Il gerente del negozio chiude i battenti e si sfoga anche contro lo Stato e la politica, perché non si impegnano nell'aiuto ai piccoli commerci
“Il mercante di sogni” chiude i battenti. È un addio quello di Peter Gross, 60enne gerente del negozio in via Geretta 3 a Paradiso. I conti non tornano e lo hanno costretto ad abbassare definitivamente la serranda, sabato scorso. Eppure, complici la liquidazione e i prezzi ribassati del 50%, nell’ultimo mese l’incasso è stato ottimo. Peccato che tanti clienti si son fatti vivi soltanto in prossimità della fine dell’attività. Un’attività commerciale avviata alcuni anni fa a Besso, dove è naufragata ed è stata costretta a trasferirsi a Paradiso. Tuttavia, nemmeno il trasferimento ha dato i frutti sperati. La chiusura dell’attività è stata annunciata in un commento su Fb a un articolo pubblicato sulla ‘Regione’, che parla di un commercio a Bellinzona destinato alla cessazione.
Quello di Gross, è un sogno che si è infranto contro la rigidità del muro ‘istituzionale’. Il gerente ci illustra i motivi della chiusura del suo negozio di gioielli, bigiotteria, accessori per la casa: «Il commercio fatica, ma lo Stato latita e non ci aiuta». Ci spieghi meglio, come mai si è trasferito da Besso a Paradiso? «In teoria, avrei voluto chiudere il negozio già oltre tre anni fa, perché la Città di Lugano ci ha tolto i posteggi di fronte al negozio, ha avviato lavori durati un anno e nessun cliente entrava più». Il mercante di sogni era nei pressi della piazzetta San Nicolao, inaugurata nel maggio del 2019, in un luogo immaginato per la popolazione. «La nuova situazione, però, mi ha costretto a chiudere, come successo anche all’edicola, per gli stessi motivi. Avevo chiesto un aiuto alla Città ma ho ricevuto poco. In seguito, ho individuato uno spazio in via Geretta 3 a Paradiso, l’affitto non era troppo elevato, al contrario, il proprietario del palazzo ci è venuto incontro. Nel frattempo, però, è arrivata la pandemia».
Ha richiesto il sostegno statale per il Covid? «L’ho chiesto ma ho ricevuto poco, visto che a causa dei lavori quando il negozio era a Besso, gli incassi sono stati oltremodo modesti prima della pandemia. Ora mi ritrovo con un debito da saldare con gli interessi. Per me è stata una delusione, siamo stati obbligati a chiudere il negozio. Per me è stato un disinganno, per il quale non ci sono parole. Da cittadino svizzero mi sarei aspettato di più da parte dello Stato, credo che in Italia i commercianti siano stati trattati meglio. La politica ha parlato tanto, ma ha combinato poco – si sfoga l’oramai ex gerente –. Riuscivo a malapena a coprire le spese e a versare il salario a una dipendente. Quando stavamo per chiudere e abbiamo messo in liquidazione i prodotti al 50% dei prezzi, è arrivata una fiumana di clienti».
Un vero peccato, soprattutto per la dipendente che ci lavorava... «Già, tanti ci hanno detto ‘che peccato, perché a Paradiso eravate l’unico negozio che proponeva oggetti particolari, diverso dagli altri’», ci racconta Gross. Nemmeno a Paradiso, Il mercante di sogni ha trovato terreno fertile. «Il commercio rappresentava la mia passione, così come lo era per la signora con la quale lavoravo. Tenevo in piedi il negozio per realizzare il mio sogno (da qui il nome del negozio) e dare opportunità di lavoro a persone. A Besso, il negozio aveva due dipendenti. Mi chiedo come possano continuare l’attività negozi che a Lugano versano 4 o 5’000 franchi al mese di affitto con magari due o più impiegati». Il gerente ci ha messo passione e tanti soldi nell’attività: «Ho un altro impiego e tutto il mio stipendio lo investivo nel negozio: ora mi ritrovo con un pugno di mosche in mano e debiti da saldare».
Quali erano i vostri prodotti? «Non la solita merce che si trova quasi ovunque, su internet o nei grandi magazzini, ma oggetti difficilmente rintracciabili sul mercato. Siamo stati i primi a vendere gioielli di Giovanni Raspini e tra i primi a proporre lampade fatte a mano provenienti dalla Grecia. Cercavamo l’esclusività dell’offerta – risponde Gross –. Purtroppo, è andata male. Neanche gli istituti sociali ti vengono incontro quando si accorgono che l’attività fatica. Anzi, ho pure ricevuto un precetto esecutivo lo scorso dicembre, proprio dagli istituti assicurativi, per un premio che oltretutto era pure stato pagato, anche se con un po’ di ritardo. Già la situazione non era rosea e tutti mi ha remato contro, soprattutto le istituzioni, per tasse, imposte e contributi. Per cui, ho deciso che ‘basta così’».
In questo contesto economico sfavorevole, con l’incremento dei costi che è riversato sui clienti, sono diversi i commerci che si stanno ponendo le stesse domande. La dipendente ha 62 anni. «Ho tirato avanti finché ho potuto, malgrado i debiti accumulati. Mi dispiace soprattutto per lei, perché dovrà affrontare l’ufficio di collocamento che tratta male le persone prossime alla pensione, che vorrebbero lavorare ma non hanno più speranze di trovare un’altra occupazione. Trovo assurdo che si debba costringerle a sprofondare nella vergogna con l’obbligo di riempire formulari e di frequentare inutili programmi occupazionali. Quando una persona ha lavorato per un vita ed è vicina alla pensione, dovrebbe essere lasciata in pace». Gross immagina un futuro a tinte fosche: «Il Paese sarà pieno di ricchi e di migranti, senza la classe media che oggi si carica tutto sulle spalle. Non dovrebbe sorprendere che tanti svizzeri lascino il Paese definitivamente».