Mendrisiotto

Addio al colonnello a stelle e strisce

Se ne è andato a 101 anni Joseph McDivitt, l’uomo che nell'aprile del 1945 con Martinoni fermò i tedeschi sulla porta di Chiasso

Il colonnello Joseph McDivitt, cittadino onorario di Chiasso (foto Ti-Press)
26 gennaio 2019
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Nel giorno dell’ultimo saluto a Joseph McDivitt, al di là dell’oceano, ci sarà anche una rappresentanza ufficiale svizzera (e quindi pure un po’ di Ticino). In questi casi entra in scena la diplomazia, ma di sicuro per i chiassesi sarà un po’ come essere presenti. Perché è difficile lasciar andare questo cittadino onorario (il solo peraltro) senza un pensiero. Al commiato privato nel nord della California, dove viveva, ne seguirà uno più pubblico in Pennsylvania, dove si renderanno gli onori militari e dove McDivitt riposerà.

Un legame speciale

Questo colonnello dell’esercito americano – che se ne è andato all’età di 101 anni, era classe 1917 – aveva, del resto, un legame profondo e del tutto singolare con la cittadina che affaccia sulla frontiera. Confine che nel 1945 separava Chiasso dall’Italia fascista e dalle truppe di occupazione del Terzo Reich. Se il 28 aprile di quell’anno da queste parti si scampò a una storia che poteva finire male lo si deve a quello che era un giovane maggiore alla testa delle truppe motorizzate statunitensi e, soprattutto, al colonello Mario Martinoni, che la memoria ha riabilitato. Due uomini al posto giusto nel momento giusto, che riuscirono a far capitolare i tedeschi e a scongiurare uno spargimento di sangue. Difficili da dimenticare quei ‘Fatti di Chiasso’, che il Comune ha rivissuto nel 2010 con alcuni dei protagonisti, tra cui lo stesso McDivitt. Da allora Chiasso (e in particolare il Gruppo organizzatore delle celebrazioni) e il colonnello non si sono più persi di vista. Fino ai giorni scorsi, quando dalla rete sociale e dalla Pro Ticino della California, ci fa sapere il comandante della Polizia comunale Nicolas Poncini (pure lui parte del Gruppo), è rimbalzata la notizia: il colonnello si era spento. Adesso nella cittadina si resta in attesa: il Municipio, in contatto con l’Ambasciata svizzera, è deciso a manifestare in qualche modo il proprio cordoglio.

Moreno Colombo: ‘Bastava uno sguardo’

Resta il ricordo, in particolare in chi, in occasione delle celebrazioni di 9 anni orsono, ha conosciuto McDivitt. «La notizia mi ha rattristato – ci conferma l’allora sindaco di Chiasso Moreno Colombo –. In questi giorni ho ripensato molto a quanto ci siamo detti. Io l’inglese non lo mastico troppo – ammette –, ma stare con lui una settimana durante la rievocazione dei ‘Fatti di Chiasso’, visitare i luoghi, mi ha fatto capire che con alcune persone ci si comprende solo con lo sguardo, senza parlare. Sono persone che sanno entrare subito in sintonia, anche con un estraneo. E allora ho inteso quale fosse la caratura di colui che nel 1945 con Martinoni aveva affrontato una simile situazione, dall’esito incerto». Impagabile poi la possibilità di ascoltare da un testimone diretto quei fatti che hanno segnato Chiasso e più di una generazione. «Una sera ci siamo ritrovati a tavola in una ventina e ha ripercorso quei momenti della Seconda guerra mondiale, spiegandoci come si erano svolti gli avvenimenti fin nei dettagli e con estrema lucidità e cuore. Era come se li avesse vissuti poco tempo prima». A restituire ai chiassesi quella memoria – e a rendere omaggio a Martinoni e a quell’azione coraggiosa – ora c’è una targa ancorata nel granito e posata al valico di Chiasso strada. Domani, confida Colombo, vi sarà pure una via, la strada che dalla stazione conduce a piazza Elvezia e alla dogana. Perché non dimenticare è un dovere.

La testimonianza di McDivitt

E allora, qui, vengono in soccorso le parole del colonnello McDivitt, all’epoca riportate dall’Almanacco di vita chiassese e del Mendrisiotto del 2011 per mano di Gilberto Bossi. “La mia compagnia giunse a Como e lì rimase solo tre giorni. Fui contattato da un partigiano italiano, il quale mi disse che avevano preso Mussolini (che poi sarà fucilato, ndr) e se volevo vederlo. Rifiutai perché ero troppo stanco. (...)”. In realtà McDivitt poco dopo farà un altro incontro, con Martinoni: sarà l’inizio dell’intervento che ferma una colonna di 300 soldati della Wehrmacht e della Marina tedesca giunti ormai sulla porta di casa e il cui comandante era “più che deciso a entrare con la forza in Svizzera, perché un’altra soluzione era contro la loro dignità”, sullo sfondo la paura dei russi. Ma la mediazione svizzero-americana centra l’obiettivo: far deporre le armi.