L’esame sul Piano di utilizzazione cantonale è a una svolta, preludio al dibattito in Gran Consiglio
Quando si tocca il tasto di Valera nel Mendrisiotto tutti sanno che occorre fare appello alla virtù dei forti (la pazienza). Adesso, però, sembra proprio che l’ora X sia vicina. Ormai è questione di giorni: la settimana prossima la Commissione ambiente, territorio ed energia guidata da Fabio Battaglioni (Ppd) firmerà il rapporto che avrà come relatori Stefano Tonini (Lega) e Giovanni Berardi (Ppd) e che ha tutta l’aria di tirare la volata al Piano di utilizzazione cantonale (Puc) presentato nel gennaio del 2019 e disegnato sul comparto di 190mila metri quadrati nel ‘cuore’ del Distretto. La bozza del documento (peraltro corposo, da nostre informazioni è di una decina di pagine) è pronta ed è già stata discussa, ora non resta quindi che renderla ufficiale: un momento che da queste parti era atteso da mesi. Per la regione, del resto, il voto del Gran Consiglio su questo triangolo di territorio fra Rancate, Genestrerio e Ligornetto (oggi tutti Quartieri della Città di Mendrisio) è risolutivo. Riappropriarsi di uno spazio che la strategia cantonale vuole restituire all’agricoltura, allo svago e alla natura – nel segno di una vocazione ‘verde’ – è un passaggio importante in un Distretto che negli anni ha perso terreno (letteralmente): è un modo per voltare pagina. Come finirà alla prova del voto? Il dossier con i suoi 17 milioni di franchi (6 dei quali riservati agli espropri) sulla carta sembra avere i numeri per centrare il risultato. Certo è che anche per la politica cantonale sarà un test importante. Con la consapevolezza che dicendo sì al Puc si lancerà un segnale inequivocabile verso la popolazione, in aspettativa da anni. In eredità i politici hanno, infatti, le 6’800 sottoscrizioni raccolte nel 2012 dalla petizione promossa da ‘Cittadini per il territorio’, Società agricola del Mendrisiotto e Unione contadini ticinesi.
Sulla carta la geografia politica pare delineata da tempo: sul fronte dei favorevoli troviamo Ps, Verdi e Lega, in più il Ppd (che potrebbe, però, non votare compatto per il ‘sì’); e poi c’è il Plr che al tavolo della Commissione ha mostrato un accento critico, non tanto sul tema di Valera in sé ma piuttosto sulla gestione dell’incarto. Il nodo gordiano in questo caso? Ancora una volta la trattativa con i privati, in particolare con i due maggiori proprietari di terreni nella zona (ovvero gli eredi Baumgartner e gli eredi Fontana). Proprietari che in questi anni hanno continuato ad alzare la posta in gioco, rilanciando nei confronti dell’ente pubblico con rivendicazioni sul valore delle superfici – arrivando a chiedere oltre 40 milioni – e richieste di indennizzo indirizzate alla Città di Mendrisio (di più di 120 milioni). Voci di corridoio fanno capire che, in ogni caso, non sarà presentato alcun rapporto di minoranza in contrapposizione all’analisi rappresentativa della maggioranza commissionale. Di conseguenza il momento della verità nell’aula parlamentare sarà quello dell’alzata di mano: lì si saprà da che parte penderanno i deputati.
D’altro canto bisogna dire che la Commissione nel suo percorso di avvicinamento alla stesura finale del rapporto non ha trascurato nessun aspetto, effettuando anche dei sopralluoghi con i tecnici del Dipartimento del territorio, né ha lasciato inascoltata alcuna voce fra gli attori in campo. È ormai trascorso un anno dalle audizioni che hanno portato al suo tavolo dapprima una delegazione del Municipio di Mendrisio, poi ambientalisti, agricoltori e gli stessi proprietari. Inoltre, si è cercato di approfondire ulteriormente il quadro giuridico e procedurale. Anche perché nel tempo più volte l’incarto di Valera è finito davanti a varie istanze e giudici, rimbalzando fra ricorsi e Tribunali (inclusa l’Alta Corte di Losanna). Di frequente sui piatti della bilancia della giustizia si sono ritrovati, in effetti, da una parte Cantone e Città, decisi a richiamare l’attenzione sull’interesse pubblico dell’operazione e del recupero dell’area, dall’altro i proprietari determinati a richiedere il pagamento del prezzo giusto.
Va detto che le sentenze, a oggi, non sono mancate. Su tutti vi è quella pronunciata nel marzo del 2019 dal Tribunale di espropriazione che, di fatto, ha rispedito al mittente (ancora una volta i due proprietari) le pretese di indennità. I giudici hanno sancito la non edificabilità delle superfici (anche perché in origine vi è una pianificazione non rispettosa delle disposizioni federali); come dire che per quegli appezzamenti andrebbe pagato un costo in linea con i terreni agricoli (come già emerso in vertenze precedenti in zona), anche se in quel contesto di cifre non se ne sono fatte. Un verdetto chiaro, insomma, anche se non definitivo visto che i due titolari l’hanno impugnato e si sono appellati al Tribunale cantonale amministrativo. Siamo di fronte a una storia infinita, in nome della quale un capitolo cruciale lo si scriverà proprio nell’aula del Gran Consiglio.