Lo chiedono formalmente al Municipio di Lugano gli avvocati Wicki, proprietari del Palazzo Riva. Fa discutere anche la copertura di un porticato.
Sorpresa e disorientamento. Sono i sentimenti che prova chiunque giunga in piazza Cioccaro, in pieno centro storico di Lugano, dalla funicolare dalla via Cattedrale, da via Motta o dalla via Pessina. Da una decina di giorni è sorta una casa di legno, che pare uno chalet, davanti al Palazzo Riva, edificio del Seicento, che è protetto a livello locale, cantonale e federale. Per quello che appare come uso privato spropositato del suolo pubblico, ci si chiede in base a quale direttiva la Città abbia potuto concedere ai fratelli Gabbani di costruire una struttura del genere. Ora, il Municipio è chiamato a prendere posizione in merito a tre lettere di protesta giunte in cancelleria. Una di queste missive, è stata firmata dagli avvocati Wicki, proprietari dello storico palazzo, che chiedono formalmente all’esecutivo la rimozione immediata della casetta.
Interpellato dalla ‘Regione’ in merito al consenso della Città, il sindaco di Lugano Michele Foletti dichiara che in effetti «non abbiamo rilasciato una licenza edilizia, ma è stato concesso un permesso speciale di polizia, in base alla nuova legge sugli esercizi pubblici». Come se fosse una buvette. Di fatto, però, la costruzione non è proprio come una buvette. Gli avvocati hanno scritto pure all’Ufficio beni culturali del Cantone. Nel massimo rispetto nei confronti dell’intraprendenza degli imprenditori che gestiscono l’esercizio pubblico e che hanno investito parecchio denaro, i proprietari dell’edificio evidenziano una serie di questioni che paiono al limite della legalità. Di fatto, quella costruzione, questo lo può notare chiunque, oscura il palazzo e i negozi al pianterreno dell’edificio, ai quali è di conseguenza arrecato un danno economico in un periodo particolarmente interessante dal profilo commerciale, come quello natalizio. Poi, come detto, la costruzione dello chalet è avvenuta senza alcuna domanda edilizia, né notifica ai confinanti. Un avviso sarebbe tuttavia obbligatorio, anche se la struttura è provvisoria. La piattaforma che i Gabbani hanno potuto posare nello stesso luogo, con il permesso speciale del Municipio, al centro della piazza prima della pandemia, è invece sottoposta a una concessione comunale annuale e rinnovabile.
Non solo. La struttura non rispetta nemmeno il perimetro di rispetto del bene culturale e consente comunque agli esercenti di ampliare in maniera consistente gli spazi per i potenziali ospiti dell’esercizio pubblico, tanto da configurare una potenziale concorrenza sleale. Gli avvocati hanno pure chiesto al Municipio che fine abbia fatto la loro opposizione contro la domanda di costruzione in sanatoria presentata dagli esercenti alcuni anni fa durante la ristrutturazione dell’hotel, in cima al quale è stata ricavata una terrazza. Una domanda di costruzione in sanatoria, che secondo nostre informazioni sarebbe stata ritirata, ma l’ampia terrazza è nel frattempo stata realizzata. Al di là di questa storia ‘passata’, gli avvocati sostengono che, da parte dell’autorità politica, ci sarebbe stata, inoltre, una violazione della parità di trattamento. Eppure, ai Gabbani, come agli altri esercenti della Piazza della Riforma, è stata concessa la posa della casetta per le mescite nel periodo natalizio. Le aperture del porticato attraverso il quale si accede alla Prosciutteria da Lino, però, sono state chiuse con pareti di legno. Anche questa discutibile copertura, che è stata concessa a patto di garantire il passo pubblico, sarà un tema che affronterà il Municipio di Lugano.
Oltre all’intraprendenza, forse eccessiva, dei Gabbani, a far discutere è anche la procedura adottata dall’esecutivo, senza concorso, per attribuire direttamente agli esercizi pubblici le casette per le mescite. Dopo aver discusso con GastroLugano, spiega il sindaco, «il Municipio ha deciso di procedere in questo modo, alla luce dei problemi capitati quando le casette per la mescita venivano messe a concorso, con la successiva estrazione. Chi non gestisce un ristorante in piazza, non può avere toilette né un ‘back up’». Cosa succedeva? «Tutti i liquidi finivano nei tombini – risponde Foletti –. Era un andirivieni, perché chi non gestisce un esercizio pubblico in piazza, non aveva la toilette né la possibilità di lavare i bicchieri. Per queste questioni di ordine logistico, di ordine pubblico e di igiene abbiamo concesso il permesso di mescita in piazza soltanto agli esercizi pubblici della piazza, tramite attribuzione diretta, perché peraltro pagano la tassa per l’uso dell’area pubblica tutto l’anno».
Per quanto riguarda le casette del mercatino di Natale, invece, la procedura, anche in questo caso un po’ al limite, è quella usata negli anni scorsi. «Procecediamo con un avviso di partecipazione, per gli interessati che possono inoltrare la propria candidatura. C’è in effetti, forse un problema di discriminazione, legato all’avviso in cui c’è scritto che viene privilegiato chi ha già partecipato – riconosce il sindaco –. Diversamente, sarebbe tuttavia improponibile, perché, altrimenti, se dovessimo procedere con il concorso in base alla legge sulle commesse, dovremmo pubblicare in gennaio il bando. Sarebbe data la possibilità di fare ricorso a più livelli. Questo comporterebbe il forte rischio di restare senza casette di Natale».