La Corte delle Assise criminali di Mendrisio si esprimerà stamattina in merito alle conclusioni dello psichiatra che ha esaminato l'imputato Michele Egli
Le conclusioni contenute nella perizia psichiatrica di quasi 150 pagine elaborata dal dottor Carlo Calanchini durante 13 incontri con l’imputato sono sufficienti per continuare con il procedimento nei confronti di Michele Egli oppure occorrerà chiedere una nuova valutazione? È terminata con questo interrogativo la seconda giornata del processo davanti alle Assise criminali di Mendrisio (in Lugano) per il delitto di Stabio. Delitto che, lo ricordiamo, vede alla sbarra Michele Egli, reo confesso per l’omicidio della cognata Nadia Arcudi. Dopo oltre due ore di domande (formulate dal giudice Amos Pagnamenta) e risposte (da parte di Calanchini), la Corte ha posticipato a questa mattina la Camera di consiglio e la decisione (attesa per le 9.30). Se la perizia sarà accettata – la stessa certifica che Egli ha agito con una scemata imputabilità di grado lieve –, la parola passerà alla procuratrice pubblica Pamela Pedretti, ai rappresentanti degli accusatori privati e ai legali di Egli, gli avvocati Maria Galliani e Luca Marcellini.
Prima, però, come detto, occorrerà capire se quanto messo nero su bianco dal perito verrà ritenuto sufficiente. Nel lungo fuoco di domande che ha caratterizzato il pomeriggio di ieri, il giudice Pagnamenta ha evidenziato come il lavoro «sia stato basato sulle dichiarazioni rese da Egli – ha spiegato il presidente della Corte –. Ma stabilire come sono andati i fatti tocca a noi e non di certo a lei. Da qui a prendere per oro colato quello che l’imputato sostiene, è competenza nostra e non sua». Calanchini ha ribattuto di essersi basato su quanto trovato negli atti, anche se «le cose possono anche essere andate diversamente». Quale sarebbe stato, quindi, il fattore scatenante che, la sera del 14 ottobre 2016 a Stabio, avrebbe spinto Egli a colpire dapprima la cognata con una bottiglia in testa e a stringerle poi una sciarpa attorno al collo? «Dopo essere riuscito ad annullare una cena in cui temeva scenate fra le tre donne della famiglia in merito alla casa – ha spiegato – quella sera l’imputato è andato dalla cognata sperando in qualcosa di positivo, portandole quegli assurdi buoni per il concerto (dei Coldplay, ndr)». Ha però «conosciuto la parte oscura di Nadia Arcudi. Ha trovato una cognata diversa, molto arrabbiata, addirittura offensiva, che ha svalutato la sua opera di paciere con il risultato di mostrarsi in una luce molto sfavorevole». Più volte è stata citata la figura di un ‘drago’. Figura che non è piaciuta al giudice Pagnamenta. «Mi urta che ci si riferisca a una vittima di questo genere come un drago», sono state le sue parole. «Non parlo della persona – ha precisato il perito –, ma all’immagine percepita da Michele Egli nel suo racconto». Questa situazione gli avrebbe causato una reazione acuta da stress e il trovarsi confrontato «con un’immagine diversa della donna che idealizzava», sarebbe stato «il fattore scatenante». Una soluzione che non ha convinto il presidente della Corte. «Mi sembra un po’ debole come fattore scatenante – ha sostenuto –. Si urla e litiga in tutte le case, ma fortunatamente i casi di omicidio sono pochissimi». Per Calanchini, però, «è la polizia a dirci che i casi di violenza domestica sono molti». Il delitto è stato compiuto in due fasi. «La prima è impulsiva – ha aggiunto ancora il medico –. La fase dello strangolamento è particolarmente problematica: la sua descrizione deporrebbe per un momento di lucidità. È come se tutta la sua emotività, rabbia e sconcerto si fossero attivati in un gesto aggressivo durante il quale sapeva quello che stava facendo ma con il giudizio che fosse del male neutralizzato».
In merito al possibile rischio di recidiva, Calanchini ha definito «molto difficilmente ripetibile» un assassinio in quanto «frutto di una circostanza estremamente particolare, praticamente irripetibile». Mentre il ripetersi di reati finanziari è «più probabile in circostanze favorevoli ma non c’è rischio fondato che diventi uno scassinatore o un rapinatore». Il giudice Pagnamenta ha infine chiesto al medico se abbia notato o meno un pentimento di Egli. «Ho visto solo degli inizi di rimorso».