Approdato in aula il caso, risalente a otto anni fa, di presunto abuso di potere da parte di due agenti di polizia
Non è facile ricordare i fatti a distanza di otto anni, e per i due imputati sembra non essere facile rievocare i fatti avvenuti nel 2015, anno in cui sono accusati di aver malmenato un venditore di rose pachistano. I due agenti, presenti mercoledì in aula della Pretura penale di Bellinzona, sono un 42enne in forze alla Polizia Malcantone ovest, già coinvolto in altri procedimenti e difeso dall'avvocata Maria Galliani, e un 41enne, tutt'ora impiegato nella Polizia della Città di Lugano, rappresentato da Luca Gandolfi. Entrambi sono accusati di abuso di autorità per i fatti sopracitati, mentre sul 42enne pende anche l'imputazione di lesioni semplici, per aver causato la rottura del timpano dell'ambulante durante il pestaggio. Quest'ultimo, presente al procedimento come accusatore privato e rappresentato dall'avvocato Nadir Guglielmoni, sarà sentito nel pomeriggio. Per entrambi gli imputati sono state chieste pene pecuniarie, sospese per due anni.
Come detto, gran parte dell'interrogatorio è stato contraddistinto da svariati «non ricordo», del tutto comprensibile vista la distanza dai fatti. Ad ogni modo, entrambi gli agenti contestano i fatti e il 41enne ha avanzato l'ipotesi che l'accusatore abbia «tirato su questo polverone» con l'intenzione di essere risarcito finanziarmene. «Per me è stata una situazione surreale – ha dichiarato davanti al giudice Simone Quattropani –, perché nonostante quello di cui sono stato accusato, in seguito mi si avvicinava e diceva che in fondo ero bravo e che dovevo dargli una mano con i soldi. Ho avuto l'impressione che venisse imbeccato da qualcuno, perché affermava di avere amici che lo avrebbero aiutato a rimanere in Svizzera».