Mendrisiotto

'Ci ha spinto il bisogno di soldi'

C'era il miraggio di cambiare vita dietro la scelta di partecipare al tentato furto alla Loomis di Chiasso da parte di un terzetto di comprimari

(foto Ti-Press)
18 marzo 2019
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Il loro futuro? Tornare alla vita di prima, in Puglia. Prima di quel patto scellerato che li ha portati dietro le sbarre. Nel ‘colpo’ fallito alla Loomis di Chiasso avevano un ruolo da comprimari, ma quella notte fra il 25 e il 26 febbraio di un anno fa c’erano pure loro tre. L’obiettivo della ‘banda del buco’ era lucido: svuotare il caveau della ditta specializzata nel trasporto di valori, mettendo le mani su quello che i ladri immaginavano fosse un tesoro di svariati milioni. Il piano, però, è andato male e 'menti' e braccia sono finiti in prigione: 18 in tutto. Le  manette sono scattate anche per il terzetto alla sbarra oggi, lunedì, davanti alla Corte delle Assise correzionali di Mendrisio (in Lugano), acciuffato oltreconfine e poi estradato in Svizzera per il giudizio. A trascinarlo in aula le accuse mosse dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli.

Uno dopo l’altro (e con rito abbreviato) di fronte al giudice Amos Pagnamenta hanno ammesso la loro colpa e ascoltato in silenzio il verdetto di condanna. Adesso rientreranno al loro paese, consapevoli che non potranno più mettere piede su suolo elvetico per i prossimi 8 anni. Ad accomunare i tre conterranei di 56, 52 e 38 anni era il bisogno di denaro. Alla domanda del giudice sui motivi che hanno spinto ad aderire al piano, è emerso come in tutti vi fosse il miraggio di ‘svoltare’ e di trovare una via d’uscita alle necessità della famiglia, ai debiti a un periodi di crisi.« È sembrata la strada migliore; si è rivelata la via più sbagliata», ha confermato il più giovane dei tre.

Che ne sarà di loro adesso? «Andrò a zappare la terra: ho un piccolo terreno», ha risposto, interpellato da Pagnamenta, il 56enne con un marcato accento pugliese, lo stesso dei suoi compagni di disavventura. Lo seguirà a ruota, nelle intenzioni, il 52enne, di mestiere, ha dichiarato, contadino. Anche il più giovane andrà «subito a lavorare». Sta di fatto che quella scelta fatta «senza ragionare con la testa» e che dal sud li ha portati nel Norditalia prima e a Chiasso poi per prendere parte all’operazione, predisposta nei minimi dettagli, è costata loro qualche mese di carcere. Pene adeguate, ha ribadito il giudice leggendo il dispositivo. Tanto il 56enne (difeso dall’avvocata Sara Schlegel) che il 52enne (patrocinato dall’avvocato Michele Pinoli) si sono visti infliggere un anno e 5 mesi, mentre il 38enne (assistito dall’avvocata Michela Pedroli) è stato condannato a un anno e 9 mesi. Tutti e tre hanno beneficiato della sospensione condizionale per un periodo di prova di 2 anni. All’appello adesso ne mancano ancora tre: uno di loro sarà processato a breve, mentre per gli altri (inclusa una delle ‘menti’ del ‘colpo’) si attende l’estradizione.