Condannato il 55enne per la tentata rapina alla banca Raiffeisen del 2021 e per il riuscito colpo al portavalori davanti alla medesima banca nel 2021
«È un rapinatore seriale, ha commesso un crimine odioso, la sua colpa è molto grave dal profilo oggettivo e ancora di più da quello soggettivo». Quasi nulle le attenuanti concesse al 55enne italiano ritenuto colpevole sia della tentata rapina alla banca Raiffeisen di Molinazzo di Monteggio nel 2019 sia del portavalori della ditta Loomis sempre davanti alla medesima banca nel 2021. La Corte delle Assise criminali di Lugano presieduta dal giudice Amos Pagnamenta lo ha così condannato a otto anni di carcere, confermando quasi integralmente l’atto d’accusa stilato dal sostituto procuratore generale Moreno Capella: ripetuta rapina aggravata in parte tentata; furto aggravato; ripetuta infrazione alla Legge federale sulle armi e sulle munizioni; ripetuto furto d’uso in parte siccome passeggero in un veicolo a motore sottratto; ripetuta entrata illegale; danneggiamento.
«La sua colpa è estremamente grave dal profilo oggettivo, in virtù del numero di colpi commessi e del bottino» ha detto il giudice, riferendosi al fatto che l’imputato sia un plurirecidivo già condannato due volte in Italia per le medesime tipologie di reato. E in riferimento in particolare agli altri colpi commessi (o tentati) in Svizzera. Oltre ai due già citati, uno a Mendrisio e l’altro a Stabio. Nel primo, a incastrarlo sono state delle immagini di videosorveglianza («non c’è dubbio che sia lui», secondo Pagnamenta): vestito da prete, con un complice, ha attaccato sempre un portavalori che trasportava 200’000 euro davanti all’Hotel Coronado. Nel secondo caso, siamo nel 2012, minacciando con una pistola l’agente ha rapinato ancora un portavalori davanti a un ufficio di cambio, intascando 470’000 euro circa e 170’000 franchi.
Ma il colpo più clamoroso è quello del 2019: un gruppo di malviventi, sette gli implicati non tutti ancora condannati, ha organizzato il colpo al portavalori davanti alla Raiffeisen, minacciando con una pistola l’autista del mezzo, che è stato successivamente chiuso nel retro e trasportato in Italia, vicino ad Arcisate. Da lì i banditi riescono a estrarre oltre 3 milioni di euro in banconote. Il colpo alla banca stessa, nel 2021, è stato invece solo tentato in quanto la rapina è stata sventata e tre altri malviventi sono già stati condannati per quei fatti. Fatti per i quali l’imputato «aveva un ruolo centrale, da organizzatore – ha rimarcato Pagnamenta –. È stato addirittura lui a consegnare una pistola a uno dei complici poco prima di varcare la dogana. Reperiva le armi di tasca propria». La Corte ha unicamente derubricato l’aggravante della rapina commessa in banda: «Il sodalizio si era costituito unicamente per commettere quella rapina. Ma vi è comunque l’aggravante dell’utilizzo delle armi da fuoco, che è sufficiente».
Pagnamenta ha pure precisato che, seppur non vi fosse una precisa definizione dei ruoli dei protagonisti, il piano era sufficientemente dettagliato per essere considerato una tentata rapina. «Si erano addirittura già accordati su come sarebbe stato suddiviso il bottino». Dal profilo personale, come detto, poche le attenuanti. La credibilità dell’imputato è stata giudicata «totalmente assente. Non ha mai ammesso nulla, seppur colto in flagrante. Le sue dichiarazioni sono state a dir poco ondivaghe. Ha commesso un crimine odioso, ponendo in pericolo la vita delle vittime. Una colpa che è ancora più grave soggettivamente. Ha agito con egoismo, per un tornaconto personale e per un proprio guadagno, a dispetto della sicurezza delle persone. Questo, pur avendo disponibilità intellettuali ed economiche che avrebbero dovuto trattenerlo».
Partendo da una pena ipotetica «sui 13-14 anni», superiore agli 11 chiesti da Capella, la Corte è poi scesa a 8, essenzialmente per le gravi condizioni di salute del 55enne. Stefano Pizzola, avvocato difensore, si era invece battuto per una pena contenuta in 21 mesi. «È un rapinatore seriale – ha però ribadito Pagnamenta –, che non ha desistito dal delinquere pur avendo passato dieci anni di vita in carcere (in Italia, ndr). Ha negato l’innegabile, pure le rapine per le quali è già stato condannato. Stendiamo un velo pietoso sulla collaborazione. La sua unica attenuante sono le sue condizioni di salute». Non avendo «nessunissimo» legame con la Svizzera, l’imputato è stato espulso dalla Svizzera per il massimo: quindici anni. È stato condannato, infine, anche al pagamento di circa 166’000 franchi a titolo di risarcimento per una società costituitasi accusatrice privata.