Un 32enne del Luganese è stato riconosciuto colpevole di aver trasportato oltre mezzo milione di franchi fra Italia e Svizzera: pena pecuniaria sospesa
«Ha agito meramente per scopo di lucro, pur avendo possibilità economiche e intellettuali che avrebbero dovuto trattenerlo dal delinquere». Così ha sentenziato oggi il presidente della Corte delle Assise criminali Amos Pagnamenta nei confronti di un 32enne italiano del Luganese che tra il dicembre 2019 e l’agosto 2020 ha importato dall’Italia alla Svizzera come minimo una somma quantificata in oltre 500mila franchi. Denaro ‘sporco’: si tratta infatti di provento di traffico di cocaina, gestito da un’organizzazione criminale albanese. Reato per il quale all’imputato è stata comminata una pena pecuniaria sospesa.
L’accusato è attivo nel commercio di Cbd (un prodotto della cannabis che non è soggetto alla legge sugli stupefacenti) e fino a prima dei fatti era ancora incensurato in Svizzera, condannato invece in Italia per guida in stato di ebbrezza. Proprio a causa dei suoi affari sarebbe entrato in contatto con i malavitosi. Durante la ricostruzione fatta in aula dal 32enne stesso, è emerso che questi delinquenti dicevano di volta in volta all’uomo dove recarsi a Milano, Torino, Roma o altri luoghi. Lì, gli veniva consegnato il denaro, spesso in una busta, da portare in Svizzera. I transiti transfrontalieri avvenivano attraverso valichi non presidiati, come quello di Brusino Arsizio dove è stato fermato in un controllo casuale delle Guardie di confine ad agosto 2020. In totale i viaggi sono stati una dozzina. Al fermo, il 32enne aveva con sé quasi 98’000 euro, fortemente contaminati di cocaina.
Durante la requisitoria la procuratrice pubblica Chiara Buzzi ha affermato che l’imputato «utilizzava un telefono criptato per comunicare con i malavitosi e mediamente percepiva come provvigione il 3% di ogni trasporto che realizzava». In tal modo, egli avrebbe guadagnato complessivamente tra i 15’000 e i 20’000 euro. Tuttavia, sia i mandanti sia i riceventi sono rimasti ignoti. Il condannato non ha infatti voluto indicare chi gli ha dato il denaro: «Non lo sapevo e non lo so tuttora. Non so quantificare quanti soldi trasportavo poiché erano contenuti in una busta e non ho mai presupposto che fossero soldi provenienti da crimini». Un atteggiamento che è stato definito poco collaborativo, se non omertoso, sia dalla pubblica accusa sia dalla Corte e che è stato spiegato dal 32enne con presunti problemi che avrebbe già avuto con questi criminali in passato e con la paura per l’incolumità della propria famiglia.
Tra le accuse mosse nei suoi confronti c’era anche un’infrazione alla Legge federale sugli stupefacenti per avere, per conto dei predetti trafficanti di droga, trasportato dal canton Zurigo a Lugano e custodito nella propria abitazione quasi 31 chili di hashish. Nel frattempo però questa infrazione è stata stralciata perché lo stupefacente in questione conteneva una percentuale di Thc che oggi è considerata legale. Per la pp, tuttavia, questo dimostra che l’accusato era facilmente a disposizione e che «a suo tempo si è prestato per attività illegali» dunque doveva sapere dell’origine illecita di quei soldi.
«Non era ai vertici, ma ha dato un contributo senza porsi domande. Come attenuante ha il fatto che non ha modificato la struttura dell’automobile per nascondere i soldi, ma li aveva semplicemente in una borsa» ha proseguito poi Buzzi, chiedendo una pena di 15 mesi sospesi condizionalmente per 2 anni di prova. Per l’avvocato della difesa Francesco Barletta, l’imputato andava invece prosciolto, in quanto «il mio assistito non poteva presupporre che dietro ci fosse un traffico di cocaina. Non abbiamo inoltre cifre concrete neanche sugli importi di denaro trasportato». Per il giudice, tuttavia, «sapeva che il denaro proveniva da attività illegali» e anche se i soldi si trovavano in una sacca non nascosta sono da considerarsi comunque «occultati». La pena comminata da Pagnamenta è di 180 aliquote di 1’000 franchi sospesi per 2 anni, nonché 1’000 franchi di multa.