Se ne è andata a 76 anni la ‘pasionaria’ della politica cittadina. Maestra nella vita, da sempre in prima linea per i migranti e le persone in difficoltà
Ne siamo certi, in un momento tanto tragico tra guerre e profughi in cammino, Bruna Bernasconi - la Bruna per gli amici più cari - sarebbe stata lì dove serve una mano. L’avremmo trovata tutta intenta a raccogliere beni di prima necessità, a preparare pacchi e a prepararsi ad accogliere la popolazione in fuga dall’Ucraina e dall’orrore. Perché la Bruna, indomita e instancabile, proprio le ingiustizie non le sopportava. A fermarla è stato, infatti, solo il male che sabato se l’è portata via all’età di 76 anni. E in un frangente come questo ci manca. Mancano persone che, al suo pari, vivono la Politica - sì quella con la P maiuscola, non quella della polemica sterile e del chiacchiericcio - appieno e soprattutto sul campo.
Maestra, militante, consigliera comunale nella ‘sua’ Chiasso per venticinque anni e voce determinata e battagliera del gruppo Unità di Sinistra - I Verdi - Indipendenti. Questo fino al settembre del 2014, quando aveva deciso di dire ‘basta’ per motivi «strettamente personali», preferendo lasciare il posto a chi «si sente pronto a portare avanti con serietà le proprie idee», come ci aveva detto in una intervista a ‘laRegione’. In ogni caso Bruna non si è mai tirata indietro. Era facile trovarla a un banchetto a raccogliere firme, anche al fianco di colleghi di altri partiti, per quella che riteneva come una causa sacrosanta e con l’obiettivo di lanciare una iniziativa o un referendum. Come contro il TrenHotel nel 2014 o a difesa dell’area di via Campagna a Seseglio l’anno prima o ancora contro l’alienazione del terreno di via Cattaneo all’Age, sempre nel 2013: tutte battaglie condivise, al voto, dalla maggioranza dei cittadini.
Ancora più naturale, però, era saperla in prima linea, pronta a reagire a qualche emergenza umanitaria; perché alla gente di frontiera capita di incrociare l’umanità in fuga da fame, guerra e calamità e in cerca di un approdo sicuro. Così nell’estate calda della crisi migratoria al confine, nel 2016, l’avevamo trovata, non a caso, davanti a un pentolone, impegnata come volontaria di Firdaus a distribuire un pasto caldo ai tanti che affollavano in quei giorni i giardini della stazione ferroviaria di Como; desiderosa di raccontare una esperienza umana tanto forte. Perché certe situazioni, ci richiamava, «bisogna toccarle con mano».
Ecco che l’incontro con Tavolino Magico, di cui Bruna Bernasconi è stata volontaria fin dal settembre del 2011 e quindi coordinatrice della sede di Chiasso, è stato ‘solo’ un passo in più, quasi inevitabile. Sempre attenta ai bisogni pure di chi ti vive accanto e ogni settimana (ancora più durante i mesi della pandemia) si mette in fila alla palestra di via Vela per ritirare quel po’ di spesa che serve per tirare avanti. D’altro canto, la Bruna sapeva spendersi con il coraggio di chi non ha paura di uscire dai binari, come quando con il Tavolino aveva risposto presente all’appello della gente di Campione d’Italia in difficoltà dopo la chiusura del Casinò e la perdita del lavoro.
Essere una cronista significa saper raccontare i fatti con la giusta distanza di sicurezza. Raccontare una persona che si è conosciuta fin dai primi passi della propria vita, non è semplice. Non quando le tue radici e la tua famiglia incrociano le sue radici e quelle della sua famiglia, lì nel quartiere popolare e carico di umanità di via Soldini. E tutto ciò in anni in cui essere vicini di casa significava esserlo davvero; tanto più in una realtà abituata a convivere nel tempo con un Lazzaretto, attracco di profughi di guerra, emigranti e migranti, che fa crescere l’empatia per l’‘altro’. Essere poi una ex alunna della Bruna - come tante generazioni di chiassesi -, insegnante di lavoro femminile - all’epoca si chiamava così, la Politica di genere era ancora lontana -, non ha fatto altro che rafforzare il legame. Tanto da essere rimproverati (con affetto) quando, una volta, l‘avevamo definita la ’pasionaria’: «Con le debite proporzioni», ci aveva subito corretto.
Di conseguenza era normale ricevere in redazione una sua telefonata, che suonava come un imperativo categorico: ‘Daniela, c’è una storia da raccontare, assolutamente". Da ex allieva, amica ma soprattutto giornalista era impossibile resistere e non si poteva che rispondere con una domanda: ‘Quando e dove ci vediamo?". E in ogni occasione si capiva che la storia da raccontare c’era eccome. E ci si diceva arrivederci con la consapevolezza di aver dato un piccolo contributo alla narrazione delle cose del mondo, pur dal Mendrisiotto, angolo lontano dalle buriane causate dalle scelte scellerate degli uomini. Continuare a farlo a questo punto sarà un impegno, sempre.
Alla figlia Lilith, alla sorella, ai famigliari giungano il cordoglio e la vicinanza della redazione.
Ciao Bruna!