Un 33enne del Luganese è accusato di aver smerciato ingenti quantitativi di droga fra San Gallo e Ticino. La sentenza è attesa giovedì 29 agosto
Un’altra pedina di quel mosaico di spacciatori al centro di un’inchiesta iniziata nel novembre 2022 è comparsa oggi in aula. Dopo i tre giovani giudicati a metà luglio, questa volta, a Mendrisio, davanti a Siro Quadri, presidente della Corte delle Assise criminali di Lugano, è comparso un 33enne di Lugano. A suo carico c’è l’accusa di infrazione aggravata e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti, guida in stato di inattitudine e infrazione alla Legge federale sugli agenti terapeutici.
Nello specifico, stando da quanto emerso in aula e dall’atto d’accusa firmato dal procuratore pubblico Nicola Borga, l’uomo nell’ottobre 2011 avrebbe detenuto un chilo di cocaina in casa sua e, tra il 2021 e gennaio 2024, dopo aver passato diversi anni in Repubblica Dominicana – Paese natio, sebbene l’imputato sia cittadino svizzero –, avrebbe venduto almeno 93 grammi di tale sostanza. Inoltre tra agosto 2023 e gennaio 2024 avrebbe trasportato 524 grammi di cocaina dal Canton San Gallo al Ticino. E proprio nell’ultimo viaggio è stato intercettato dalla Polizia cantonale che lo ha trovato con 279 grammi di cocaina. A collegare il 33enne con gli altri tre spacciatori condannati, ci sarebbe un altro uomo che riceveva i soldi della vendita di cocaina dai ‘pesci piccoli’, presentato a uno di loro proprio dall’imputato.
Per il pp, il 33enne – che da quanto ha dichiarato in aula ha avuto problemi con il gioco d’azzardo –, «dalle intercettazioni è emerso che era ampiamente coinvolto nello spaccio di cocaina del Luganese ed era molto conosciuto nel giro». Inoltre, in un’occasione Borga ha specificato che ha prestato del denaro al capo della rete che ha utilizzato «per comprare della cocaina in Lombardia». La colpa è quindi da ritenersi grave sia dal profilo oggettivo che soggettivo e «tenuto conto anche che non ha fornito la benché minima collaborazione» ha richiesto una pena complessiva di 4 anni di carcere.
Per il difensore Tommaso Manicone, il 33enne «non ha fornito tutti i nomi per paura di ritorsioni contro la sua famiglia». Del quantitativo esposto dal pp, «solo 44 grammi li ha venduti, mentre il resto era per il suo fabbisogno personale, data la sua forte dipendenza». Pertanto l’avvocato ha proposto una pena che sia interamente sospesa perché, a differenza di quanto sostenuto dal pp, ha affermato che il suo assistito ha «collaborato con le autorità rivelando comunque diversi nomi dello spaccio ticinese». Giovedì la Corte composta anche dai giudici a latere Chiara Ferroni ed Emilie Mordasini, si riunirà per la sentenza.