Una coppia d’Oltralpe ha dichiarato il suo interesse per l’antico complesso rurale. Effettuato un sopralluogo con l’Ufficio dei beni culturali
Il tetto è pericolante da un po’. E di recente, per sorreggerla nel sostenere il peso degli anni e i segni (profondi) del tempo che passa, la Masseria di Vigino, lì a Castel San Pietro, è stata avvolta da nuovi ponteggi. Eppure il suo fascino, testimonianza viva del passato rurale del territorio del Mendrisiotto che rimanda alla prima metà del XV secolo, sa ancora ammaliare. A una coppia di Sciaffusa è bastato incrociare, per caso, lo sguardo con questo antico complesso per invaghirsene. A tal punto da volerne sapere di più sulla sua storia (e le sue peripezie) e da farci persino il classico pensierino. Non è detto, insomma, che da quell’incontro casuale possa nascere qualcosa. Per il momento questo capitolo nella vita della masseria resta ancora tutto da scrivere. Di certo adesso c’è l’interesse, che è reale. Tant’è che marito e moglie, dall’angolo settentrionale al lembo meridionale della Svizzera, hanno fatto i loro passi e contattato il proprietario, lo Stato del Canton Ticino.
Solo una settimana fa, in effetti, la coppia sciaffusana era in Ticino per vedere più da vicino Vigino. La loro non era la prima visita, questa volta, però, ad accompagnarli c’erano pure il capo dell’Ufficio dei beni culturali, Endrio Ruggiero, e un suo collaboratore. Una presa di contatto iniziale, se non una vera e propria trattativa, che ha fatto seguito allo scambio avuto con l’Ufficio del demanio e il suo responsabile - Antonio De Nigris - e che tutta l’aria di poter avere degli sviluppi. I due coniugi, come da noi accertato, hanno in effetti dichiarato la loro intenzione di acquistare il bene, con l’obiettivo di trasferirsi a vivere al di qua del Gottardo. Hanno già anche una idea su come trasformare la masseria, nella quale immaginano di realizzare una sala da concerti. La signora, infatti, è una compositrice.
Questo progetto di vita della coppia resterà un sogno? Difficile ora dare una risposta. Stando alle nostre informazioni, il dialogo aperto coni Servizi cantonali è stato sin qui costruttivo. Da un lato, del resto, c’è il governo cantonale pronto a cedere la sua proprietà, anche al prezzo simbolico di un franco; dall’altro vi è una coppia arrivata da fuori Ticino e innamorata delle vecchie testimonianze rurali del cantone. Nel mezzo una operazione onerosa: recuperare la masseria, dal 2007 iscritta tra i beni
culturali di interesse cantonale - quindi tutelata -, richiederà un investimento di vari milioni di franchi. I responsabili degli Uffici cantonali sono stati i primi a mettere al corrente la coppia sui vincoli esistenti, dentro e fuori le mura di Vigino.
Così, le parti si sono lasciate con un reciproco impegno: i Beni culturali metteranno a disposizione tutte le informazioni del caso, i documenti esistenti e anche i vecchi progetti tratteggiati sul futuro della masseria e rimasti tali; e dal canto loro i coniugi presenteranno un progetto curato da professionisti. Non rimane che stare a guardare come andrà a finire.
Alla finestra c’è, d’altro canto, anche il Municipio di Castel San Pietro, ai cui orecchi è giunto dell’interessamento da Oltralpe. Una novità, quest’ultima, che pone qualche interrogativo. Perché anche nell’ente locale c’è la volontà di salvare Vigino, semmai sono i modi e le procedure ad aver alimentato qualche perplessità in questi anni. E perché si vorrebbe dare la precedenza un progetto... nostrano. «Per il nostro Comune, da solo, è una iniziativa impegnativa – ribadisce la sindaca Alessia Ponti –. Avremmo bisogno di un aiuto, anche solo a livello progettuale».
L’autorità comunale sa bene di essere stata la prima alla quale il Cantone ha offerto la masseria quasi a costo zero: una offerta, quella giunta la primavera scorsa, a cui non ha più fatto seguito nessun contatto. «Prima di accertare, però – fa memoria Ponti –, volevamo ricevere delle garanzie, soprattutto sulla messa in sicurezza dello stabile. Che da sola richiede una spesa di migliaia di franchi». Interventi, peraltro, urgenti e necessari. «Con le ultime piogge – ci fa sapere la sindaca – il nostro Ufficio tecnico ha sollecitato il Cantone. Il quale qualche settimana fa ha poi provveduto a posare di ponteggi supplementari».
Anche l’esecutivo, comunque, non è rimasto fermo al palo. Sulla spinta del Consiglio comunale ci si accinge a dare vita a un gruppo di lavoro tecnico, che si concretizzerà a gennaio. Ovvero una volta che i partiti politici avranno indicato i loro rappresentanti. «A quel punto – ribadisce Alessia Ponti – si cercherà di portare avanti il dossier, per ridare vita alla masseria».
Ci si è mossi, però, pure in un‘altra direzione. Messa nero su bianco da parte del Consiglio di Stato la decisione di vendere Vigino a un franco, il Municipio ha tentato un riavvicinamento con la Fondazione privata già intenzionata a farsi carico del recupero della masseria, sul tavolo un progetto per la creazione di una ’Maison du terroir’, vetrina dei prodotti locali, e un investimento di 10 milioni di franchi. Una proposta poi ritirata, proprio davanti al costo della transazione, in ultima analisi di 800mila franchi. Naufragata l’iniziativa, l’interesse non si sarebbe mai spento.