Quattro passi nel nuovo complesso con il direttore Pierluigi Lurà e il primario di Medicina interna Brenno Balestra. ‘Ora puntiamo sull’ambulatoriale’
Il colore bianco domina. Mentre la luce inonda gli spazi dalle grandi vetrate che aprono su ampi scorci di Mendrisio, quanto basta per alimentare l’anima di chi è lì per prendersi cura del proprio corpo. Ci avventuriamo nell’Ala sud dell’Ospedale regionale della Beata Vergine (Obv). Il cantiere, imponente, che dalla fine di settembre del 2018 ha modificato il profilo di via Turconi, cadute (quasi del tutto) le alte palizzate, oggi ci svela il nuovo complesso ospedaliero. Per l’Obv questa è una tappa strategica e al contempo un passo avanti importante, lo si capisce subito percorrendo l’atrio e poi i corridoi dell’edificio che si distende su tre piani (oltre a quello interrato); e non è solo questione di numeri, pur robusti, quelli di una operazione da circa 41 milioni di franchi (autosilo incluso). Simbolo di una battaglia politica, quella per i cosiddetti posti letto Rami, ovvero del Reparto acuto di minore intensità – combattuta dentro e fuori l’aula del parlamento –, questa appendice del nosocomio ha una valenza persino simbolica per il Distretto. Che ri-parte da qui per ritrovare un posto riconosciuto e riconoscibile nella politica sanitaria cantonale. In fondo nel 2021 l’Obv ha registrato un numero crescente di interventi chirurgici, superiore ai tempi pre-pandemici.
A fare da guida a ‘laRegione’ questa volta ci sono dei ciceroni d’eccezione, il direttore della struttura Pierluigi Lurà e il responsabile sanitario e primario di Medicina interna Brenno Balestra. Ci accompagnano alla scoperta degli spazi che saranno tenuti a battesimo in veste ufficiale il 29 aprile prossimo, con la cerimonia di rito e le autorità di prassi. L’Ala sud è un punto d’arrivo e di partenza insieme. «Era un po’ una scommessa. Oggi – assicura il dottor Balestra – sappiamo di aver messo le basi per un nuovo ciclo di vita dell’ospedale, decisamente più moderno e vicino alle esigenze dei pazienti. Che sono fondamentalmente degenze più brevi, quindi day hospital – l’ospedale di giorno, ndr –, a vantaggio dell’efficienza della struttura. Con l’Ala sud favoriamo la rete sanitaria territoriale».
Balestra non ha dubbi: è stata una scelta lungimirante, scaturita dalle richieste della gente del Mendrisiotto; che non sono rimaste inascoltate. «Ciò ci permetterà di realizzare quello che si dice l’ospedale di prossimità – ribadisce il primario –. Cosa significa? Avere, da un lato, cure acute di base forti – il pacchetto minimo per la dignità di un ospedale acuto – e dall’altro aprire tutta la rete dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) con alte specializzazioni e tecnologie». Il direttore sanitario si figura l’Obv come un polo sanitario per il Distretto – «Questa è un po’ la conquista» –, una sorta di porta d’entrata verso le cure migliori. A quel punto se il paziente fatica ad andare dagli specialisti, allora bisogna portare gli specialisti dal paziente. «Di fatto – tiene a far sapere – è quello che faremo. Il principio è chiaro: si sposterà maggiormente il medico-specialista, anche da fuori Distretto, verso il paziente che non il contrario. È giusto che i cittadini per tutta una serie di problematiche di salute si rivolgano ai centri specialistici dell’Eoc. Peccato che poi per i controlli periodici debbano muoversi da una parte all’altra, quando è possibile trovare competenze e servizi a portata di mano. Adesso questo sarà fattibile. Inoltre, il fatto di avere fisicamente tutti gli ambulatori in un solo posto agevolerà ciò che in medicina si chiama l’interdisciplinarità».
