Mendrisiotto

Mire immobiliari nel Distretto. ‘Ma non sul Laveggio’

Il Dipartimento del territorio boccia un complesso residenziale a Genestrerio. E a Chiasso si pensa di demolire una villa storica per far posto a un palazzo

L'ex grotto Valera a Genestrerio: nei piani dovrebbe far posto a 5 palazzine (foto Ti-Press)
29 gennaio 2019
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Fuori contesto. Cinque palazzine – da 28 appartamenti – lì lungo il Laveggio, a Genestrerio, non solo stridono, ma risultano persino in conflitto con il paesaggio circostante. È una bocciatura sonora quella calata nei giorni scorsi dal Dipartimento del territorio sul progetto immobiliare immaginato al posto del vecchio grotto Valera. La sola idea – tradotta a dicembre in domanda di costruzione – di veder demolire la struttura rurale per fare spazio a un complesso residenziale era già andata di traverso ai vicini e aveva fatto insorgere Pro Natura e i ‘Cittadini per il territorio’. Oltre alle opposizioni recapitate al Municipio di Mendrisio, ora l’iniziativa si trova davanti anche il veto dei Servizi generali del Cantone, univoci e chiari nel chiedere di negare la licenza edilizia ai promotori. Una richiesta che ora risulta, peraltro, vincolante per l’autorità locale.

Il giudizio dei tecnici del Dipartimento è senza appello: costruire delle palazzine lì dove il fiume scorre libero – fra Genestrerio e Ligornetto – significa innanzitutto ‘invadere’ lo spazio riservato alle acque e non rispettare la distanza dal bosco. Del resto, la proposta firmata dalla Cdl Sa di Lugano, una società di consulenza e direzione lavori, si va ad innestare in un paesaggio che presenta, come ricorda proprio l’Ufficio della natura e del paesaggio nel suo preavviso, “forti elementi naturalistici”. Il progetto, invece, visto dall’esterno risulta “del tutto insensibile al luogo”, si sgombra il campo nella missiva indirizzata all’esecutivo. In sostanza, da un lato l’intervento si pone in “netto contrasto” con il corridoio di spazio riservato alle acque, come statuito dalle leggi federali, dall’altro la costruzione emerge in modo sproporzionato e mostra un impatto decisamente importante sul territorio circostante. Motivando i Servizi a definirla, altresì, “complessa e disordinata” nella tipologia e nei materiali scelti. Insomma, non si hanno esitazioni: quel comparto “esige” – non si lesina un tono imperativo – un’operazione attenta alle caratteristiche paesaggistiche, di pregio, e ai suoi contenuti naturalistici. Senza trascurare la morfologia del terreno e l’edificazione preesistente, con la quale si dovrebbe entrare in relazione. A colpire i tecnici è anche la modalità di realizzazione. I cinque stabili plurifamiliari previsti nella domanda sono appoggiati, in effetti, su quello che viene identificato come uno zoccolo disteso lungo oltre un centinaio di metri. Di fatto ciò restituisce il volume di un piano, entro il quale ospitare l’autorimessa e le cantine. In questo modo, si osserva, si va a creare “una specie di immenso pianoro artificiale” che risulta essere sopraelevato rispetto al terreno naturale, disegnando di conseguenza dei pendii ripidi, in particolare in rapporto al Laveggio. L’effetto non migliora, agli occhi dell’Ufficio della natura e del paesaggio, neppure sul fronte della strada e del percorso pedonale che attraversa la zona. La struttura viene così percepita come anomala e in conflitto con l’ambiente, ma pure con le norme pianificatorie. Non solo, la distribuzione è progettata in fondo alla proprietà, quindi con pendenze “che ne impediscono l’utilizzo”. A questo punto le conclusioni sono inevitabili e superano persino l’esigenza di sollecitare un complemento di documentazione (in merito ad aspetti tecnici): gli interessi di natura pianificatoria, si sancisce, sono prevalenti e prioritari a fronte degli obiettivi dei promotori. Una linea che corrobora ormai l’orientamento del Dipartimento del territorio guidato da Claudio Zali. Il ‘no’ staccato di recente al call center di Novazzano – come anticipato da ‘laRegione’ del 19 gennaio – e ancor più il Piano di utilizzazione cantonale di Valera lo testimoniano.

Progetto da 24 appartamenti nella cittadina

Nelle intenzioni di proprietario del fondo (Prima Sa) e progettista (l’architetto Claudio Lo Riso), in via Dante Alighieri 12 a Chiasso, non appena l’iter burocratico avrà fatto il suo corso, arriveranno le ruspe. La villa appartenuta alla famiglia Camponovo, un tempo attiva nei tabacchi, lascerà infatti spazio a un nuovo complesso residenziale. Da ieri, all’Ufficio tecnico della cittadina è in pubblicazione una domanda di costruzione preliminare ordinaria (staccata la licenza edilizia i promotori avranno un anno di tempo per imbastire la domanda di costruzione definitiva) per la realizzazione di 24 appartamenti. Spazi abitativi che vedranno la luce all’interno di un edificio che si svilupperà su 7 piani, ovvero 1 interrato e 6 fuori terra.

Analizzando la documentazione si comprende inoltre che su ogni piano troveranno spazio quattro appartamenti, due da 3,5 e due da 4,5 locali (le superfici abitative varieranno dai 90 metri quadri – gli appartamenti più piccoli –, ai 117 delle abitazioni più grandi). Nel piano interrato invece, oltre ai vari locali tecnici, verrà creata un’autorimessa con 42 posti auto, alla quale andrà ad aggiungersi una zona adibita a cantine. Per quel che concerne i costi, nella domanda preliminare ordinaria è stimato che i costi di costruzione si situino attorno agli 8,5 milioni di franchi, mentre il costo totale del progetto raggiungerà i 12 milioni di franchi. A iter burocratico concluso, ovvero una volta avviato il cantiere, l’opera dovrebbe concludersi in un periodo identificato in due anni.