Il Municipio di Castel San Pietro scrive al Consiglio di Stato. La sindaca Ponti: ‘Tutto tace ma la situazione è precaria’
Si dice che le immagini parlino da sole, a volte. Di sicuro gli scatti che il Comune di Castel San Pietro mostra oggi sul suo portale - www.castelsanpietro.ch - la dicono lunga sullo stato di conservazione della Masseria di Vigino. Giorno dopo giorno l’antica testimonianza rurale del Mendrisiotto rischia, infatti, di andare in rovina. Che ne sarà di lei?, si chiedono le autorità comunali, lanciando una sorta di manifesto che vede un grande un punto interrogativo rosso stagliarsi su tre vedute emblematiche del sito.
Del resto, attorno al recupero di un complesso che è parte, a pieno diritto, del patrimonio storico e culturale collettivo, non si muove nulla. A tal punto che il Municipio locale ha deciso di imbucare una raccomandata all’indirizzo del Consiglio di Stato (CdS), determinato com’è a richiamare l’attenzione del governo su una sua proprietà (dal 1996), peraltro iscritta dal 2007 tra i beni culturali di interesse cantonale. Occorre agire e in fretta. E l’esecutivo è pronto a dare, da parte sua, "ampia disponibilità a collaborare". In effetti, non vorrebbe trovarsi nella posizione scomoda di dover "ordinare" a una autorità superiore di restaurare e consolidare la Masseria.
Le Norme di attuazione del Piano regolatore comunale, d’altro canto, non lasciano spazio all’interpretazione: l’area della Masseria è inserita in una zona di protezione che apre la strada a un restauro conservativo e garantisce la "salvaguardia del paesaggio circostante", oltre alla promozione delle attività agricole "nel preminente interesse della continuazione dell’uso degli edifici". Di fronte a ciò, ci dice subito Alessia Ponti, sindaca di Castello, «per noi ciò che sta accadendo è inconcepibile». Inviati richieste e appelli (da parte dei consiglieri comunali), a Palazzo delle Orsoline tutto tace. «Nessuno si è mosso. Le nostre iniziative - fa notare Ponti - non hanno sortito alcun effetto. Mentre a livello di popolazione e di forze politiche si è reagito bene e sussiste impegno oltre che interesse; sul lato del governo, zero. Non abbiamo ricevuto nulla. Ecco perché ci siamo decisi a intervenire e a sollecitare il Consiglio di Stato a mettere mano a una sua proprietà». Così come si è fatto a favore dell’Istituto agrario cantonale di Mezzana - l’ultimo stanziamento è di 11 milioni -: un passo "molto apprezzato" dalle autorità comunali e che conferma la "sensibile attenzione per i beni cantonali tutelati e di proprietà dello Stato". Come dire che questo segnale "fa ben sperare per la Masseria di Vigino", che ne avrebbe davvero bisogno.
Per il Municipio di Castel San Pietro è infatti un dovere non restare a guardare: davanti a Vigino non ci si può tirare indietro. «Anche perché dopo questo ultimo inverno - illustra la sindaca - lo stato di degrado della Masseria è peggiorato. Il tetto è crollato e della parte retrostante del complesso resta poco». D’altra parte, a imporre attenzione sono, da un lato, la protezione dei beni culturali - tutela, ricorda lo stesso esecutivo, sulla quale il governo esercita la vigilanza - e, dall’altro, l’amore per le proprie radici. Al momento, si fa capire a chiare lettere nella missiva, "siamo davanti a una situazione inconfutabile". In effetti, l’edificio, si certifica, si "presenta in uno stato manifestamente indecoroso e in una situazione statica tale da far legittimamente temere la sua definitiva rovina e dunque la definitiva perdita di un patrimonio culturale". Si sta parlando, di fatto, di una realtà di 4’100 metri quadrati che riporta alla prima metà del XV secolo.
A oggi, come detto, per quanto ne sa l’esecutivo, non sono state prospettate "concrete misure di intervento o indicazioni anche di natura strategica riguardo all’edificio". Tutto è fermo alle parole del CdS del luglio scorso e alla dichiarata disponibilità a cedere il terreno e a sostenere - in modo tangibile - l’organizzazione disposta a sviluppare un progetto di interesse pubblico.
In realtà l’ente pronto a farsi carico dell’operazione - e di un investimento stimato sui 10 milioni di franchi - c’era (una Fondazione privata). Il punto è che, interrotta la trattativa, l’iniziativa è naufragata, come ricorda l’esecutivo. Tra i nodi irrisolti, l’esigenza di doversi assoggettare alla Legge sulle commesse pubbliche (a fronte di un contributo superiore al milione). Persa questa occasione di svoltare sul destino di Vigino, resta l’urgenza di intervenire.
E qui, ribadisce Alessia Ponti, di garanzie tangibili non ve ne sono ancora. Eppure, anticipa senza entrare nei dettagli, «di idee sul futuro della Masseria ce ne sono. Non vorremo però, ritrovarci, ancora una volta, la porta chiusa in faccia». E allora è importante riuscire a capire come intenda operare il governo. Non a caso la richiesta rivolta in veste ufficiale è quella di "riprendere l’argomento in modo celere, proattivo e responsabile nel rispetto delle competenze che vi sono affidate" (rivolti al CdS,ndr). In effetti, prosegue la lettera, "ammettere il contrario significherebbe, infatti, assumersi il rischio di abbandono in precedenza paventato e metterci nella più che spiacevole condizione di dover (paradossalmente) ordinare le misure più opportune regolate dal diritto pubblico in concreto applicabile".
La sindaca, a questo punto, chiarisce: «Il nostro non vuole essere un attacco, semmai un richiamo alle responsibilità di ciascuno». E il Comune, come si rileva nella raccomandata al Cantone, ha fatto la sua parte, agendo sulla pianificazione. Un impegno andato di pari passo agli sforzi profusi nell’arco di un decennio (dal 2011) dall’Ente regionale per lo sviluppo del Mendrisiotto e Basso Ceresio, d’intesa con il Municipio. Salvo poi ritrovarsi ai piedi della scala.