzo del patrimonio collettivo che vale pure una testimonianza legata alla memoria della gente del posto e risalente alla prima metà del XV secolo. L’intervento, a carattere conservativo, comporterà un investimento di circa 10 milioni di franchi.
L’avvicinamento fra il Comune (e quindi il Cantone, sinora proprietario della masseria) e la Fondazione è avvenuto, nel corso dei mesi, in punta di piedi. Sino alla conferma, l’autunno scorso, dell’accordo raggiunto tra le parti, suggellato in dicembre dal Consiglio comunale e sfociato, l’8 luglio scorso, nella firma dell’atto pubblico di cessione di Vigino. Attorno a un tavolo, a sottoscrivere il passaggio formale di proprietà, si sono trovati il consigliere di Stato Claudio Zali, in rappresentanza della Repubblica e Cantone Ticino, la sindaca di Castello Alessia Ponti e, per la Fondazione, Vittorio Carozza.
Una giornata che ha sancito il successo dell’operazione che mette in salvo Vigino. E questo dopo anni di attesa e alcune vicissitudini e la consapevolezza che l’ente pubblico, da solo, non sarebbe stato in grado di far fronte alle spese di un recupero quale quello oggi messo in cantiere. L’investimento, ribadisce il Dipartimento del territorio (Dt) in una nota, sarebbe stato “particolarmente oneroso, difficilmente sostenibile alla luce dell’attuale stato delle finanze cantonali”. In effetti, a un certo punto si è arrivati a temere davvero per il destino del complesso, segnato ormai dall’incuria del tempo. La cessione di Vigino, di fatto, ha dato modo di “sbloccare una situazione di stallo che perdurava da decenni”, come riconosce ancora il Dt.
«Non c’è che dire, siamo molto contenti», commenta la sindaca Alessia Ponti. Sa bene che questo è un nuovo punto di partenza e che adesso occorre rimboccarsi le maniche. «Ciò che più conta è che ora si può partire con i lavori: alla fine dell’estate, una volta definite le delibere, si potrà entrare nel vivo». Grazie all’alleanza stretta con la Fondazione Carozza si varerà una ristrutturazione completa quanto conservativa, nonché rispettosa delle caratteristiche e del valore del bene. Restituendo così, come detto, la masseria a un uso pubblico, “a beneficio del Comune, del distretto e dell’intero Cantone”. Il Dipartimento del territorio e il Comune di Castel San Pietro, infatti, si dicono soddisfatti “per aver individuato nella Fondazione l’attore idoneo a garantire la conservazione e la valorizzazione di questo pregiato edificio”, in tutta evidenza un “patrimonio culturale d’inestimabile valore”.
Il Comune, in ogni caso, come ribadisce la sua sindaca, continuerà ad avere un «ruolo attivo» (tanto da aver già accantonato 150mila franchi per la gestione del bene). Anche perché in parallelo si approfondirà la tematica dei contenuti da inserire nella masseria. «Nel corso dell’estate – ci conferma Alessia Ponti – la Commissione municipale consultiva – al lavoro dalla primavera 2023, ndr – tornerà a riunirsi e per la fine dell’anno definirà appunto i contenuti nei dettagli selezionando i vari scenari. Siamo a buon punto». Gli ambiti in cui ci si muove a livello comunale sono l’arte, la cultura, l’ambito sociale, l’istruzione, l’agricoltura, la produzione locale e il turismo.
Sale, quindi, l’interesse per il progetto di restauro (a cura della Fondazione), che dovrà essere oggetto di una domanda di costruzione. Richiesta che, da prassi, sarà vagliata dai servizi cantonali. I piani, come ci ricorda Antonio De Nigris, a capo dell’Ufficio del demanio e dell’Aeroporto cantonale, dovranno rispettare i vincoli di tutela dell’edificio e vestire i concetti ispiratori. Si annunciano, comunque, tempi stretti. Del resto, fa notare il capoufficio, siamo di fronte a quella che si definisce una ‘operazione win win’ e che ha visto la Fondazione aderire di buon grado alle condizioni proposte dal Cantone. La volontà di centrare l’obiettivo, si fa capire, ha sempre guidato questa iniziativa e l’impressione è che si vogliano altresì concretizzare quanto prima le intenzioni.
I termini del ‘contratto’, di fatto, sono chiari. Lo Stato ha ceduto infatti il “nuovo fondo” di Vigino per 800mila franchi. Dal canto suo, la Fondazione Carozza potrà far riferimento alle leggi che regolano la concessione di contributi pubblici a favore di beni culturali o di iniziative a valenza anche turistica. Ora nelle mani della Fondazione – di pubblica utilità costituita tre anni or sono a Lugano ed emanazione dei proprietari del gruppo bergamasco leader nel mondo della produzione di macchine agricole – si sono messi poco più di 4mila metri quadrati, a fronte degli oltre 59mila che costituiscono la proprietà cantonale, secondo uno scorporo già avallato dalla Sezione dell’agricoltura.
Cosa ha motivato, però, la Fondazione (e con essa la famiglia Carozza) a prendersi cura di Vigino? «Il motivo che ha accompagnato l’operazione – ci risponde l’avvocato Fabio Gaggini, presidente del Consiglio di Fondazione – traduce, da una parte, il desiderio di esprimere gratitudine verso il Cantone e la comunità che negli anni Settanta ha accolto i membri della famiglia, ricambiando dunque con un gesto che rimanga nel tessuto sociale di Castel San Pietro e del Mendrisiotto; dall’altra, attesta la sensibilità della signora Carozza nei confronti delle testimonianze storiche e culturali prima che vengano definitivamente perse. Partecipando così fattivamente ai lavori di conservazione e valorizzazione. L’operazione è finalizzata a un uso di Vigino di pubblica utilità – rimarca Gaggini –. Sui contenuti è ancora un po’ prematuro pronunciarsi: attendiamo le risultanze della Commissione. L’accordo che abbiamo con il Comune è quello, in effetti, di far sì che, una volta riportata al suo antico splendore, la masseria possa essere valorizzata tramite un uso locale di interesse pubblico». Ecco che recuperare e salvaguardare Vigino è divenuto un po’ un punto di orgoglio.