Il Consorzio di Mendrisio e dintorni punta anche sull'autoproduzione di energia, grazie al fotovoltaico. I microinquinanti? ‘Allo studio’
Al Consorzio depurazione acque di Mendrisio e dintorni (Cdam) hanno adottato ormai da tempo una filosofia: procedere un passo alla volta. Una strategia che in questi ultimi anni ha permesso di essere virtuosi – riducendo i costi – e ha dato modo di resistere agli imprevisti, come il rialzo dei prezzi dell’energia. L'impianto lì ai Prati Maggi, a Rancate, certo ha i suoi anni. Entrato in funzione nel 1976, è stato ottimizzato e ampliato a cavallo degli anni Duemila. E ora dovrà affrontare le nuove sfide poste a livello federale, come l'abbattimento dei microinquinanti e dell'azoto. I processi sono già allo studio, ma si intende intervenire a ragion veduta, forti dello standard elevato garantito alla regione grazie all'attuale processo depurativo. A far capo al Cdam sono nove Comuni del comprensorio, con Mendrisio, Arogno, Bissone, Brusino Arsizio, Castel San Pietro, Novazzano, Riva san Vitale, Stabio e Val Mara; ai quali si aggiunge da oltreconfine Clivio, convenzionato.
«Il Consorzio – conferma il presidente Luca Beretta Piccoli – ha avviato un importante programma di rinnovamento progressivo dell'impianto e delle relative apparecchiature». Ai Prati Maggi, del resto, si sovraintende a una cinquantina di chilometri di canalizzazioni e a una sessantina di manufatti speciali. «È in questo contesto – ribadisce il presidente – che si è data grande rilevanza al tema dei consumi elettrici. Da un lato per fornire il proprio contributo alla politica federale e cantonale in tema energetico, dall'altro perché anche il Consorzio si è ritrovato a far fronte a una importante lievitazione dei costi».
I conti sono presto fatti: nel 2023 si sono registrati 600mila franchi in più di uscite e di questi oltre 420mila franchi erano da attribuire alle spese per l'elettricità. Motivi più che sufficienti, fa capire Beretta Piccoli, per prestare attenzione ai consumi – ridotti comunque di oltre il 15 per cento –, e per puntare sull'autoproduzione. Non a caso il dicembre scorso si è messo in cantiere un nuovo impianto fotovoltaico – il secondo dopo quello entrato in funzione nel 2020 –, che sarà ultimato entro l'inizio di aprile, sfruttando la struttura metallica issata sopra le vasche di chiarificazione finale. Insieme, gli 878 pannelli a disposizione daranno modo di coprire il 25 per cento del fabbisogno del depuratore. Non solo, la corrente prodotta verrà autoconsumata per il 90 per cento.
Tutti interventi, quelli messi in opera, fa presente Christian Perucchi della Delegazione, che «se in passato rientravano nel solco della sostenibilità, per essere più ‘green’, oggi sono diventati anche più redditizi per il Consorzio dal profilo finanziario». Soprattutto alla luce degli sforzi profusi nell'ultimo quinquennio per contenere la spesa. «Si può dire che il Cdam sia un caso un po' particolare – annota dal canto suo il vicepresidente Marco Tela –: è tra i pochi enti che ogni anno riesce a spendere qualcosa meno. E questo grazie alla visione della direzione e al potenziamento e al rifacimento delle infrastrutture, come con l'efficientamento tecnologico». Documento di riferimento il Piano generale di smaltimento delle acque consortili (Pgsc), che, come richiama Perucchi, «ci dà modo di pianificare tutti gli interventi sulla rete».
La tabella degli investimenti è lì da vedere e restituisce lavori di manutenzione e migliorie tecnologiche. Tra il 2023 e il 2029 si sono programmati lavori per circa 24 milioni. Di questi oltre 14 sono già stati votati: in parte realizzati e in parte in corso. «Da parte nostra – richiama Tela – ci siamo dati delle priorità. Il Consorzio sta cercando veramente in tutti i modi di razionalizzare gli interventi. Il Pgsc ci restituisce delle previsioni a lungo raggio. Ma noi analizziamo ogni progetto proprio per riuscire a contenere nel miglior modo possibile i costi quando interveniamo sulla rete. È una caratteristica che ci distingue».
Le sfide anche nella realtà della depurazione delle acque, certo, non mancano. A livello federale, infatti, si sono alzate le aspettative sulla qualità del trattamento delle acque reflue che escono dagli impianti, a tutela dei fiumi. E la prima nuova frontiera, da qui al 2040, è quella dei microinquinanti, residui ad esempio di farmaci, detergenti, cosmetici, coloranti e pesticidi, che la Confederazione intende abbattere. Ai Prati Maggi questa fase non è ancora stata messa in cantiere. A che punto siete? «Sin qui – ci risponde il direttore Daniele Managlia – ci siamo concentrati sui rinnovi. Prima di trattare i micro, stiamo ancora lavorando sui macroinquinanti: abbiamo in vista di intervenire sui pretrattamenti, poi sulla linea fanghi. In seguito ci arriveremo». Scadenza da calendario per avviare il tutto è il 2025. Il tema, fa memoria Beretta Piccoli, è comunque già sul tavolo dal 2010, quando il Cdam ha commissionato uno studio preliminare, obiettivo individuare le soluzioni più idonee per l'impianto di Rancate.
Marco Tela attira, infatti, l'attenzione sui diversi approcci in campo: «È opportuno attendere che vengano introdotti i vari sistemi in altri impianti più all'avanguardia per fare una riflessione e scegliere la modalità più idonea per noi». Al momento, si aggiunge il direttore, «i filoni principali sono due: il trattamento con l'ozono e quello con i carboni attivi – lo stesso che verrà utilizzato nel depuratore del comprensorio chiassese, ndr –, e per noi tendenzialmente sarà da preferire il secondo o una soluzione combinata. Per ora non siamo andati oltre». Berna ha previsto altresì la riduzione delle immissioni di azoto. «Questo è un grande punto interrogativo che potrebbe incidere anche sulla scelta legata ai microinquinanti – annota Managlia –. Una possibile soluzione l'abbiamo individuata, ma vorremmo avere anche da Berna una situazione più chiara prima di agire. Del resto, sarà un cambiamento epocale». Ecco perché si preferisce andare sul sicuro.