La maggioranza del Gran Consiglio non vuole che il Consiglio di Stato intervenga per identificare e mettere a disposizione strutture adeguate
Due ore di discussione, con numerosi interventi, la maggior parte dei quali appassionati, per giungere alla conclusione che il Consiglio di Stato non deve avere il compito di proporre soluzioni concrete, realistiche e attuabili entro un arco temporale ragionevole per dare uno spazio all’autogestione. Nell’ultima trattanda all’ordine del giorno, oggi il Gran Consiglio ha votato il rapporto di minoranza della Commissione sanità e sicurezza sociale (42 favorevoli, 26 contrari e tre astenuti) sulla mozione presentata il 21 giugno 2021 da Tiziano Galeazzi, a nome del gruppo Udc, intitolata “Un’eventuale autogestione cantonale ma con regole chiare!”. Contrariamente alle previsioni non è dunque passato il compromesso proposto dal rapporto di minoranza che proponeva di accogliere parzialmente l'atto parlamentare.
Un atto parlamentare che in realtà a tanti deputati è parso fuori tempo massimo. La mozione, in effetti, risale al 2012, è stata ripresa da Galeazzi dopo che era stata ritirata dall’ultimo firmatario in carica come deputato (Fabio Schnellmann) nove anni dopo. Ma soprattutto, come si ricorderà, nella notte tra il 29 e il 30 maggio del 2021, il centro sociale all’ex Macello è stato sgomberato e l’edificio F abbattuto con le ruspe. Secondo il deputato Udc, occorrerebbe comunque un intervento proattivo del governo cantonale, che nel dicembre 2002 siglò una convenzione con la Città di Lugano e l’associazione Alba, in rappresentanza del centro sociale Il Molino. Nello spiegare i motivi che l’hanno spinto a rilanciare la proposta, Galeazzi ha pure rievocato le numerose rivendicazioni di spazi autogestiti nel passato e il ruolo da mediatore che aveva svolto il Cantone nel trovare la soluzione logistica al piano della Stampa, dopo l’incendio divampato nella prima sede occupata agli ex Mulini Bernasconi di Viganello nell’autunno del 1996. Una soluzione peraltro interrotta con lo sgombero ordinato dallo stesso Consiglio di Stato nell’ottobre 2002.
Gli argomenti presentati dai democentristi Galeazzi e Buehler e sostenuti in parte dai socialisti Danilo Forini (al posto della relatrice Laura Riget, assente) e Tessa Prati, che hanno sottolineato altri aspetti, non hanno fatto breccia nella maggioranza del Gran Consiglio. In fondo, non si chiedeva la luna, ma solo che il Cantone tornasse a fare la propria parte e che si considerasse l’argomento al di là dei confini di Lugano. Un argomento che è stato affrontato da diversi interventi come un problema non solo della Città. Tuttavia, come è stato messo in evidenza da alcuni, come Maurizio Agustoni (Centro), per costituire un gruppo di lavoro (non una task-force, come chiedeva la mozione) occorrerebbe che ci fosse un interlocutore che in qualche modo rappresenti la realtà autogestita. Beh, in questo caso, nessuno ha bussato alla porta del Cantone, per cui l’idea di intavolare una discussione con una controparte che non vuole discutere è parsa balzana. Il dibattito si è poi animato ed è sfociato nella critica dell’esperienza cittadina dell’autogestione. Secondo Buehler, il problema dev’essere affrontato dal Cantone, che non può lasciare i cittadini di Lugano ostaggio dell’autogestione: «Lavarsene le mani è un errore di prospettiva».
Nonostante sul tema lei sia spesso in sintonia con l’Udc, Sabrina Aldi (Lega dei ticinesi), relatrice del rapporto di minoranza, non ha fatto fatica a far passare la propria visione. E il suo gruppo, nella nota diramata ai media, canta vittoria: “Lo Csoa ha dimostrato in più occasioni di non voler rispettare neppure le più basilari regole di civiltà e convivenza. Il dialogo presuppone il rispetto reciproco e la volontà di trovare soluzioni condivise, elementi che in questo caso sono totalmente assenti”. Inoltre, Aldi ha messo l’accento “sui diritti e i doveri dei cittadini che rispettano le leggi, contribuiscono alla collettività e subiscono le conseguenze di comportamenti anarchici e violenti. Dai ristoratori alle associazioni culturali, molte realtà faticano a far fronte ai costi e agli oneri derivanti dal mancato rispetto delle normative. Al contrario, lo Csoa si è reso protagonista di occupazioni abusive, manifestazioni non autorizzate e atti di violenza, generando una situazione insostenibile per la Città”. Ha sottoscritto il rapporto di minoranza anche Roberta Passardi (Plr) sottolineando fra le altre cose che la responsabilità dei centri sociali ricade sui Comuni.
Più o meno sulla stessa linea si è dichiarata Amalia Mirante (Avanti e Ticino&Lavoro), secondo la quale la legalità dev’essere un prerequisito della legittimità pubblica. Anche Roberto Ostinelli (HelvEthica Ticino) ha sposato il rapporto di minoranza ricordando che la libertà del singolo finisce dove comincia quella degli altri. A favore di un impegno del Cantone si sono invece espressi Giulia Petralli (Verdi del Ticino), Tamara Merlo (Più Donne), che ha ribadito la necessità dei buoni uffici del Cantone, cosa che non equivale a un sostegno allo Csoa: Massimiliano Ay (Pc-Pop) e Sara Beretta Piccoli (Verdi Liberali). Dal canto suo, prima del voto, il presidente del Consiglio di Stato Christian Vitta ha richiamato il messaggio nel quale sta scritto che il governo ha confermato la propria disponibilità a trovare un luogo fisico. Tuttavia, ha proseguito Vitta, l’autogestione è prima di tutto un’esperienza che si è sviluppata a Lugano, non ha una portata cantonale eventualmente regionale. Il presidente del Consiglio di Stato ha rivendicato un ruolo sussidiario del Cantone rispetto a un argomento che dev'essere gestito a livello comunale. Oltretutto, Vitta ha ribadito che in assenza di una richiesta esplicita da parte di un soggetto riconosciuto con il quale dialogare, non sussistono i presupposti per istituire un gruppo di lavoro.