Luganese

Condannato a due anni il truffatore ludopatico

L'uomo in circa dieci anni aveva ingannato una trentina di persone, arrivando a sottrarre milioni di franchi che ha poi speso al gioco

In sintesi:
  • Respinta la perizia psichiatrica per comprovare la ludopatia come attenuante
  • L'uomo si è autodenunciato nel 2017 a causa di problemi di salute
Il banco vince sempre
(Ti-Press)
2 ottobre 2023
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Oltre trenta persone truffate, per poter alimentare la propria dipendenza dal gioco. E non si parla di spiccioli, dal momento che il cittadino italiano – processato quest’oggi alla Corte delle Assise criminali di Lugano – avrebbe truffato per almeno 1,4 milioni di franchi (per circa 500mila, il reato è caduto in prescrizione), garantendo ai clienti di investire il denaro, promettendo loro lauti guadagni. Si è scritto almeno, perché il maltolto potrebbe essere molto più alto, dato che le modalità della truffa hanno creato non poche difficoltà alla Procura nel ricostruire tutti i fatti.

«Un’inchiesta piena di buchi» è stata infatti la definizione del giudice Marco Villa, che ha presieduto la Corte. Per il 59enne, è stata decisa una pena di 24 mesi per truffa per mestiere, sospesa con la condizionale per due anni, mentre la procuratrice pubblica Caterina Jaquinta Defilippi aveva chiesto che venissero scontati sei mesi, su una pena richiesta di due anni e nove mesi. L’avvocato della difesa Giuseppe Gianella, si era invece battuto per una condanna interamente sospesa.

Respinta la perizia psichiatrica

La difesa ha puntato molto sulla presunta ludopatia dell'imputato come una potenziale attenuante, al punto da richiedere una perizia psichiatrica che comprovasse l’autenticità della malattia. Richiesta però respinta dalla Corte, che ha ritenuto non vi fossero gli estremi per giustificarla. «Non è uno sprovveduto – ha dichiarato la pp durante la requisitoria –. Ha imparato il mestiere di procacciatore di clienti, lavorando per diverse fiduciarie negli anni 90 e 2000, e ha poi utilizzato le competenze acquisite per la sua attività criminale». Il modus operandi del 59enne era attento e meticoloso: si faceva versare i soldi dalle sue vittime in contanti, e seguiva l’andamento del mercato per giustificare le perdite dei soldi, che usava per mantenere la società di consulenza di cui era titolare e la propria dipendenza dal gioco. Ai tavoli verdi del casinò di Campione, l’uomo si recava con costanza a giorni alterni, e la stessa casa di gioco avrebbe confermato vincite superiori ai tre milioni di franchi tra il 2008 e il 2017, anni della sua attività criminale. Nello stesso periodo, l’imputato vi si sarebbe recato almeno 1’500 volte. Rimane, però, ignota la cifra persa dall’uomo, ma è facile presupporre che sia superiore.

‘Non ha imparato la lezione’

L’uomo si è autodenunciato nel 2017, «dopo oltre dieci anni di indisturbata attività criminale – ha sentenziato la pp –, non per scrupoli morali ma a causa dei suoi problemi di salute (all’uomo era infatti stato diagnosticato un tumore al cervello ndr), e perché il buco causato era ormai troppo grande». Prima di consegnarsi alle autorità, l’uomo avrebbe distrutto parte dei contratti dei propri clienti, rendendo difficoltoso, e talvolta impossibile, risalire alle vittime e all’importo totale del maltolto. Da allora, dopo aver trascorso 43 giorni in carcerazione preventiva, il 59enne si è dedicato all’attività di tassista notturno. Incalzato dal giudice, l’imputato ha confessato di continuare a recarsi al casinò, dove insieme ai colleghi gioca piccole somme alle slot machine. «Risulta evidente – ha affermato Villa – che non ha imparato la lezione, perché dopo aver causato un buco milionario, continua ad andare a giocare, anche se per pochi franchi».

Diverse le attenuanti

A vantaggio del condannato è andata la scarsa efficienza dell’inchiesta – tutte le parti hanno infatti convenuto sulla violazione del principio di celerità –, e il lungo lasso di tempo trascorso dai fatti è stato ritenuto un’attenuante da parte della Corte. «La colpa è grave sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo – ha dichiarato Villa –, in particolare per la ripetitività dell’agire, l’importo elevato e il gran numero di persone truffate con un metodo ben congegnato, oltre che per aver usato i soldi per motivi poco onorevoli. Sono state considerate come attenuanti la distanza dai fatti, l’autodenuncia e la seguente collaborazione, oltre che le condizioni di salute».