Proprio questo rischio è giudicato ora ‘effettivo e preoccupante’ in una nota, che spiega perché non è stato reso pubblico il suicidio di Arash
“Rischio di emulazione effettivo e preoccupante”. La Croce Rossa Svizzera del Sottoceneri (Crss) torna a prendere posizione sul caso del 20enne afghano suicidatosi settimana scorsa nel centro di accoglienza di Cadro, da loro gestito su mandato cantonale, e lo fa stavolta con un comunicato. Una nota contenente diverse precisazioni. In primo luogo spiegando che la triste vicenda di Arash, il richiedente l’asilo che si è tolto la vita, è la “prima all’interno dei suoi centri”. E poi ribadendo i motivi per i quali non ha voluto entrare nei dettagli del caso: “A tutela della famiglia e della persona che purtroppo ha perso la vita lo scorso 11 luglio”.
Oltre a questo, Crss aveva deciso di non rendere pubblico il tragico evento anche per evitare il rischio di emulazione, si legge. “Oggi, suo malgrado, Crss è obbligata a prendere posizione, e se ne dispiace; i continui attacchi da parte di alcune persone, così come la continua eco mediatica, hanno generato esattamente l’effetto che si voleva evitare, cioè quello del rischio di emulazione. Ora, nei centri della Crss, la vicenda e quanto affermato contro l’operato di Crss, in particolare dall’avvocato Iglio Rezzonico (la quale continua a interagire in modo assai opaco con i richiedenti asilo ospiti dei centri di Crss), hanno fatto sì che divenisse appunto effettivo e preoccupante il rischio di emulazione”. La Crss si sente dunque sotto accusa: “Gli attacchi ingiustificati a Crss fomentano dinamiche disfunzionali all’interno dei centri. Le persone, assai vulnerabili, che quotidianamente vengono prese a carico dal personale rischiano di perdere la fiducia di fronte a una narrazione contraria ai fatti e spesso interessata. Crss precisa che è inveritiero quanto indicato a proposito di dati e di cifre, e sono del tutto infondate le accuse di una presa a carico insufficiente da parte di Crss”.
Il comunicato ribadisce poi alcuni concetti già espressi nei giorni precedenti sul caso specifico di Arash: “Crss ha preso a carico il ragazzo rapidamente, con empatia e professionalità (non è stato affatto lasciato da solo, senza alcun sostegno, isolato) cercando di sostenerlo in ogni modo, con l’attivazione di una rete medica, di una rete sociale e di una rete psicologica. La sua grande difficoltà ad aderire a tutte le forme di aiuto messe in campo non ha fatto mai desistere Crss né con lui né, peraltro, con nessun ospite dei centri che abbia manifestato disagio. Crss non intende tornare sul caso specifico, perché trova l’accanimento attuale non rispettoso della sua memoria e neppure della famiglia (residente in Afghanistan, e alla quale dovrebbe venir riconsegnata la salma grazie al tramite della Crss, ndr), provata da un lutto che viene amplificato dall’eco mediatica e da qualche strumentalizzazione di troppo”.
Infine, Crss si dice “aperta al dialogo e alla critica”, “pronta a migliorarsi e regolarmente discute con le istituzioni per trovare soluzioni che rispondano alle tante difficoltà delle persone che arrivano nei centri. Come già detto nei giorni scorsi da altre persone (il riferimento è principalmente a Sos Ticino, da noi intervistati, che si occupano assieme alla Crss rispettivamente della seconda e della prima fase di accoglienza in Ticino, ndr), sicuramente ci sono strutture che mancano e misure supplementari che possono essere attivate. Crss fa tutto quanto possibile con le risorse disponibili, con competenza, umanità e soprattutto grande passione, forte dei suoi valori. Siamo convinti che sia importante portare avanti miglioramenti nella presa a carico dei richiedenti l’asilo, ma va fatto con un dialogo costruttivo, svolto ai tavoli competenti”.