La chiave di volta era riuscire a fare spazio. E l’Ala sud ha risposto di sicuro alle aspettative, anzi alle ‘urgenze’ di metri quadri tra banchi di accettazione, locali del personale, sale d’attesa e ambulatori. Tant’è che alcuni servizi hanno già traslocato, come la dialisi o la Clinica di oncologia medica dello Iosi. «Questa – annota con orgoglio il direttore Pierluigi Lurà – è, forse, una delle prime costruzioni ospedaliere nate esclusivamente per l’ambulatoriale». Fuori il vecchio Turconi – oggi sede dell’Accademia di architettura – e il ‘nuovo’ Obv – con i suoi ormai 32 anni – ricordano che quelle strutture a suo tempo sono nate per la degenza. «Infatti – ci informa -–, negli anni tutte le attività ambulatoriali sono state ricavate da ex camere non più utilizzate a seguito del calo dei tempi di degenza medi. Ora, invece, hanno trovato la loro collocazione nella nuova ala». Un’occhiata all’ascensore ci è sufficiente per renderci conto di quante specializzazioni e servizi (una ventina) siano concentrati sotto un unico tetto: dalla medicina sportiva al ‘-1’ alla chirurgia plastica ricostruttiva al secondo piano.
Il trasferimento dei servizi, chiariscono i vertici della struttura, ha dato modo, del resto, di ripensare la ridistribuzione degli spazi anche all’interno dell’attuale Obv, come in un domino. Nasce da lì la domanda edilizia per ricavare l’ospedale di giorno – un ulteriore investimento di 7 milioni –, che sarà pronto tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 con i suoi 17 letti. Troverà posto, ci spiegano, al primo piano – dove oggi vi è il reparto di Medicina1, che sarà spostato al quarto piano –, accanto alle sale operatorie e alle cure intense. Il risultato? «Un funzionale ‘day hospital’ che permetterà di fare una chirurgia molto più moderna», ci risponde Balestra. Qui all’Obv sono convinti che questo sia il futuro.
«In un primo tempo – ripercorre il primario – si era pensato di inserire il ‘day hospital’ nell’Ala sud, poi abbiamo capito che per essere funzionali, seguendo anche altri modelli simili oltralpe, era bene avere a portata di mano l’anestesista e la sala operatoria. Avere tutto vicino sarà davvero più efficace: per operare bene deve funzionare tutta la catena, dall’accettazione alla dimissione. Sull’altro fronte – sottolinea ancora –, potremo crescere con le attività ambulatoriali, sin qui penalizzate proprio per la mancanza di spazi. Così avremo più specialisti a disposizione e presenti specializzazioni sin qui non rappresentate».
Di fatto, si può parlare di un potenziamento. «Questa opera rappresenta un messaggio importante, anche per i nostri politici – fa capire Balestra –. Sì, qui c’è un potenziamento dell’offerta sanitaria per la popolazione del Mendrisiotto e un riorientamento, ma da vedere positivamente, verso una medicina più moderna. L’avvenire di questo ospedale non può essere la cardiochirurgia, per capirci. Puntiamo semmai su quelli che sono i servizi del futuro: l’ambulatoriale, appunto, e i Rami con il post acuto. E puntiamo sui bisogni di una popolazione. Il fatto che l’Eoc investe vuol dire che crede nel nostro ruolo». Un ruolo che ambisce ad andare al di là del perimetro regionale.
All’Obv si lavora da anni a questa strategia. «Negli ultimi due anni – esplicita il direttor Lurà – ci siamo concentrati nella cura della costruzione e nella definizione dei contenuti, e nella ricerca delle figure mediche e delle collaborazioni all’interno dell’Ente. Sulla carta tutto appare molto semplice, poi far spostare un chirurgo non è evidente. C’è chi abbraccia questa filosofia e chi fa un po’ più di fatica, ma ci stiamo arrivando. Alla fine il risultato è nell’interesse nostro, della popolazione ma pure di quell’attività multidisciplinare complessa che oggi è tanto importante per una sanità di qualità. Non solo – rilancia –, se si ha un’antenna nel Mendrisiotto, facciamo da ‘imbuto’ all’Ente a fronte di altre strutture private».
Allora l’Ente vuole, in un certo senso, riconquistare i pazienti, riportarli al pubblico? «Direi di sì – ci dà conferma Lurà –. La gente non è più disposta ad aspettare un mese e mezzo per ricevere un consulto. Infatti, oltre a investire sulle strutture, abbiamo investito sulle competenze in vari ambiti – l’otorinolaringoiatria come l’ortopedia, la gastroenterologia come la diabetologia-endocrinologia – e con dei tempi pieni e più figure. È quello che la popolazione ci chiede: una presenza costante in ospedale e una presa a carico di un certo tipo».
