L’ex dettagliante di un negozio di alimentari di Chiasso è stato processato davanti alle correzionali di Mendrisio. Gli 11 dipendenti sono stati risarciti
“Ne valeva la pena?” La domanda del giudice Marco Villa e la risposta, con il movimento della testa a indicare no, dell’imputato hanno scritto la parola fine al caso di usura che ha coinvolto un negozio di alimentari del centro di Chiasso. L’ex dettagliante, un 56enne cittadino italiano domiciliato nella regione, è comparso questa mattina davanti alla corte delle assise correzionali di Mendrisio. Corte che, in formula di rito abbreviato, lo ha riconosciuto colpevole di usura qualificata e appropriazione indebita e condannato a 18 mesi di detenzione (dedotti i 52 giorni di carcere preventivo già scontati) sospesi per un periodo di prova di 3 anni e al pagamento di una multa di 5mila franchi.
I fatti, ammessi, oggetto dell’atto d’accusa firmato dal Procuratore generale Andrea Pagani risalgono al periodo compreso tra l’agosto 2014 e il giugno del 2017 e sono stati commessi ai danni di almeno 11 dipendenti dei negozi di Chiasso e Faido. In quel periodo l’imputato avrebbe dovuto versare salari netti complessivi pari a 340’997 franchi. Nelle buste paga degli impiegati sono però arrivati solo 211’015 franchi. L'imputato non ha quindi stanziato la retribuzione unitaria variante tra 16.55 e 17.30 franchi all'ora prevista dal Contratto normale di lavoro per il personale di vendita al dettaglio in vigore dal 1° settembre 2001 al 31 marzo 2013, così come dal Contratto normale di lavoro per il settore della vendita (per negozi con meno di 10 addetti) applicabile dall'aprile 2013 a fine 2017.
La somma che il 56enne ha trattenuto – il vantaggio economico è stato di 129’981 franchi – è stata nel frattempo integralmente risarcita ai dipendenti grazie, come aveva spiegato il Ministero pubblico con un comunicato stampa lo scorso mese di aprile, ai sequestri tempestivamente disposti.
Il procuratore generale Andrea Pagani e l’avvocato di fiducia Maurizio Pagliuca sono arrivati in aula con l'accordo raggiunto. Accordo, solo state le parole del giudice, risultato di “un lavoro fatto benissimo dal Ministero pubblico”. Nessuna discussione in aula: il presidente della corte ha quindi confermato la sentenza.