Le istituzioni locali richiamano alla realtà. E chiariscono: ‘La cittadina ha un consumo per strada molto più basso che altrove, ed è molto sicura’
Il giorno dopo (sabato) il quartiere di Boffalora a Chiasso appare placido, come d’abitudine. L’accoltellamento fatale al 50enne che abitava giusto dietro la piazza, punto di incontro da sempre, ha lasciato il segno nell’anima di questa parte della cittadina che accoglie chi viene da nord; anche se non si vede. In poche ore niente è stato più come prima. Neppure le voci che si sono rincorse e hanno raccontato di una realtà che, a detta di taluni, convive con il sottobosco del consumo e dello spaccio di droga. Chi ama Boffalora, però, non ci sta a veder dipinto il quartiere come un luogo di degrado. Pur non negando il tema delle dipendenze e delle sue ricadute sociali. Qual è allora la situazione? E qual è il polso secondo le istituzioni locali?
«Il problema della droga esiste – riconosce Sonia Colombo-Regazzoni, a capo del dicastero Sicurezza pubblica. Che subito però precisa –: ma non appartiene certo solo a Chiasso. La Polizia è al corrente che vi sono dei piccoli spacci e conosce questi personaggi, ma può operare unicamente nell’ambito delle sue competenze, che sono molto più limitate di quanto la popolazione possa immaginare. Quindi se non c’è una base legale, non è che la Polizia può intervenire. Andando al caso specifico, non poteva essere evitato sul piano della Polizia. Avrebbe potuto esserlo se la persona non fosse stata rimessa in libertà, e se i controlli su chi si trova agli arresti domiciliari fossero adeguati. Magari si sarebbe potuto aiutare la vittima, più sul piano sociale. Purtroppo il 50enne ha aperto la porta al suo assassino. E la responsabilità non può essere addossata ad altri; e lo dico, ribadisco, con grande dispiacere. Quanto alla questione che il quartiere di Boffalora sia degradato – chiarisce –, in tutta sincerità la rimando al mittente».
Dall’osservatorio della Polizia non si è notata la presenza di una tale problematica? Colombo-Regazzoni è perentoria: «No. Boffalora è un quartiere molto vivace e ben abitato: è un bel quartiere e non merita di essere etichettato in questo modo. Le stesse cose, del resto, si dicono del quartiere Soldini, come lo si diceva del comparto di via Odescalchi. Purtroppo vi sono persone che hanno delle dipendenze e che vivono a Chiasso, in genere da sole. Di fatto, lo stile di vita è una loro libera scelta. Non vi sono strutture che possano aiutarle, e comunque l’ingresso è su base volontaria. Spesso e volentieri preferiscono infatti non andarci e vivere così, con tutti i rischi connessi».
Dalle inchieste e dai dibattimenti processuali è emersa l’esistenza del fenomeno di appartamenti subaffittati a spacciatori: è presente anche a Chiasso? «Concerne di più i famosi ‘cavallini’ della droga – ci risponde la capodicastero –. Il tossicodipendente, in genere in assistenza, affitta una camera a questi personaggi, che spacciano e restano 2 o 3 mesi. E il tossicodipendente riceve la droga gratis, in una sorta di scambio. Di base la Polizia interviene, arresta il ‘cavallino’, ma poi la storia rischia di ripetersi. In effetti, mi chiedo per quale motivo queste persone non vengano collocate in monolocali – e non in appartamenti di 2 o 3 locali –, per evitare questo fenomeno. Potrebbe essere una soluzione. Ma questo – precisa infine Colombo-Regazzoni – non è tanto un problema di Boffalora. Si era presentato piuttosto nel quartiere Soldini, ma è stato abbastanza debellato. Bisognerebbe avere un maggiore controllo, ma non è semplice. Insomma, un po’ di lavoro da fare anche a livello di socialità c’è. Anche se, ribadisco, la collaborazione con la Sicurezza pubblica è ottima. Mancano proprio le basi legali e non la buona volontà».
E se la Polizia cerca di vigilare sul territorio, i Servizi sociali tentano di dare una mano a chi si trova in difficoltà e ha problemi, anche di dipendenze. Ha stupito, però, anche Andrea Bianchi, responsabile della Socialità del Comune, vedere il nome di Boffalora affiancato a certi fenomeni. «Noi siamo su tutto il territorio comunale con due operatori di Ingrado (centro di competenza specializzato nelle problematiche di dipendenze, ndr), i quali seguono i vari movimenti, e negli ultimi 3 o 4 mesi non ho ricevuto particolari segnalazioni di una intensificazione di consumo o di spaccio nella zona – spiega Bianchi –. Ciò che sappiamo è che a Chiasso lo spaccio avviene molto negli appartamenti. Che io sappia, però, non abbiamo delle zone ‘calde’ in cui c’è un evidente luogo di smercio di sostanze stupefacenti. Mi sento anche di dire che rispetto ad altre realtà, anche a noi vicine, la cittadina ha un consumo per strada molto più basso ed è molto sicura, nonostante si percepisca il contrario. Poi su eventi specifici, dipende dalle dinamiche che si creano tra chi consuma e chi fornisce la droga. Dinamiche che sfuggono soprattutto se succedono all’interno delle mura di un appartamento; diventa molto complesso».
Bianchi, quindi, sgombra il campo in modo netto: «È la prima volta che sento parlare di Boffalora come di un quartiere pericoloso – annota ancora –. Anche dalla Commissione di quartiere, a memoria, non ci sono mai giunte delle recriminazioni in tal senso. Quando ci arrivavano delle segnalazioni riguardavano più il quartiere Soldini, ma anche in quella parte di Chiasso adesso la situazione è silente, dal profilo dei Servizi».
Entro oggi il giudice dei provvedimenti coercitivi deciderà del destino del 27enne somalo accusato di aver assassinato il 50enne accoltellato, poco dopo le 7 di venerdì, nella sua abitazione di via Pestalozzi a Chiasso. Ad aggravare, del resto, la posizione del giovane ci sono i suoi precedenti, come ricorda anche il consigliere nazionale della Lega Lorenzo Quadri in una interpellanza presentata al Consiglio federale. Nel 2023 figurava tra gli autori di una aggressione in un esercizio pubblico del luganese; nel 2022, sempre nello stesso ritrovo, si era reso colpevole di fatti analoghi. Arrestato lo scorso luglio, era stato scarcerato un mese dopo facendo capo a “misure sostitutive all’arresto”.
Ora, richiama Quadri, “risulta che la Segreteria di Stato della migrazione (Sem), abbia respinto la richiesta di espulsione presentata dal Cantone per il 27enne somalo”. E qui si innestano le domande. “Corrisponde al vero – chiede il deputato – che la Sem ha respinto la domanda d’espulsione?”. In caso affermativo, quali sono i motivi, “in considerazione della comprovata pericolosità del soggetto?”. E come valuta il governo l’accaduto? Inoltre, “verranno svolti degli accertamenti sull’agire della Sem nel caso concreto?”. Infine, “quante domande di espulsione di stranieri colpevoli di reati violenti sono state respinte dalla Sem nell’ultimo anno?”.