Michele Egli, autore reo confesso dell'uccisione della cognata Nadia Arcudi, comparirà da oggi davanti alla Corte delle Assise criminali per rispondere di assassinio
Arriva il momento della verità per il delitto di Stabio. Da oggi, e fino a venerdì 18 maggio, davanti alle Assise criminali di Mendrisio presiedute dal giudice Amos Pagnamenta (giudici a latere Manuela Frequin Taminelli e Luca Zorzi) e riunite nell’aula penale di Lugano, l’imputato, reo confesso e in espiazione anticipata della pena dal luglio scorso, Michele Egli dovrà spiegare quanto accaduto venerdì 14 ottobre 2016, quando ha ucciso la cognata Nadia Arcudi nella sua abitazione di Stabio. Michele Egli, ex informatico della Supsi, dovrà rispondere di assassinio, turbamento della pace dei defunti, ripetuta appropriazione indebita, ripetuta falsità in documenti e ripetuta truffa. L’atto d’accusa è firmato dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti.
Il corpo senza vita di Nadia Arcudi è stato scoperto domenica 16 ottobre 2016 in un bosco lungo la statale a Rodero, a pochi chilometri dalla sua abitazione. La vittima, rinvenuta senza scarpe e giacca, non aveva documenti, borsa o telefono cellulare. A portare gli inquirenti verso il Ticino è stato il braccialetto di una corsa benefica alla quale Nadia Arcudi aveva partecipato qualche settimana prima. Il giorno successivo, il lunedì, la sua assenza dal posto di lavoro ha fatto scattare l’allarme e ha dato la triste conferma. L’attività investigativa sui due versanti del confine è stata celere e coordinata. Le manette ai polsi di Michele Egli, difeso in aula dagli avvocati Maria Galliani e Luca Marcellini sono scattate nella tarda serata del 18 ottobre, a 48 ore dal ritrovamento del corpo della maestra. L’uomo è stato fermato al Gaggiolo, di rientro da un funerale nel Sud Italia. Da subito, come hanno spiegato gli inquirenti a poche ore dall’arresto, ha fornito parziali ammissioni, sostenendo di aver trasportato il corpo della cognata nel bosco dopo averla trovata senza vita nell’abitazione. La piena confessione è arrivata qualche mese dopo, a novembre, alla luce degli accertamenti effettuati dagli inquirenti. Egli ha così ammesso di avere ucciso Nadia Arcudi nella villetta di Stabio e di avere agito da solo. Proprio la villetta, dove la vittima viveva con la madre, sarebbe il movente che ha portato l’ex informatico al gesto. Ulteriori conferme arriveranno nel corso del dibattimento grazie anche alla perizia effettuata sull’imputato dal dr. Carlo Calanchini. L’autopsia ha stabilito che Nadia Arcudi è stata soffocata ed è deceduta il 14 ottobre per un arresto cardiaco causato da un edema polmonare.
Sull’atto d’accusa, come visto, figurano anche reati finanziari. Quando lavorava alla Supsi, l’imputato ha sottratto dalle casse almeno 260mila franchi. L’accusa di truffa è infine legata a una raccolta fondi di 5mila franchi.