Oggi, non si ricaverebbe una grossa cifra dalla vendita, secondo Adriano Censi, ex rappresentante degli azionisti privati nel Cda della casa da gioco
Ottenuta la concessione federale, il Municipio di Lugano ha l’asso nella manica per valutare un’eventuale cessione della quota parte pubblica della casa da gioco (più o meno il 70% del totale delle azioni). Per il momento, ci ha confermato il sindaco di Lugano Michele Foletti, non si è fatto avanti nessuno. Soprattutto perché il discrimine era proprio legato al rinnovo ventennale del permesso di operare conferito dalla Commissione federale delle case da gioco (Cfcg). Ora, l’Esecutivo nell’ambito dell’annunciata manovra di
rientro, potrà discutere e soppesare sia l’alienazione del casinò, che dovrebbe comunque passare dal Consiglio comunale, sia la vendita di altri beni. In ogni caso, finora i vertici della casa da gioco non sono stati informati di questa ipotesi.
Oggi, il gioco non vale la candela, secondo l’avvocato Adriano Censi, che è stato rappresentante degli azionisti di minoranza nel Consiglio di amministrazione della casa da gioco. Censi vuole fare alcune precisazioni in merito alle dichiarazioni rilasciate al CdT dal sindaco di Lugano Michele Foletti sull’eventuale futura cessione. Intanto, puntualizza che «la Città, 16 anni fa, avrebbe rifiutato un’offerta di 120 milioni di franchi per la vendita del pacchetto azionario» di sua proprietà. In realtà, continua Censi, «il sottoscritto, tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006 contattò il sindaco Giorgio Giudici per proporre la vendita dell’intero pacchetto azionario di Casinò Lugano Sa (parte pubblica e parte privata) a potenziali interessati, indicando una cifra complessiva di circa 170 milioni di franchi, ventilando anche la possibilità di far quotare in borsa tutte le azioni di Casinò e poi chi avrebbe voluto, privati o pubblico, avrebbero potuto cedere le loro partecipazioni».
Come venne recepita tale proposta? «La proposta non ebbe seguito, verosimilmente per l’opposizione di Giuliano Bignasca, che aveva solo l’obiettivo di far fuori gli azionisti privati – risponde Censi –. La Città di Lugano estromise nel luglio 2005 il sottoscritto ed Eugenio Brianti quali rappresentanti degli azionisti privati dal Consiglio di amministrazione, designando per i privati lo yes-man Edvino Pessina, fratello dell’allora presidente del Plr luganese, alché i privati, per iniziativa del sottoscritto, decisero di vendere la propria partecipazione a Casinò Austria, perché ritenevano impossibile continuare con il proprio investimento in un casinò di sola gestione pubblica. Tutti gli azionisti privati, tranne due o tre, vendettero le loro azioni nel maggio 2007». La vicenda non è proprio andata come è stata raccontata. Non solo. Secondo Censi, l’operazione avrebbe avuto un senso in quegli anni. Sì, «perché la redditività di Casinò Lugano Sa era nel 2007 di 4 milioni e 673’333 franchi di utile, con 6 milioni e 82’058 franchi di sponsorizzazioni e altri 5,9 milioni per costi di marketing e pubblicità, voce in cui confluivano ancora in parte altre sponsorizzazioni».
In seguito cosa successe? «I privati hanno venduto nel momento migliore, capendo che la gestione municipale avrebbe ridotto l’utile, tant’è che l’utile dell’esercizio del 2008 è risultato di 111’269 franchi, i privati avevano previsto che la gestione del Casinò operata dal Comune sarebbe stata catastrofica», sostiene Censi che snocciola qualche cifra: «I mezzi liquidi a fine 2007 erano di 33,617 milioni e a fine 2023 è stata di 10,626 milioni, con perdite registrate nel 2021 di 7 milioni e 169'663 franchi, nel 2022 di 2,8 milioni e nel 2023 di 3,6 milioni, quindi con una perdita secca in tre anni di circa 13,5 milioni di franchi», risponde Censi, secondo cui «questa è la dimostrazione dell’incapacità gestionale e decisionale del Municipio di Lugano che, succube di Giuliano Bignasca e della Lega, non ha voluto vendere, e dell’incapacità dell’ente pubblico a gestire aziende private. E oggi abbiamo ancora Erasmo Pelli nel Cda quale vicepresidente!».
Ecco perché, l’avvocato Censi considera evidente che, con una vendita odierna del Casinò, «la Città non ne ricaverebbe una grande cifra, poiché il valore principale è dato dall’immobile, che al 31.12.2023 era privo d’ipoteche. La società in perdita, che consuma anno per anno capitale, evidentemente non ha valore, per cui l’unico valore effettivo è l’immobile. Questa è un’ulteriore dimostrazione che a ogni ‘ofelè ul so mestè’, e che la Città dovrebbe capire di dover mettere persone professionali e capaci nei propri Consigli di amministrazione, e non persone designate per politica, che nulla capiscono e solo distruggono i valori della Città ereditati dalle precedenti generazioni. Lo stesso avverrà certamente con l’aeroporto, che ora la Città ha la pretesa di voler gestire, dopo vari e inconcludenti cambiamenti di indirizzo. Diventerà anche questo un pozzo di San Patrizio, a scapito dei contribuenti luganesi, che dovranno continuare a buttar soldi».
Censi torna alle dichiarazioni di Foletti: «Se è vero che la situazione è cambiata, uno sguardo al rapporto della Commissione federale delle case da gioco del 2023 con il riassunto dei bilanci delle case da gioco evidenzia che Basilea ha avuto un utile di 8,726 milioni, Baden di 957mila franchi, Courrendlin di 1,477 milioni, Granges di 1,888 milioni, Interlaken di 1,287 milioni, Locarno di 1,413 milioni, Lucerna di 3,529 milioni, Mendrisio di 6,783 milioni, Montreux di 4,734 milioni. Basta saper gestire le case da gioco con persone competenti per ottenere dei risultati». Quindi, Censi si chiede chi vorrebbe «oggi un casinò che è stato distrutto con la sua gestione incapace e incompetente di persone designate solo per appartenenza politica, che poi nemmeno si assumano le responsabilità – come tutti i politici odierni – della malagestione, se non un concorrente per chiuderlo ed eliminarlo del tutto, ma forse nemmeno gli vale la pena, perché si distrugge da solo con l’incompetenza che vi regna!».