Mendrisiotto

Oro di origine dubbia raffinato in Ticino

La denuncia è di Sacrificio Quaresimale. Tonnellate di metallo giallo 'illegale' colombiano sarebbero finite a Mendrisio

(Ti-Press)
11 settembre 2019
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Anche l’oro come il denaro non ha odore. Eppure, risalendo il filone aurifero capita di avvertire un forte olezzo di affari sporchi. E succede che del metallo prezioso di dubbia provenienza finisca nei forni delle raffinerie del triangolo giallo svizzero, qui nel Mendrisiotto. Questa volta a squarciare il velo del silenzio è la denuncia di Sacrificio Quaresimale: fra il 2009 e il 2018 tonnellate e tonnellate di oro colombiano – da 5 a 9 all’anno – sarebbero state acquistate da Argor Heraeus di Mendrisio. Per l’organizzazione di cooperazione internazionale dei cattolici in Svizzera il punto è che il fornitore era un’azienda al centro di una inchiesta del Ministero pubblico colombiano. Indagine che ha fatto scattare le manette ai polsi di alti dirigenti della società. In sostanza, quello che era riconosciuto come il maggiore esportatore del Paese, in realtà vendeva come legale metallo che non lo era. La vicenda che rimbalza dal Sudamerica rilancia il dibattito attorno alla responsabilità dei colossi che si muovono sul mercato globale e sulla necessità di avere regole chiare e “vincolanti”. Le stesse, peraltro, reclamate dall’Iniziativa per multinazionali responsabili – che tocca 1’500 imprese in Svizzera –, ma che a Berna non sono riuscite a fare breccia sinora.

‘No comment’, per ora

Che echi ha avuto l’‘affaire’ oro colombiano a Mendrisio? Per il momento la Argor Heraeus, contattata da ‘laRegione’, fa sapere tramite il suo portavoce di essere al corrente di quanto accaduto (la storia è finita sulla stampa internazionale), ma di non prevedere una presa di posizione urgente. Se ne saprà di più prossimamente. L’invito che Sacrificio Quaresimale e il Gruppo di lavoro Svizzera-Colombia indirizzano all’azienda, invece, è pressante. L’esortazione è a “effettuare controlli minuziosi sulle sue relazioni commerciali, a renderle trasparenti e ad adottare misure efficaci per prevenire le violazioni dei diritti umani e la distruzione dell’ambiente”. Per le due organizzazioni gli abusi commessi in Colombia sono palesi. L’azione estrattiva del metallo giallo che avrebbe preso pure la via ticinese, richiama ancora Sacrificio Quaresimale, “distrugge vaste aree di foreste e interi corsi d’acqua, portando all’erosione e alla sedimentazione dei fiumi”. Inoltre, “il mercurio necessario per l’estrazione dell’oro avvelena fiumi e terreni, distruggendo i mezzi di sussistenza delle persone che vi abitano”. Senza dimenticare, sottolinea ancora l’organizzazione, che “gran parte di questo oro viene utilizzato per riciclare i profitti del traffico di droga o per finanziare gruppi armati illegali”. Non è un caso se la stessa Argor Heraeus nei suoi resoconti annuali iscrive fra i primi impegni quello a favore di una “filiera trasparente e responsabile”. Nel Rapporto di sostenibilità del 2018 si legge che l’azienda fa del suo meglio per assicurarsi che “tutti i nostri partner di business agiscano in maniera responsabile verso ambiente e società. Prendiamo molto seriamente – si insiste – il nostro ruolo chiave al centro della filiera dei metalli preziosi”. Per chi firma questo nuovo ‘j’accuse’, però, resta sospeso un interrogativo: “Come possono i responsabili di Argor Heraeus garantire di non importare oro illegale se lo acquistano da una fonte dubbia, i cui dirigenti sono stati arrestati?”. Nel 2015 anche la Dichiarazione di Berna aveva puntato il dito verso le raffinerie svizzere e richiamato l’attenzione sul problema di una lacuna legislativa. Il Consiglio federale nel novembre del 2018, fa notare ancora il Sacrificio Quaresimale, non escludeva “la possibilità che dell’oro estratto in violazione dei diritti umani sia importato in Svizzera”. Nonostante questo, si richiama, “il governo svizzero continua a fare affidamento su misure di carattere volontario da parte delle imprese. Va criticata anche la mancanza di coerenza politica della Svizzera: da un lato si sostiene la promozione della pace in Colombia, mentre dall’altro si rifiuta di introdurre l’obbligo di dovuta diligenza, che renderebbe più difficile il finanziamento dei gruppi armati”.