Mendrisiotto

A Stabio si apre il cancello della discarica di inerti

La terza tappa di Cà del Boscat dà ossigeno all'edilizia. E la gestione per la prima volta sarà cantonale. Le sfide, però, non sono finite

Strategica l'intesa fra Cantone e Comune di Stabio (Ti-Press/Crinari)
29 aprile 2021
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A Cà del Boscat, a Stabio, è tutto pronto. Lunedì la discarica cantonale di inerti aprirà in veste ufficiale il cancello al via vai dei camion. E il mondo dell'edilizia potrà tirare un sospiro di sollievo. Per i prossimi anni, quindi, il Sottoceneri (e soprattutto il Mendrisiotto) avrà un punto di riferimento per il materiale da cantiere non riciclabile. Questa terza tappa dell'impianto - che alle spalle ne ha altre due - saprà fagocitare, in tutto, 850mila metri cubi di scarti. E lo farà con una gestione pubblica: una prima in Ticino. Per il Cantone rappresenta, in effetti, un duplice obiettivo raggiunto; per il Comune è la testimonianza di una collaborazione che si è rivelata proficua. Certo prima di tagliare il traguardo sono trascorsi dieci anni, tanto è durato l'iter dalle prime intenzioni al Piano di utilizzazione cantonale. Un Puc scritto e riscritto, approvato dal Gran consiglio nel gennaio del 2019 - assieme a un investimento totale di 6,3 milioni di franchi - e che ha dovuto fare i conti con resistenze e censure.

Oggi gli inerti, domani il verde

Al Dipartimento del territorio ne sono consapevoli: le sfide non sono finite. Per garantire la copertura del fabbisogno serviranno altre discariche. E una volta di più, come richiama lo stesso direttore Claudio Zali, sarà necessario interagire con gli enti locali. «Di questi impianti - annota senza troppi giri di parole - tutti hanno bisogno, ma nessuno li vuole». Un'attitudine, peraltro, comprensibile, pensando all'impatto che un deposito di inerti ha sul territorio che lo ospita. Ci se ne accorge quando ci si ritrova nel bel mezzo della discarica, lì quasi alla fine di Stabio e a ridosso del confine: una grande voragine attende di essere riempita, su un lato la collina rimodellata sulla seconda tappa già rinverdita, sull'altro il bosco, che in parte dovrà essere sacrificato - si dissoderanno in via temporanea circa 48mila metri quadri -, ma non senza una contropartita.

Il piano di rimboschimento, infatti, è già stato predisposto e sarà attuato di pari passo con il riempimento - dando spazio a specie autoctone -, accompagnandolo con altre misure di carattere naturalistico e ambientale. Il Comune di Stabio, d'altra parte, conta su questa trasformazione futura: al termine dei lavori, come richiama la municipale Katia Fabris, questa area potrà essere messa a disposizione dei cittadini. A riprova, rimarca ancora, che è «importante dialogare e collaborare fra le diverse istituzioni». La collettività locale, fa capire, è stata ascoltata; e a tempo debito si ritroverà persino con un percorso pedonale, punti di ristoro, punti panoramici e un biotopo didattico.

Sciolti i nodi con le autorità d'oltreconfine

Il Consigliere di Stato Zali, certo, non lo nasconde, per arrivare sin qui si è dovuto seguire la «Via Crucis della procedura pianificatoria», tra esigenze cantonali, comunali e private. A tal punto da dover rifare il Puc, al seguito di una sentenza del Tribunale cantonale amministrativo che aveva dato ragione ai ricorrenti d'oltrefrontiera. Alla fine, però, l'esercizio si è rivelato utile anche per ricucire lo strappo con le autorità italiane della fascia di confine, a cominciare dal Comune di Cantello. Del resto, gli enti italiani, richiama Zali, sono stati tutelati al pari dei Comuni ticinesi e hanno potuto partecipare alla procedura e avanzare le loro richieste. Tant'è che su una in particolare, rivendicata da tempo, si è trovato un punto di incontro, superando così le frizioni del passato: nella discarica di Cà del Boscat l'amianto in tutte le sue forme - quindi incluso il cosiddetto fibrocemento - non avrà diritto di cittadinanza. In questo modo il cerchio si chiude.

L'intesa con le autorità italiane ha trovato anche un'altra strada, importante anche per centrare una delle priorità del Dipartimento, come ricorda Sandro Destefani, direttore della Divisione dell'ambiente, ovvero quella di «riciclare e non produrre rifiuti». Un intento che via via si è consolidato: «Gli sforzi profusi - spiega il direttore - hanno permesso di passare da un tasso medio del 50 per cento, fra il 2007 e il 2014, all'attuale 75 per cento». Una quota, quest'ultima, raggiunta pure grazie all'esportazione di materiale da scavo al di là del valico, dove si convoglia ogni anno il 15 per cento degli inerti, destinato alle cave di sabbia e ghiaia. Il tutto sulla base dell'accordo stipulato nel 2015 con la Regione Lombardia: senza, riconosce il capo del Dipartimento, il Ticino sarebbe in affanno.

Servono riserve per 15/16 anni

Da anni ormai al Dipartimento del territorio, d'altro canto, si cerca di trovare delle soluzioni al problema dello smaltimento dei rifiuti edili. Non a caso si punta sul riciclo, che, però, non è ancora sufficiente. Una parte degli inerti, infatti, deve imboccare altre vie, come quella delle discariche: il deficit fra domanda delle imprese di costruzione (a fronte anche di un fermento edilizio) e risposta sul territorio è evidente. A preoccupare già da un po' era soprattutto la situazione nel Sottoceneri. Ecco che il Puc sulla terza tappa di Cà del Boscat si è poi dimostrato, sottolinea Destefani, la «proposta vincente». Con la sua messa in esercizio, ribadisce, si restituirà «una boccata di ossigeno al settore dell'edilizia, coscienti che in prospettiva futura non sarà sufficiente».

Al momento, esemplifica il direttore, sommando l'impianto di Stabio al deposito di Gnosca si avrà a disposizione un volume di circa 2,3 milioni di metri cubi da riempire a fronte di un fabbisogno annuo di 350mila metri cubi. «In questo modo si calcola di avere una autonomia teorica pari a circa 6/7 anni», chiarisce Destefani. Il Dipartimento, però, deve alzare l'asticella e mettere le basi pianificatorie per consolidare altre opzioni sul terreno a livello cantonale. Individuati i siti da ancorare a Piano direttore, ora si guarda in particolare a Quartino, Biasca e Monteceneri. Ciò darà modo, fa presente il direttore, di assicurarsi un volume di 5,4 milioni di metri cubi e un'autonomia (sempre teorica) di 15/16 anni. In ogni caso, garantisce il capo della Divisione dell'ambiente, sussiste una «condizione imprescindibile, che la soluzione proposta non porti pregiudizio alle popolazioni locali e preveda dei compensi ambientali per mitigare l'impatto sul territorio».

E qui il fatto di gestire la discarica di Stabio in proprio non nè secondario. In effetti, conferma Zali, «non sarà una gestione orientata al profitto, bensì alla sostenibilità», così da ritrovarsi alla fine con una «operazione neutrale». Tant'è che ci si ripromette di applicare questo modello pure in futuro.