La Società ticinese per l’arte e la natura ricorre al Consiglio di Stato. Censurate la mancata adesione alle norme e la lettura del territorio
Dentro le mura di Palazzo civico a Stabio agli occhi dei più sembrava il compromesso perfetto tra interessi pubblici e privati. Tant’è che la variante di Piano regolatore (Pr) tratteggiata sul comparto pedemontano di Montalbano, a fine marzo e alla sua seconda tornata, nell’aula consiliare aveva raccolto la quasi unanimità dei voti. Invece, a una lettura attenta della Società ticinese per l’arte e la natura (Stan), il documento presenta più di una falla. Quanto basta per convincere la Stan a depositare un ricorso al Consiglio di Stato, determinato a chiedere la bocciatura delle linee pianificatorie indicate dal Comune. Il rischio concreto, si motiva nel consegnare le conclusioni negative, è quello di subire "una grave perdita di territorio di pregio". Soprattutto concedendo di edificare lì, "in un luogo di grande bellezza, componente significativa del Mendrisiotto".
La strategia messa in campo dall’ente locale, insomma, non ha convinto i firmatari del ricorso. Come dire che l’obiettivo di salvaguardia ancorato alla variante, così come il vincolo posto sull’edificio storico che ospita il ristorante o la riduzione delle potenzialità edificatorie non sono state considerate sufficienti per tutelare quell’angolo di Distretto a vocazione vitivinicola. "Studi delle componenti naturali e studi sul paesaggio – richiama la Stan – attestano l’importanza del territorio produttivo in località Montalbano come paesaggio agrario di pregio". In buona sostanza, sono due i motivi che hanno spinto la Società ticinese per l’arte e la natura a mettersi di traverso. Per prima cosa c’è di mezzo una questione di norme: infatti, "si contesta la validità del Piano regolatore alla luce delle modifiche della Legge federale sulla pianificazione del territorio (Lpt) e del conseguente adattamento del Piano direttore (scheda R6)". Per seconda, si critica il fatto che "la variante manchi di serie valutazioni urbanistiche e paesaggistiche".
La Stan, innanzitutto, si appella quindi al diritto. Chiave di volta l’edificabilità del territorio e l’obbligo a contenere le zone sovradimensionate, soprattutto quando ci si muove in un terreno delicato. Per i ricorrenti non si può, in altre parole, uscire dalla rotta tracciata a livello federale e cantonale. A maggior ragione quando lo strumento pianificatorio a disposizione – che risale al 2000 – mette le fondamenta in una "base legale oggi modificata nella sostanza". Come dire che il Pr di Stabio è "vetusto", taglia corto la Stan. Anche perché, si fa capire con chiarezza, ogni proposta pianificatoria deve essere concepita all’interno della revisione generale del Piano regolatore, che deve essere fondata sulla verifica preliminare della contenibilità. E "una variante ad hoc come quella qui contestata della località Montalbano, che non modifica il potenziale edificatorio, non è conforme al diritto".
Del resto, lo stesso Municipio nel messaggio accompagnatorio – poi avallato dal legislativo –, si fa notare, si è dichiarato di voler proseguire il cammino della procedura anche in assenza di un aggiornamento del compendio e di una verifica della contenibilità, "assumendosi il relativo margine di rischio". Eppure il lessico del Piano direttore cantonale è netto. Come si legge nella scheda il comparto Montalbano "entrerebbe quindi in linea di conto per una riconsiderazione dell’edificabilità".
Tanto per cominciare, rimarca ancora la Stan, "non si è tenuto in minima considerazione il Progetto di qualità del paesaggio agricolo del Mendrisiotto, che descrive con precisione i rischi di banalizzazione di comparti come quello in esame". Piano nel cui Rapporto di progetto si mette nero su bianco come "la conservazione e la valorizzazione del paesaggio agricolo del Mendrisiotto dovrebbero innanzitutto essere attuate a livello di pianificazione urbanistica attraverso una protezione adeguata a Piano regolatore delle superfici agricole ancora presenti nella fascia di pianura e di collina; solo un processo di ri-orientamento della pianificazione territoriale potrebbe impedire che elementi caratteristici e di pregio continuino ad andare persi sotto il peso della cementificazione".
Di fatto per la Società ticinese per l’arte e la natura nel dossier comunale siamo davanti a un ‘modello urbanistico’ che richiede una riflessione. Un modello che, si sottolinea, "è in sostanza la giustapposizione di tre nuovi edifici al preesistente edificio del ‘ristorante Montalbano’: il disegno scelto è geometrico e quindi per forza di cose regolare ma non ha la benché minima relazione con il luogo in cui si inserisce".
I ricorrenti non fanno, dunque, sconti: se da un lato, osservano, ci si doveva interrogare sull’edificabilità o meno del comparto, dall’altro ci si è limitati a delimitare l’edificabilità tramite norme usuali come l’indice, le distanze o le altezze. Per dirla con le parole, della Stan, "nel caso in esame è quindi mancata la base razionale di implementazione di due principi fondamentali della pianificazione: il principio dell’inserimento ordinato e armonioso (art. 104 Lst) e, ancor più importante, il principio secondo cui il terreno non è per sua natura edificabile e lo diventa eventualmente dopo attenta ponderazione degli interessi in gioco". Valutazione che, si lamenta, non c’è stata.
A Montalbano, si rilancia, occorreva partire proprio dal paesaggio esistente. Invece, si censura, "le autorità cittadine e il pianificatore hanno fatto una lettura incompleta e inadeguata". Di più: "Aver trascurato componenti fondamentali del paesaggio antropico è una grave disattenzione perché da più parti si è ripetutamente chiesto al Comune di prestare maggiore attenzione al contesto".