Il Collettivo R-esistiamo critica la comunicazione della Croce Rossa Svizzera sezione Sottoceneri in merito alle proteste avvenute a Cadro
“Totale incapacità di comprendere con chi si ha a che fare”. Un’accusa forte, derivante “dalla mancanza o poca comunicazione dei trasferimenti previsti nei primi giorni di marzo” delle persone ospitate nel centro cantonale Ulivo di Cadro. In una presa di posizione, il Collettivo R-esistiamo risponde alle dichiarazioni di Debora Banchini Fersini, direttrice di Croce Rossa Svizzera sezione Sottoceneri (Crss), rilasciate a seguito delle proteste avvenute il 20 febbraio davanti al Centro di accoglienza luganese. In quell’occasione, Banchini Fersini ha precisato che gli ospiti del centro Ulivo erano stati informati che avrebbero dovuto lasciare la struttura a causa di cambiamenti logistici – la struttura accoglierà solo minori non accompagnati –, ma il Collettivo contesta la modalità dello scambio di informazioni.
Come hanno affermato alcune persone che vivono al centro di Cadro, anche il Collettivo ha ribadito che le tempistiche scelte dall’ente umanitario per informare i richiedenti hanno generato un comune malessere: “Comunicare il venerdì sera che lunedì ci sarebbe stato un incontro obbligatorio, senza specificare per quale motivo, avrebbe dovuto far comprendere agli operatori che nelle persone si sarebbero attivate paure e incertezze, compresa la pausa di essere deportati”. Banchini Fersini, ricordiamo, ha spiegato a ‘laRegione’ che «abbiamo comunicato, con un interprete affinché ci fosse comprensione completa, a tutte le persone che quel centro diventerà un luogo di accoglienza per i minorenni non accompagnati e che per questo motivo famiglie e adulti attualmente a Cadro devono venire spostati in altre strutture gestite da Crss». A tal proposito, il Collettivo sottolinea che “se fosse stato così, le persone non si sarebbero allarmate e spaventate e non avrebbero iniziato la protesta interna con il sit-in cercando il contatto con la società civile esterna per un sostegno”, che ha portato al presidio di settimana scorsa con il supporto del Collettivo stesso, dell’Associazione DaRe e del Soa Molino.
Oltre alle scelte comunicative della Crss, il Collettivo punta il dito anche sul comportamento adottato nei confronti delle persone coinvolte: “Se non la competenza professionale che dovete avere, sarebbe bastato un po’ di sano buon senso e di empatia. Non sono oggetti o merci da spostare da un posto all’altro. Ogni spostamento coinvolge anche emozioni, storie di vita, una rete sociale costruita, la scuola, le amicizie”. Questa decisione, precisano, non ha tenuto in considerazione il passato, “da dove vengono, i traumi subiti prima e durante il viaggio, i numerosi trasferimenti all’interno del territorio e le incognite circa il proprio futuro”.
I rappresentanti del Collettivo,“partendo dal principio che l’integrazione comincia nell’essere e vivere in mezzo alla società civile e non in posti isolati”, nella loro presa di posizione, non si limitano a criticare la Crss, ma si dichiarano disponibili a un dialogo tra le parti. Nonostante la decisione finale spetti al Cantone, propongono tre soluzioni per l’accoglienza dei richiedenti l’asilo: nelle famiglie “come per i rifugiati ucraini”; l’Hotel Vezia e l’Hotel Ristorante Camino di Ruvigliana. A proposito del primo albergo, si sottolinea che molti degli ospiti a Cadro erano già alloggiati lì “e si stavano integrando. Non si comprende come mai sia stata chiusa questa struttura se poi ancora bisogna spostare le persone”. Per l’hotel situato alle pendici del Brè, si precisa che si tratta di “un’azienda formatrice” e che “il titolare è interprete mediatore e sta frequentando il corso come specialista della migrazione”. Il Collettivo conclude sottolineando che è disponibile anche per ricercare degli alloggi, “dietro regolare compenso”, e auspica un cambio di paradigma “per lavorare realmente a favore dei rifugiati”.