Dall’ottocentesca migrazione in Ucraina al percorso inverso, con uno sguardo alle opere architettoniche lasciate sul Mar Nero
Sulla emigrazione ticinese oltre gli oceani esiste un’ampia letteratura. Argentina, California, Australia: molti fecero fortuna, altri no, e in diversi finirono per tornare. Un po’ meno conosciuta la storia di chi prese la via dell’Est Europa. Eppure non furono pochi, e rimane ampia testimonianza, soprattutto nel campo delle costruzioni. Architetti e maestranze dell’edilizia ingaggiati tra San Pietroburgo e Odessa, dove tra gli altri dipinse il pittore luganese Carlo Bossoli. Una discendente della famiglia Balmelli di Odessa è ora nella terra degli avi, e si occupa, per l’Archivio del moderno, proprio delle opere di architetti ticinesi nella famosa città del Mar Nero.
Parliamo di Iryna Balmeli, che allo scoppio della guerra ha lasciato Kiev, in ucraino Kyiv, con i suoi anziani genitori e ha raggiunto il Ticino, precisamente Massagno. Balmelli che in quelle terre lontane persero una ‘elle’, come ci spiega la stessa Iryna nel racconto della sua saga familiare.
«Un mio antenato, che si chiamava Santino Balmelli e la cui famiglia proveniva anticamente da Comologno, si trasferì nel 1818 da Lugano ad Odessa per lavorare come scalpellino e tagliapietre, mestiere che svolse in seguito anche nella città di Mykolaiv. Poi si sposò con una donna di origine tedesca, dalla quale ebbe numerosi figli, per cui oggi in Ucraina ci sono diversi rami della famiglia Balmelli. Alcuni si sono trasferiti in Crimea. Il mio bisnonno Aleksandr nacque a Odessa nel 1882, e aveva già perso la ‘elle’: era un Balmeli. Consultando gli archivi ucraini, ho trovato che nel 1923 aveva ancora la cittadinanza svizzera. Negli archivi ticinesi ho invece scoperto che fino al 1881 i miei antenati avevano pagato la tassa di focatico a Lugano e la tassa di esenzione dal servizio militare svizzero. Odessa era una città cosmopolita, fondata nel 1794; gli stranieri erano attirati dalle facilitazioni fiscali e la lingua ‘franca’ era l’italiano. Nel 1904 nacque mio nonno Borys. Tornando al bisnonno, era un contabile e nel tempo libero disegnava. A casa abbiamo alcuni suoi quadri: forse è per quello che ho tanto amore per l’arte. Era impiegato per una società russo-americana. Purtroppo nel 1938 (nel pieno delle purghe di Stalin Ndr) venne arrestato e poi ucciso, perché ritenuto una spia. Si trattò di un processo politico, uno dei tanti errori giudiziari di quel turbolento periodo storico, e in seguito venne totalmente riabilitato».
La faccenda della ‘elle’ sparita dal cognome... rimane un mistero. Il ramo di Iryna è Balmeli, mentre, ci dice, i Balmelli di Crimea conservano la doppia elle. «In Ucraina hanno molto sviluppato la digitalizzazione grazie all’eccellente lavoro del Servizio archivistico di Stato e degli archivi ucraini, e ora va di moda scoprire chi erano i propri antenati. Prima, in realtà, non sapevamo di avere origini ticinesi, pensavamo si trattasse di un cognome italiano, o qualcosa del genere».
Una volta scoperte le sue origini, intorno al 2018, Iryna Balmeli, che in Ucraina ha ottenuto bachelor e master in Storia dell’arte, ha deciso di conoscere la terra delle origini. «La tesi finale del mio master l’ho dedicata alla storia della formazione, sviluppo e stato attuale del Museo d’arte della Svizzera italiana. In quel periodo sono venuta due volte in Ticino, per raccogliere le fonti, sia a Lugano sia a Comologno. Così, quando è iniziata la guerra ho preso la decisione di trasferirmi a Lugano».
Una decisione repentina, ci racconta. «La guerra è scoppiata il 24 febbraio 2022 e noi siamo partiti il 2 marzo. Eravamo convinti che tutto sarebbe finito in qualche giorno, ma poi sono iniziati i bombardamenti di Kyiv, in certi quartieri della città erano arrivati i soldati russi. I negozi alimentari si sono vuotati subito, lo stesso era successo in farmacia dove dovevo aspettare delle ore per comprare le medicine di cui i miei genitori avevano bisogno. Lo spazio aereo era stato chiuso, così abbiamo deciso di partire in treno. Mentre eravamo lì, la zona della stazione è stata bombardata. Al momento dello scoppio tutti siamo caduti per terra, e sinceramente in quel momento ho pensato che sarebbe stato l’ultimo giorno della mia vita. A causa dell’affollamento non siamo riusciti a salire sul treno per la Polonia, quindi siamo andati a Leopoli dove siamo rimasti quattro giorni a dormire su un pavimento. E poi, a tappe, siamo arrivati in Ticino».
Una scelta non casuale per AdM, come ci spiega. «Le origini della mia famiglia mi hanno spinto a interessarmi al fenomeno migratorio degli architetti, degli artigiani e degli artisti ticinesi in Ucraina e al loro rilevante contributo all’architettura e alla cultura artistica locale. Per questa ragione mi ritengo fortunata di aver trovato questo impiego presso l’Archivio del Moderno (AdM), dove lavoro dall’aprile 2024 come ricercatrice assistente, partecipando a un progetto sugli architetti di cultura italiana, e in particolare ticinesi, che lavorarono a Odessa tra il 1794 e il 1905, tra cui Aleksandr Bernardazzi, Francesco Boffa, i fratelli Francesco e Giovanni Frapolli, Giorgio Torricelli. Sono molto contenta di poter collaborare con la nostra direttrice, Letizia Tedeschi, con il vicedirettore, Nicola Navone, che è anche docente all’Accademia di architettura di Mendrisio, e con i miei colleghi. Le mie mansioni comprendono l’assistenza nell’organizzazione dei progetti di ricerca, le relazioni con gli studiosi e le istituzioni ucraine, la traduzione dall’ucraino all’italiano e viceversa, la partecipazione alle attività di ricerca. I primi frutti di questo progetto, ancora in corso, si possono trovare sul web, all’indirizzo www.architettiticinesi-ucraina.ch, nella versione italiana e inglese, e dal giugno 2024 anche nella versione ucraina».
Dal passato al presente, al futuro. Cosa faranno i Balmeli, provvisoriamente massagnesi, una volta che la guerra sarà finita? «Ho perso il mio impiego in Ucraina (manager nel campo dei progetti per la realizzazione di impianti fotovoltaici) e sono stata costretta a ricominciare tutto. Sono stata fortunata a trovare un lavoro legato all’arte, agli architetti ticinesi, adesso la mia vita è qua. I miei genitori, invece, vorrebbero tornare: a loro manca tanto la patria, me lo dicono ogni giorno, nonostante la nostra riconoscenza alla Svizzera e al Ticino per averci accolto nella terra che fu dei nostri antenati».