Tutto pronto per il progetto multidisciplinare della durata di 10 settimane che coinvolge 30 partecipanti nella sede di Lugano della Croce Rossa
Oggi, 11 aprile, in occasione della giornata mondiale dedicata al Parkinson, viene presentato Music Park. Il nome ‘suona’ chiaro: si tratta di uno studio multidisciplinare nato dalla cooperazione tra diversi attori. Il progetto durerà dieci settimane e comincerà mercoledì 19 aprile nella sede di Lugano della Croce Rossa Svizzera Sezione Sottoceneri (Crss). Coinvolti sono il Centro di Ergoterapia della Crss; il dottor Salvatore Galati, neurologo esperto in disturbi del movimento; la dottoressa Daria Dinacci, neurologa esperta in neuroriabilitazione e Paolo Paolantonio musicista e ricercatore del Conservatorio della Svizzera italiana, che ha già partecipato a ricerche focalizzate sull’impatto della musica sulla salute e il benessere.
La musica può essere utilizzata in molti modi. Viene infatti spesso usata in campo medico come supporto ad alcuni approcci di fisioterapia specifici per chi soffre di Parkinson. Attualmente in Svizzera si contano 15mila persone affette dalla sindrome (600 sono in Ticino), che è una malattia neurodegenerativa, lentamente progressiva, che coinvolge diverse funzioni motorie, vegetative, comportamentali e cognitive, con conseguenze sulla qualità di vita di chi ne soffre. Una malattia che provoca ai pazienti un deficit del neurotrasmettitore della dopamina nel cervello. Il progetto Music Park coinvolge 30 pazienti suddivisi in due gruppi. Un gruppo parteciperà alle attività musicali, mentre l’altro sarà impegnato in altre attività ludico-ricreative come per esempio il Bingo, attività considerata a impatto neutro.
La dottoressa Dinacci ci confida le sue aspettative per il progetto Music Park in quanto la musica, per «le persone affette da Parkinson, è un veicolo che permette di attivare dei circuiti alternativi che consentono al paziente di compiere azioni che altrimenti non sarebbero in grado di effettuare». I partecipanti sono stati selezionati secondo criteri specifici quali, come spiega la dottoressa, «l’avere un regime terapeutico stabile, dunque non avere fluttuazioni e stare bene con la terapia impostata. Mentre, per quanto riguarda le attività riabilitative, abbiamo messo a punto dei criteri d’inclusione che permettono di selezionare pazienti con quadri clinici e funzionali che variano all’interno di un range definito». Nella malattia di Parkinson esistono infatti diversi livelli di gravità in relazione alla sua progressione. L’attribuzione a un gruppo piuttosto che all’altro avverrà in modo randomizzato, in modo da confrontare due gruppi simili. I pazienti dello studio sono prevalentemente del Luganese.
Durante le attività settimanali della durata di un’ora, spiega Paolantonio, «faremo musica insieme, ma non servirà avere un bagaglio di conoscenze pregresse, come non ci sarà bisogno di studiare o esercitarsi a casa». Ci sarà un gruppo di quattro musicisti che suonerà proponendo un repertorio, che verrà definito sulla base delle preferenze dei partecipanti, utilizzando una serie di strumenti a percussione. «I partecipanti – continua Paolantonio – suoneranno insieme a noi accompagnandoci ritmicamente». Nel corso delle sessioni, verrà svolto un lavoro duplice, in quanto si utilizzeranno diversi strumenti in un lavoro collettivo e inclusivo, che comporta da un lato il suonare e dall’altro esplorare e scoprire gli strumenti.
I risultati relativi ai pazienti coinvolti nel programma musicale saranno paragonati con quelli del gruppo corrispondente coinvolto in un’attività considerata a impatto neutro. In aggiunta, all’interno dello studio ci sarà un sottogruppo che sarà sottoposto ad analisi polisonnografiche, ovvero verrà verificata se la partecipazione a delle attività coinvolgenti dal punto di vista emotivo inducono una migliore qualità del sonno nelle persone con malattia di Parkinson. Galati spiega inoltre che «a prescindere dal trattamento antiparkinsoniano che i pazienti fanno, oggi abbiamo dei trattamenti che sono molto efficaci, quindi che danno dei benefici clinici significativi. In qualche modo, se un paziente si trova nella sua manifestazione piena del parkinsonismo, quindi con rallentamento motorio, in determinate occasioni, proprio grazie a delle forti emozioni, è in grado, paradossalmente, di muoversi normalmente». Quella appena spiegata dal dottor Galati si chiama cinesia paradossa.
È fondamentale ricordare che il progetto musicale sarà comunque sempre accompagnato dalle terapie che i pazienti assumono quotidianamente. Infatti, la terapia farmacologica e riabilitativa non si modifica assolutamente. Dinacci sottolinea che «questa attività è complementare e si aggiunge alla terapia abituale».
Per quanto riguarda i risultati di questo studio, che probabilmente arriveranno entro il prossimo autunno, verosimilmente a ottobre, i tre intervistati sono stati chiari. Paolantonio afferma che «attraverso le misurazioni e le interviste che svolgeremo per comprendere l’esperienza vissuta dai partecipanti, auspichiamo un miglioramento del benessere soggettivo che può passare appunto attraverso il coinvolgimento in un’attività gratificante che stimola la creatività e l’immaginazione». Dello stesso avviso è la dottoressa Dinacci che spiega come «l’intervento musicale possa avere un impatto positivo sulla qualità della vita». Conclude poi il neurologo esperto in disturbi del movimento: «Quello che mi piacerebbe osservare è che i pazienti nel gruppo musicale possano sviluppare delle qualità per cui riusciranno, assieme a un trattamento farmacologico e fisioterapico adeguato, a ottenere qualche vantaggio in più nella gestione della malattia».
Insomma, la speranza è dunque quella di verificare l’efficacia di questo tipo d’intervento per renderlo più solido ed eventualmente implementarlo su scala maggiore e che valga la pena offrirlo a chi è affetto da malattia di Parkinson.