Mendrisiotto

Il conto della giustizia riapre le porte del carcere

Un 41enne del Mendrisiotto è stato condannato a 36 mesi, di cui 30 sospesi, per il traffico di 814 grammi di cocaina. Ha scontato 54 giorni di carcerazione preventiva

Ti-Press
24 maggio 2018
|

Si riapriranno le porte del carcere – verosimilmente in regime di semiprigionia per non ostacolare il percorso di formazione che ha nel frattempo intrapreso – per il 41enne del Mendrisiotto comparso oggi davanti alla Corte delle Assise criminali di Mendrisio per rispondere di infrazione aggravata alla legge federale sugli stupefacenti (tra il 2012 e il marzo 2016 ha alienato e procurato 814.10 grammi lordi di cocaina, più della metà regalata), infrazione (2’256,50 grammi di marijuana), contravvenzione e ricettazione. Confermando la richiesta di pena formulata dalla Procuratrice pubblica Pamela Pedretti, il giudice Mauro Ermani lo ha condannato a 36 mesi di detenzione, di cui 30 sospesi per un periodo di prova di quattro anni. «La legge non ci consente un maggiore margine di sospensione», ha affermato il presidente della Corte motivando la sentenza. Dopo aver trascorso 54 giorni di carcerazione preventiva, nei confronti del 41enne è stata adottata la misura sostitutiva dell’obbligo di sottoporsi ad analisi a sorpresa delle urine. Analisi che hanno sempre avuto esito negativo. «A volte quella di uscire presto non è una genialata – sono state le parole del giudice –. Questo perché il conto della giustizia arriva dopo, quando la risocializzazione è già iniziata». Consumo e vendita di cocaina sono avvenuti tra il giugno 2012 e il marzo 2016. L’uomo ha anche un precedente specifico datato 2011. «Quello che vedevo come un puro divertimento è diventato un troppo – ha spiegato il 41enne –. Ho dovuto iniziare a vendere perché non me lo potevo più permettere». Il motore dell’infrazione, ha replicato Ermani, «sta quindi nel consumo. Quando è uscito, però, ha fatto nulla o poco nulla per elaborare il motivo è per starne lontano: mi sarei aspettato una presa a carico psicologica volta a prevenire e strutturare la sua personalità». Il 41enne ha sostenuto che «nella mia testa questa è la strada giusta». Tutti, dall’accusa alla difesa passando per la Corte, hanno evidenziato l’importante quantitativo di droga trafficato, l’impegno dell’imputato nel migliorare la sua vita e la buona collaborazione fornita nel corso dell’inchiesta. L’avvocato Niccolò Giovanettina si è battuto per una condanna a 2 anni sospesi. «È stato coinvolto in un traffico – in aula è stato nominato il portoghese ucciso in via Odescalchi a Chiasso, ndr – ma non è mai stato il dominus dello spaccio: era un impostante consumatore di cocaina». Tesi che la corte ha respinto visto che l’attività attività è iniziata prima ed è continuata anche dopo il fatto di sangue.