«Noi essendo medio piccoli – si aggiunge il primario –, per certe discipline ci siamo basati per anni solo su una persona: un problema per il paziente ma anche per la struttura. Abbiamo bisogno di essere in rete per avere una copertura adeguata di specialisti. Stiamo colmando queste necessità, per passare da un solo specialista a tempo parziale a un servizio che assicura una presenza regolare. Anche dalla prospettiva del medico di famiglia oltre che del paziente si apre un ventaglio di offerte sufficiente per intercettare l’utente».
Saliamo al terzo piano – il piano Rami –, l’ascensore si apre su un reparto accogliente: anche qui grandi finestre, il parquet come pavimento e un salottino con poltroncine di un blu acceso, tutto per restituire un senso di casa-famiglia. «In fondo – ci indica il direttore – c‘è anche un cucinino e gli ospiti possono consumare i pasti insieme in uno spazio con vista su Villa Foresta». Per cominciare si parte da 15 letti, ma l’obiettivo restano i 30 conquistati a fatica: 22 camere singole e 4 doppie. Le prime sono già state occupate nelle ultime ore. «Abbiamo preferito un approccio graduale per metterci a regime – ci spiega Lurà –. Poi l’idea, se tutto funziona bene, è di salire alla capienza massima tra ottobre e novembre». Ad accogliere i pazienti – «La maggior parte giunge dalle strutture ospedaliere» – c’era tutto personale neo assunto – per metà infermieri e per metà operatori sociosanitari –, proveniente da case per anziani o altri ospedali.
«Fin dall’inizio – fa notare Balestra – abbiamo voluto dare un accento riabilitativo-geriatrico, forti di avere sullo stesso piano (ma all’Obv, ndr) una geriatria acuta complessa in casa: era peccato perdere queste competenze. Questo è un plus valore per il paziente». Anche il direttore ci crede molto. «Crediamo nella continuità delle cure. Quando il paziente entra in acuto l’accompagna un programma terapeutico-riabilitativo fino al suo rientro a domicilio. Per noi è un po’ una sfida, una esperienza nuova».
Nella regione avete già avuto dei riscontri, ad esempio dai medici di base? «Lunedì li abbiamo incontrati per presentare l’Ala sud con i suoi contenuti e il reparto Rami», ci fa sapere il primario.
E con la rete dei servizi sul territorio – come il Servizio assistenza e cure a domicilio, saltato il trasloco nell’Ala sud – l’intesa funziona? «La collaborazione c’è sempre stata e continua – garantisce Lurà –: ben venga. Da parte nostra dobbiamo, d’altro canto, mettere servizi pubblici e privati sullo stesso piano: è il paziente a scegliere la prestazione». «In più – fa eco Balestra –, il nostro modello richiedeva del personale con un precisa formazione. Ma la cooperazione resta fondamentale».
Con i 30 letti del reparto le aspettative del territorio, per finire, potranno essere soddisfatte? «A suo tempo, nel rivendicare un numero adeguato di letti, lo si era dimostrato, cifre alla mano: avevamo e abbiamo con regolarità pazienti in attesa che non possono andare direttamente a casa o che aspettano in strutture post acute fuori Distretto. Adesso direi di sì – aggiungendo altresì i 15 letti alla casa per anziani di Arzo –: il Mendrisiotto mi sembra ben servito», ci risponde il Primario. «Stando alle nostre necessità dovrebbero essere sufficienti», conforta il direttor Lurà.
La missione, insomma, è compiuta. O quasi, almeno: ora si guarda al trasloco della Medicina1, quindi all’ospedale di giorno. La tappa successiva? «Nei piani – ci illustra Lurà – è previsto il Pronto soccorso, ma dovremo mettere anche mano al blocco operatorio. In realtà era in programma nel 2019, ma un ricorso sul concorso ha bloccato l’iter. Riproposto il bando, si è fatta la nuova delibera. Siamo in attesa cresca in giudicato. Se tutto va bene si passerà all’azione verso la fine dell’anno. Poi ci occuperemo pure del terzo piano a vantaggio della geriatria».
«In pratica chiudiamo un cantiere per aprirne un altro interno – commenta il primario –. Ma in un ospedale, tanto più trentennale, è così».