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Arogno celebra la fondazione delle fabbriche di orologeria

Il Comune rievoca i fasti del monumento storico per la comunità, che portò benessere e ricchezza in paese e nel Ticino di metà Ottocento.

(© Archivio Storico della Memoria – ADMA)
19 maggio 2023
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C'era una volta una realtà industriale che diede lustro e benessere alla comunità di Arogno. Ci sono ancora le testimonianze architettoniche delle infrastrutture innalzate per realizzare prodotti di orologeria. L'autorità locale vuole rievocare i fasti di quei tempi, con la celebrazione del 150esimo della fondazione delle fabbriche che si svolgerà il prossimo 27 maggio. È trascorso un secolo e mezzo da quando Romeo Manzoni, docente di lettere e visionario originario di Arogno, propose al padre Alessandro di erigere l'edificio che, tramite appositi meccanismi, sfruttasse la forza dell’acqua che sgorgava dal Monte Sighignola. Per fare ciò, circa cento operai con le loro famiglie dovettero trasferirsi da Porrentruy, nel Canton Giura, di trasferirsi nel paese della val Mara. Questo ‘trasloco’ garantì al comune sulle pendici del Generoso decenni di stabilità e benessere economico.

Il 27 maggio ci saranno alcuni produttori locali e la giornata sarà segnata da una serie di eventi, che culmineranno in uno spettacolo teatrale, tratto dall’opera di Mario Delucchi ‘Le Fabbriche di Arogno’ della collana ‘Arogno racconta’ edita nel 2003, messo in scena dal regista Gaetano Agueci (già Rsi). Romeo Manzoni sarà una dei protagonisti dello spettacolo così come lo stesso Mario Delucchi e un gruppo di svizzero francesi che consentirono l'avvio della fabbrica. Lo spettacolo, come racconta il regista «è legato al mondo dei cantastorie. Ho chiesto di realizzare una grande tela dove verranno rappresentati alcuni momenti salienti della vicenda delle fabbriche – racconta il regista –. Sarà concepito come uno spettacolo di strada che si svolgerà nella Piázza Valécc, dove nel 1873 arrivarono gli svizzero francesi».

Tra il 1978 e il 1990, la fine di un'epoca

Lo spettacolo ripercorre dunque la storia delle fabbriche, che ha vissuto diverse epoche importanti, riassumibili in almeno quattro fasi principali. Nella prima, tra il 1872 e il 1873, Romeo Manzoni convinse i proprietari della fabbrica di ‘ébauches’ Challet & Frottez di Porrentruy, in serie difficoltà finanziarie, a trasferire l'attività ad Arogno. Quattro anni dopo, tra il 1887 e il 1888 la fabbrica Challez-Frottez-Manzoni & Co. cambiò nome e divenne A. Manzoni & Co. Nello stesso periodo, un gruppo d’operai si staccò dalla ditta principale e fondò la Società operaia cooperativa di orologeria Bettelini, Navoni, Cometta Ruggero & Co, conosciuta come la ‘Fabrichéta’. Infine, tra il 1978 e il 1990, si assistette alla fine di un’epoca: le fabbriche cambiarono proprietari, ci furono trasferimenti e, purtroppo, anche licenziamenti.

Testimonianze di un mondo che fu

Mario Delucchi è originario di Arogno e, come racconta a laRegione, ha sempre «pensato di scrivere e recuperare notizie storiche sul paese». Nel 2001 quando lasciò la propria attività professionale, come responsabile del settore elementare nel Dipartimento dell’educazione, decise di dedicarsi al recupero di notizie storiche. L’occasione giunse grazie alla lettura di un manoscritto di Adolphe Lécureux, uno degli operai delle fabbriche che si trasferì da Porrentruy ad Arogno, il quale raccontava il vissuto degli operai venuti dalla Svizzera romanda al Ticino. Il testo fu redatto in occasione del 50esimo anniversario delle fabbriche, avvenuto nel 1923, e descrive l’intero viaggio e tutta l’epopea del trasferimento dei macchinari e delle persone. Delucchi, in un’intervista rilasciata ad Alessandra Maffioli, riguardo alle emozioni di vedere una propria opera trasposta a spettacolo teatrale, afferma che «indubbiamente, constatare che, dopo vent’anni, il libro fa ancora parlare di sé è motivo di grande soddisfazione, non solo personale, ma credo per tutta la comunità di Arogno». L'intervista rilasciata da Mario Delucchi ad Alessandra Maffioli verrà inoltre proiettata integralmente all’infopoint della manifestazione, ovvero una casa del nucleo di Arogno che riunirà oggetti, fotografie; tutte testimonianze dirette della vita in fabbrica.

‘Fonte di guadagno e ricchezza’

La presenza delle fabbriche, sostiene il sindaco Emanuele Stauffer, fu una «realtà industriale che è stata vissuta molto bene, ma soprattutto che ha dato lavoro a tutta la valle e al paese di Arogno. Questo è avvenuto per più di 100 anni». Grazie alla presenza della sede di orologeria del Manzoni, Arogno ha avuto modo di rimanere un paese pieno di vita che non si è mai spopolato. Inoltre, altro grande fattore di notevole importanza, come evidenziato dal sindaco, le fabbriche, dopo un inizio difficile, divennero una notevole fonte di guadagno e ricchezza nel Ticino della seconda metà dell'Ottocento, dove l’industria ancora faticava ad avviarsi. La fabbrica, nei suoi tempi d’oro, impiegava circa 300 operai, la maggior parte ticinesi che con il tempo sono diventati abilissimi nel fabbricare componenti per orologi. Secondo quanto scritto nel libro di Mariacristina Scalcinati, dedicato a Romeo Manzoni, "Il movimento delle paghe è di circa 3'000 franchi al mese, ed è tutto denaro che resta in paese. La fabbrica (...) ha macchine per fabbricare oltre 600 dozzine di movimenti al mese".

‘Episodio e atto costitutivo della comunità’

Per quanto riguarda il lavoro all’interno delle fabbriche, Delucchi ricorda: «La mia mamma la sera lavorava per le fabbriche, ‘punzonando’ delle striscioline di ottone, dalle quali dovevano essere ricavate delle componenti di orologio. Questa era la realtà di moltissime donne ad Arogno. Anche mia sorella ha lavorato per sette anni in fabbrica, così come mio nonno Luigi, che, per 40 anni è stato supervisore degli operai. Non immaginavo che dietro alla realtà delle fabbriche ci fosse tutta questa incredibile storia», conclude l'autore del libro. Oggi, osserva Stauffer, «le fabbriche come edificio sono in mano a privati che stanno tentando di trasformare gli spazi in appartamenti. Nonostante ciò, le fabbriche, intese come monumento di vita industriale, rimangono un episodio storico da intendere come atto costitutivo della comunità cioè ciò che ha permesso alla collettività e alla comunità di sopravvivere».