Luganese

Statue dell’antichità a New York, mancano prove per condannarli

Un 51enne e un 80enne sono stati prosciolti a Lugano dalle accuse di truffa, subordinatamente appropriazione indebita, per una compravendita sospetta

La statuetta di bronzo al centro della vertenza
(Flickr)
24 ottobre 2023
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Prosciolti, per mancanza di prove a loro carico. Si è concluso senza condanne il processo a carico di un 51enne svizzero del Mendrisiotto e un 80enne italiano residente nel suo Paese, ma che per lungo tempo aveva vissuto a Lugano, implicati in una curiosa e misteriosa vicenda relativa a due statue. Non due statue qualsiasi, ma due bronzi di epoca romana raffiguranti una bimba e una pernice oggi esposti al Metropolitan Museum of Art di New York. I due erano accusati di truffa, subordinatamente appropriazione indebita, per essersi intascati 1,5 milioni di dollari – poco meno di 1,4 milioni di franchi – in una controversa compravendita. Ma il presidente della Corte delle Assise correzionali Amos Pagnamenta ha fatto cadere le accuse.

La vicenda ha il fascino di un giallo. Il mistero principale riguarda le origini delle due statue, sulle quali le due versioni discusse in aula divergono notevolmente e – come sottolineato dal procuratore pubblico Daniele Galliano – «nessuna delle due è credibile». Secondo il 51enne, le opere sarebbero appartenute da generazioni alla sua famiglia, mentre secondo l’accusatore privato sarebbero state rinvenute dal nonno sul finire degli anni Sessanta in un terreno in Spagna. «In realtà – osserva il pp –, questo aspetto resta un grosso punto interrogativo. L’ipotesi più credibile è che siano state prelevate da un sito archeologico spagnolo vicino alla città di residenza dell’accusatore privato».

Il trasporto senza documenti

Sia come sia, tra il 2006 e il 2007 gli antichi manufatti emergono durante un incontro fra l’80enne e l’accusatore privato e a casa di quest’ultimo in Spagna vengono scattate delle fotografie, che comprovano il cattivo stato di conservazione dei due bronzi. Questi vengono dunque consegnati all’80enne affinché potesse farli restaurare per poi rivenderli con l’accordo verbale che il guadagno sarebbe stato diviso equamente fra le parti. Da lì, le due opere vengono dapprima trasportate a Londra e poi arrivano in Ticino, il tutto senza mai essere accompagnate da documenti che ne attestassero la provenienza, come evidenziato da Galliano. Siamo nel 2012 ed è a questo punto che entra in gioco il 51enne. Non solo perché le opere vengono riposte a casa sua, ma anche perché i due, per l’accusa, avrebbero dunque ideato una truffa ai danni dell’accusatore privato con l’intento sostanzialmente di assicurarsi l’intero guadagno dei due oggetti di valore.

In breve, secondo il pp, i due avrebbero allestito una serie di documenti falsi atti a far risultare che le due statue sarebbero invece appartenute da generazioni alla famiglia del 51enne, inscenando anche una conoscenza fittizia con il noto collezionista Giovanni Züst al fine di rendere ancor più credibile la storia. Storia alla quale credono gli acquirenti: la casa d’aste Christie’s, che in una trattativa privata acquista i due bronzi per 3 milioni di dollari. Ma la metà dell’importo non va al presunto possessore originario delle opere, lo spagnolo, come da accordi iniziali e da lì l’accusa di essersi intascati 1,5 milioni indebitamente.

Denuncia partita nel 2018

Come conseguenza, quest’ultimo nel 2018 sporge denuncia, che sfocia dapprima in un non luogo a procedere emesso dall’ex procuratrice pubblica Fiorenza Bergomi. Il denunciante impugna la decisione e la Corte dei reclami penali (Crp) la annulla ma il nuovo procuratore pubblico, già Galliano, emette a sua volta nel 2021 un decreto d’abbandono. E anche questo viene annullato dalla Crp, arrivando così al processo. Un dibattimento durante il quale il pp non ha nascosto le proprie perplessità riguardo alle due versioni. Quella degli imputati in primis. «Poco credibile che non vi siano foto di famiglia (del 51enne, ndr) nelle quali compaiono i due bronzi né tanto meno pareri di esperti se davvero gli antenati erano collezionisti d’arte. Ancor più insolito, per non dire assurdo, che due statue dal valore milionario siano state scambiate nei parcheggi di un centro commerciale (fra i due imputati, ndr)».

«Ancor più fantasiosa la versione dell’accusatore privato – ha tuttavia aggiunto il pp –, sono numerose le incongruenze fra la denuncia e i verbali di interrogatorio». Pur ammettendo che le ipotesi di reato sono traballanti, Galliano ha comunque formulato una richiesta di pena di 24 mesi e di 18 mesi sospesi rispettivamente per il più giovane e per il più anziano fra gli imputati. A dare il carico si è aggiunto l’avvocato dello spagnolo, Giacomo Fazioli, che ha invece messo l’accento sulle contraddizioni degli imputati, del 51enne in particolare, affermando che l’inchiesta avrebbe messo in evidenza la loro «scaltrezza e il loro egoismo: le hanno pensate tutte per defraudare il mio assistito». Fazioli ha poi sottolineato le mail che si sono inviati gli imputati e il figlio dell’80enne relativamente alla storia da costruire e delle registrazioni telefoniche che dimostrerebbero come lo spagnolo si aspettasse di essere pagato.

Registrazioni telefoniche non valide

Le registrazioni sono tuttavia state contestate dalla difesa. «Sono state costruite ad hoc per dar corpo alla loro tesi e non c’è nessuna garanzia che non siano state manomesse» per l’avvocato Edy Grignola. Il legale ha poi sottolineato come pure le mail fossero in realtà posteriori rispetto alla documentazione già consegnata alla Christie’s, aggiungendo che non ci sarebbero elementi per stabilire la proprietà delle statue da parte dell’accusatore privato. «E se anche fossero state sue – ha detto citando una legge spagnola – in quanto beni archeologici trasportati all’estero senza autorizzazione, sarebbero diventati proprietà dello Stato». E non essendo state sue, non si configurerebbe un reato patrimoniale.

Un grande mistero, nel quale nemmeno Pagnamenta ha potuto fare molta chiarezza. Non potendo accertare i fatti, il giudice ha prosciolto i due uomini in virtù del principio in dubio pro reo, sottolineando tuttavia che i reati sarebbero eventualmente databili al 2007 e che sarebbero in ogni caso prescritti, mentre nel 2012 le opere già appartenevano al 51enne e quindi i reati non sarebbero dati.