Per il giudice Amos Pagnamenta il 40enne a capo dell'organizzazione in Svizzera, ‘ha agito in maniera spregiudicata’ e ‘si vantava di quanto guadagnava’
«La sua colpa è molto grave. Ha agito in modo spregiudicato dimostrando determinazione nell’agire». Alle Assise criminali in Lugano, a seguito della prima parte del processo avvenuto oggi, 22 marzo, il presidente della Corte Amos Pagnamenta (giudici a latere Emilie Mordasini e Renata Loss Campana), ha condannato un 40enne difeso da Pascal Delprete a 3 anni e 6 mesi di carcere e 8 anni di espulsione dalla Svizzera per usura aggravata e incitazione all’entrata, alla partenza o al soggiorno illegale, aggravata.
Nella sua sentenza il giudice ha ricordato che la storia nasce da procedimenti già cresciuti in giudicato, nel quale erano stati arrestati alcuni suoi correi, «ma lui è il protagonista principale di questa storia. Gli altri imputati giunti finora in aula lo hanno definito come “molto pericoloso e tutti quelli che lo conoscono hanno paura di lui”, oppure ancora specificando che “il suo compito è quello di occuparsi di tutti i migranti” dalla Svizzera alla Germania».
In aula oggi pomeriggio alcuni punti della vicenda non erano molto chiari e alcuni passaggi non sono stati spiegati nel dettaglio. Per Pagnamenta «la Corte concorda con la difesa che ricostruire i fatti non è agevole, dati i due anni e le numerosissime persone che sono intervenute con un diversi ruoli nella vicenda. La ricostruzione fatta dall’accusa in alcuni punti è, però, confusa». Per la procuratrice pubblica Chiara Buzzi i migranti trasportati erano almeno 447, ma per il presidente della Corte bisogna basarsi su quanto ha ammesso l’imputato: «I trasporti accertati sono 100 e se consideriamo 4 migranti per trasporto nel totale sono 400», ha precisato il giudice.
Il 40enne durante la fase d’interrogatorio ha affermato che agiva per aiutare i suoi connazionali. Una tesi non condivisa dalla Corte: «Non lavorava gratuitamente. Lo si evince dalle numerose telefonate che faceva al giorno e l’organizzazione con a capo il 40enne riceveva somme ingenti che lui conosceva. Il fatto che dica di essere intervenuto come ‘benefattore’ non è credibile, perché dalle intercettazioni risulta che si vantava di quanto guadagnava. Non ha agito per aiutare i suoi connazionali». Nella sua sentenza il giudice, nonostante il 40enne «abbia detto anche oggi cifre sbagliate», ha tenuto in considerazione la sua collaborazione nella commisurazione della pena.