Il raggiro in due fasi: prima l’appropriazione indebita delle tessere, poi l’inganno per carpire il Pin ed eseguire prelievi di denaro illegalmente
Un misto di violazioni fisiche e raggiri informatici come il "phishing" alla base di una truffa sui bancomat per la quale il 16 novembre scorso sono finiti in manette un 46enne e una 39enne, entrambi cittadini italiani residenti in Italia, fermati presso i collaboratori dell’Ufficio dogane e sicurezza dei confini del valico di Chiasso Brogeda,
In una prima fase i truffatori si appropriavano abusivamente di tessere bancarie inviate per posta ai destinatari in sostituzione di quelle scadute. Successivamente, risalivano al numero di telefono della vittima e raccoglievano informazioni di base su di esse tramite ricerche su internet. Quindi, partiva l’attacco: tramite contatti telefonici, spacciandosi per collaboratori della banca, riuscivano a carpire la fiducia delle vittime millantando problemi legati alla tessera bancaria, e inviando quindi un sms con un link da cliccare. Tale link, però, non portava al sito reale dell’istituto bancario ma a un’esatta copia, in cui l’utente inseriva i propri dati, fra cui il codice Pin della tessera, consegnandoli in tal modo ai malviventi che potevano quindi procedere al prelievo illecito di denaro dai bancomat.
Le due persone poste in arresto, grazie all’intensa attività investigativa messa in campo dalla Polizia cantonale in base a una segnalazione di un istituto di credito, si occupavano di quest’ultima mansione. In seguito al suddetto fermo a Brogeda, la perquisizione della vettura con targhe italiane su cui si trovavano ha portato al rinvenimento di 67 tessere bancarie emesse da banche svizzere.
Gli accertamenti finora effettuati hanno permesso di stimare la refurtiva sottratta in alcune decine di migliaia di franchi. Le vittime accertate sono in particolare frontalieri e questo porta a ipotizzare che la sottrazione delle tessere avvenga nella vicina Penisola. Le ipotesi di reato nei loro confronti sono di ripetuta truffa, ripetuta appropriazione semplice e ripetuto abuso di impianto per l’elaborazione di dati. L’inchiesta è coordinata dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni.