Mendrisiotto

Condannati due dei quattro psichiatri in aula per omicidio colposo

Per il giudice della Pretura penale Quadri chi aveva in cura da anni il 28enne, morto nel 2014 per sovradosaggio di farmaci, ha commesso una negligenza. Prosciolti i sanitari di picchetto

(Ti-Press)
13 settembre 2019
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Una negligenza c'è stata. I medici che da anni conoscevano e curavano il 28enne morto all'alba di un giorno di inizio maggio del 2014 legato a un letto della Clinica psichiatrica di Mendrisio, nel sangue una dosa massiccia di psicofarmaci, potevano e dovevano agire diversamente. Potevano e dovevano soccorrere il paziente, noto come un 'caso complesso' e sofferente di una grave patologia, ordinando il suo trasferimento nel reparto di medicina intensiva, lì a due passi, dell'Obv.

Il giudice della Pretura penale di Bellinzona, Siro Quadri, ha avuto parole chirurgiche nel distinguere le singole responsabilità dei quattro psichiatri (all'epoca in forze alla struttura)  portati in aula da una accusa di omicidio colposo. A venire meno alle regole dell'arte medica sono stati in particolare il caposervizio della Clinica – che da anni aveva in cura il giovane, che aveva partecipato alla scelta del trattamento terapeutico e sapeva della decisione di contenere il degente al letto – e con lui l'assistente che meglio conosceva il 28enne e lo aveva seguito nel suo calvario medico. Per entrambi il giudice non solo ha riconosciuto la colpevolezza, ma ha inflitto una pena uguale: a 90 aliquote giornaliere (nel primo caso da 400 franchi l'una, nel secondo da 270 franchi l'una), confermando, di fatto, le richeiste del procuratore pubblico Zaccaria Akbas. Una condanna, quella pronunciata quest'oggi, venerdì, a Bellinzona, sospesa per due anni.

Si sono visti, invece, prosciogliere dall'accusa gli altri due sanitari, i medici che in quei giorni si erano ritrovati a prendere servizio nel reparto solo quali sostituti dei titolari e che non erano a conoscenza, nel dettaglio, del caso, noto nell'ambito psichiatrico ticinese anche per i suoi 39 ricoveri in pochi anni.

“Non è facile accettare che sia stato commesso un errore medico – hanno commentato i genitori del giovane, sempre presenti in aula nel corso del faticoso percorso dibattimentale (il secondo dopo il rinvio del giudice dell'incarto a un nuovo giudizio nel 2017 –. Ora, però, si sa che qualcuno ha sbagliato”.