Mai così tanti nella storia dell’ultracentenario Corpo. Il motivo? ‘Riteniamo che il trend sia legato al cambiamento climatico’, per il comandante Sala
Ancora un anno da record per il Corpo civici pompieri di Lugano. Dopo un 2021 di leggera flessione, nel 2022 gli interventi sono tornati a crescere superando un’ennesima volta la «soglia psicologica», come l’ha definita il comandante Federico Sala, dei 1’000. Tetto ampiamente oltrepassato, visto che gli interventi sono stati 1’596: mai così tanti nella storia dei militi. Numeri che suscitano qualche preoccupazione, in quanto specchio di quanto l’unico Corpo professionista in Ticino sia sempre più sollecitato. Tuttavia, «non siamo ancora di fronte a un’emergenza», ha precisato la capodicastero Sicurezza e spazi urbani Karin Valenzano Rossi, anch’essa intervenuta all’annuale retrospettiva dei vigili del fuoco cittadini.
Un anno di super lavoro dunque per i pompieri. Ma dovuto a cosa? «Riteniamo che quest’aumento degli interventi sia legato in larga parte al cambiamento climatico – replica il comandante –. Siccità e caldo anomali, ma anche bombe d’acqua sempre più frequenti. Pensiamo poi alle disinfestazioni: una volta c’era la stagione delle vespe e dei calabroni, ora gli interventi per queste casistiche possono essere spalmati per più tempo e in diverse parti dell’anno». E proprio le disinfestazioni sono all’origine del record, in quanto per la prima volta dal 2022 sono state conteggiate nel computo totale e non separatamente. Tuttavia, anche non tenendone conto il totale di interventi sarebbe stato di oltre 1’300.
Se le disinfestazioni si piazzano così al secondo posto della classifica, a legittimare il nome di vigili del fuoco saldamente al primo posto degli interventi di soccorso rimangono gli incendi. Sono stati 681 l’anno scorso, in forte aumento (+157) rispetto al 2021. Numerosi quelli boschivi, come quello in Malcantone del mese di gennaio, ma non solo. Le tipologie sono infatti diverse e spaziano dalla doppia esplosione verificatasi alla centrale elettrica delle Ffs sul Pian Scairolo (febbraio) al rogo alla prigione Farera (marzo), passando per i più banali incendi d’appartamento, «spesso dovuti a situazioni di disagio sociale», la puntualizzazione della municipale. In terza posizione i cosiddetti interventi Abc, ossia di protezione atomica, biologica e chimica, come possono essere le perdite di idrocarburi sul manto stradale o gli inquinamenti. Fra questi ultimi, aveva fatto particolarmente rumore l’importante sversamento di benzina nel fiume Cassarate (luglio).
Al quarto e al quinto posto gli interventi per eventi naturali, come ad esempio smottamenti, e salvataggi. I primi in particolare sono notevolmente cresciuti (+90) rispetto al 2021, superando così in classifica i salvataggi (rispettivamente 119 e 113 in totale). Sono state in totale 67 le persone salvate, ossia messe in sicurezza grazie ai pompieri dato che da soli non avrebbero potuto farlo, e 138 quelle evacuate da zone pericolose. Per 9 persone non c’è purtroppo stato nulla da fare e sono decedute. Sesto posto in classifica per gli interventi d’acqua (77), l’unica categoria che ha visto una diminuzione rispetto all’anno precedente (-47). Meno interventi forse, ma collegati a episodi particolarmente significativi, come le esondazioni che hanno toccato la Valle del Vedeggio tra agosto e settembre. Sono stati infine 69 gli interventi per ‘diversi’, come ad esempio incidenti o situazioni particolari.
In media, i Pompieri di Lugano nel 2022 hanno effettuato 4,37 uscite fuori caserma per interventi al giorno, che diventano 12,07 se a questi si aggiungono quelli per servizi alla popolazione (dal servizio igiene alla formazione, alle manifestazioni). «Siamo molto sollecitati – l’osservazione di Sala –. Per fortuna sono ancora una rarità, ma temiamo che possano crescere sempre più gli interventi in contemporanea e questo ci preoccupa». Le motivazioni come detto sono sembrano legate al cambiamento climatico. Il Corpo ha gli uomini, i mezzi e la formazione adeguati per affrontarlo? «È giusto chiederselo. Ad esempio, noi siamo formati ed equipaggiati per gestire le bombe d’acqua, ma non episodi così frequenti perché portano a disastri sui quali bisogna lavorare tanto e a lungo per ripristinare la sicurezza. Ma non è un discorso solo luganese».
Lugano tuttavia è l’unico Corpo nel cantone a vantare dei professionisti, oltre a una caserma accanto alla quale molti fra questi e militi volontari vivono con le proprie famiglie nei sedici appartamenti in dotazione. C’è dunque una responsabilità in più, che si estende su un comprensorio molto vasto, come dimostra anche il distaccamento che a giugno aprirà i battenti ad Agno per coprire la zona del Basso Vedeggio, oltre a cooperare con i Corpi di Caslano, Novaggio e Tresa. Eppure, il numero di militi quest’anno dovrebbe scendere un po’: da 164 si dovrebbe scendere a 156. «È una diminuzione che riguarda i volontari, non i professionisti – ha puntualizzato il comandante –, si tratta di oscillazioni abbastanza normali. Vero, si registra una certa disaffezione ‘fisiologica’, sono sempre più rari i volontari che prestano servizio per tutta la vita. È un trend cantonale. La lista di attesa per entrare in caserma comunque è abbastanza nutrita».
Lavoro che aumenta, braccia in (lieve e relativa, visto che si tratta di volontari) diminuzione. Il Corpo va potenziato? «In realtà siamo nel mezzo di un potenziamento – ci risponde Valenzano Rossi –: si è appena conclusa la seconda e sta per iniziare la terza fase di professionalizzazione che porterà, negli anni, il numero di Pompieri professionisti da 40 a 60. A oggi non c’è ancora un’emergenza, però la tendenza all’aumento di interventi e quella alla disaffezione le monitoriamo. È necessario cominciare a ragionare su cosa fare per tenere alto l’interesse verso la professione. Le campagne di reclutamento sono molto importanti, ma anche altri interventi puntuali come ad esempio l’ammodernamento della caserma e degli appartamenti. La priorità è mantenere il livello qualitativo e le tempistiche di intervento». E per fare ciò, anche il ruolo dei volontari è centrale: «La loro disaffezione è dovuta anche alla pandemia – osserva Sala –. Stiamo cercando di rendere più interessante il loro ruolo. Da quest’anno, ad esempio, potranno lavorare e intervenire con i professionisti anche il sabato».
La retrospettiva, infine, oltre al bilancio passato e allo sguardo al futuro, è anche l’occasione per fare il punto e ricordare i traguardi raggiunti dai singoli militi. Il più significativo, oltre che «sempre più raro» come sottolineato da Sala, sono i 40 anni di servizio di Danilo Calderoli. Sono 35 invece quelli di Sergio Bernasconi e 30 quelli di Tiziano Arsuffi, Andrea Malosti e Nicola Dozio. Poi 20 quelli di Daniele Derungs e Rico Candrian, mentre 15 quelli di Marco Tettamanti, Claudio Blum, Georg Paglialunga, Daniela Brühwiler e Giacomo Riccardi. Da segnalare anche alcune promozioni: Claudio Aurino da sergente capo a tenente; Aleksandar Misanovic, Simone Eramo e Marco Scheidegger da pompieri ad appuntati (tutti e quattro nella categoria pompieri urbani); Andrea Piazza da pompiere ad appuntato (categoria pompieri di montagna).