Chi conosce la realtà studentesca è rimasto 'senza parole'. Fonio, Ocst: 'Niente giustifica la violenza contro gli agenti'
È difficile scacciare le immagini della fatidica notte al campus universitario. Per chi, fra gli studenti dell’Accademia di architettura, era lì verso le tre di venerdì a festeggiare la laurea, il ricordo è ancora vivido. I sentimenti, poi, sono contrastanti, in attesa che l’inchiesta riesca a fare chiarezza sui fatti. I giovani non tornano sui loro passi. Non dopo averci raccontato sulle pagine de ‘laRegione’ come è andata dal loro punto di vista. Ma adesso preferiscono far calare il silenzio stampa. A rincuorarli c’è il fatto che i due colleghi finiti in stato di arresto – un 26enne cittadino francese e un 29enne romando –, nel frattempo, sono stati rilasciati. Stanno bene – anche se il 26enne è tornato a farsi curare in ospedale –, ma l’esperienza farà parte di loro per un pezzo. Ecco perché, per loro, ma non solo, è importante allontanare le nubi e restituire la verità di quanto accaduto. La versione delle istituzioni e quella dei ragazzi, come abbiamo potuto toccare con mano, sono troppo contrastanti per non richiedere un’analisi attenta degli eventi. Perché se su un fronte c’erano, come rivendicato da più parti – a livello comunale e sindacale, ma anche da parte dei vertici dell’ateneo, come da noi riferito – degli agenti che facevano il loro lavoro; dall’altro si trovavano una ventina di allievi (per circa la metà ragazze) che contestano di aver mai lanciato sassi o altro all’indirizzo della polizia.
È vero, non era la prima festa. E la musica era alta (lo hanno riconosciuto pure i ragazzi) per quell’ora, tanto da far scattare la segnalazione e l’intervento di un paio di pattuglie della Polizia cittadina. Ma è l’epilogo a spiazzare. «A dirla tutta siamo rimasti senza parole – ci dice chi nella quotidianità incrocia la vita mendrisiense degli studenti della facoltà di architettura –. Lascia perplessi il modo in cui si è passati velocemente dalle parole ai fatti». Non si vuole entrare nella dinamica di quanto è successo – altre sono le sedi che devono occuparsene –, ma la situazione ha scioccato.
A ben vedere non capiscono come siano andate le cose. «Fa male, però – ci confidano –, sentire alla Tv o leggere sui media che una ventina di giovani si sono scagliati contro degli agenti. È un’immagine violenta che appare eccessiva così come è stata presentata da chi fa informazione». A questo punto si confida nel lavoro degli inquirenti: «È importante che l’inchiesta definisca fatti e responsabilità. Sperando che tutto vada a buon fine».
In chi, come detto, conosce la realtà studentesca locale c’è sconcerto per l’accaduto e dispiacere per degli studenti, che in poco tempo sono passati dall’euforia per il risultato professionale raggiunto allo sconforto per come è andata a finire quella che doveva essere una festa. D’altro canto, Mendrisio non si ricorda un’altra situazione simile, per di più sfociata nel ferimento di sette persone. Quindi non ci si può nascondere la gravità dei fatti. Che fanno male al cuore, pensando ai giovani protagonisti.
Davanti agli occhi di Giorgio Fonio, segretario del sindacato Ocst, Funzionari di Polizia, c’è il bilancio dei feriti. «Si parla – sgombra il campo – di sei agenti e un giovane. Ancora una volta ci troviamo confrontati con una situazione che coinvolge dei poliziotti nello svolgimento del loro dovere, che vengono contestati, insultati, aggrediti». Su un punto Fonio non transige: «La questione – chiarisce – è che nulla può giustificare l’uso della violenza verso le forze dell’ordine, che in quel momento rappresentano lo Stato». Di fatto questo è un periodo delicato, si percepisce un clima di tensione. «Tutto ciò è frutto di una società che ha perso valori e rispetto. Lo denunciamo da tempo». Perché sono in aumento gli episodi di aggressività verso gli agenti? «In Ticino riceviamo sempre più segnalazioni. Infatti, abbiamo chiesto d’inasprire la legge nei confronti di chi mette le mani addosso».
C’è da valutare, però, anche la proporzionalità degli interventi da parte della polizia. «Certo, come in ogni categoria, c’è chi lavora bene e chi sbaglia, come detto questa settimana dal comandante della Polizia di Lugano Torrente. E chi sbaglia viene sanzionato. In ogni caso – ribadisce il segretario dell’Ocst –, nulla può giustificare l’uso della violenza nei confronti degli agenti di polizia. Dietro la divisa ci sono pur sempre uomini e donne, padri e madri di famiglia».
Laconico sui fatti il capo del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi, interpellato da ‘laRegione’. «Penso – ci ha risposto – che si tratti di una questione di ordine pubblico che dipende dalla Polizia comunale. Se c’è stato abuso di forza lo determinerà la magistratura». In origine si trattava di una festa di laurea. «È vero che i giovani hanno bisogno di valvole di sfogo – riconosce –, ma queste non possono ledere il diritto degli altri a dormire tranquillamente».
A sparigliare le carte nella giornata di domenica ci ha poi pensato un post su Instagram dell’avvocato Paolo Bernasconi, il quale ha condito, da par suo, quanto capitato (poche settimane dopo la demolizione dell’ex Macello a Lugano) con l’ironia. Si legge: “Mozione urgente del gruppo della Lega dei ticinesi al Municipio di Mendrisio, affinché richieda al Municipio di Lugano l’invio delle ruspe già utilizzate per la demolizione del Macello e affinché si provveda allo sgombero e alla demolizione dell’edificio dell’Accademia di Mendrisio, cominciando dal tetto, allo scopo di ripristinare l’ordine pubblico”. Chi ha detto che una risata ci salverà?