In Appello l'accusa chiede cinque anni per l'imputato. Stando alla difesa il rapporto fra i due (ex) amanti fu consenziente
Come già in primo grado, anche in Appello il processo indiziario che indaga un rapporto sessuale fra due (ex) amanti – per la donna fu stupro, per l'uomo fu consenziente – si giocherà sulla credibilità della presunta vittima. In prima istanza, nel maggio del 2021, lui, un 58enne italiano, era stato condannato per violenza carnale a tre anni di carcere, di cui due sospesi per un periodo di prova di due anni. Una condanna pesante per una violenza che lui ha sempre negato di aver commesso.
Di fronte alla Corte d'appello e revisione penale, riunita a Locarno e presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will (giudici a latere Rosa Item e Chiarella Rei Ferrari), è andata in scena una sorta di “remake” del primo processo. Da una parte la procuratrice pubblica Valentina Tuoni, che ha ribadito la linearità del racconto della vittima e la sua credibilità, chiedendo per l'imputato una pena di cinque anni di reclusione (come aveva fatto già in prima istanza); dall'altra l'avvocato difensore, Elio Brunetti, che ha smontato una per una quelle che lui ha definito le menzogne di una millantatrice. In mezzo l'imputato, che in taluni momenti si è avvalso della facoltà di non rispondere (un “déjà vu” del processo alle Assise criminali del 2021). «Il mio assistito ha collaborato sin dall'inizio e finora ha pagato un prezzo altissimo, sia moralmente sia socialmente – ha spiegato il suo avvocato –. Ora ha esaurito ogni risorsa fisica e mentale e non dispone più della necessaria lucidità per affrontare questo dibattimento. La sua sofferenza lo ha portato ad avvalersi della facoltà di non rispondere».
Le tesi della difesa non avevano fatto breccia in prima istanza e il giudice aveva ritenuto credibile la donna. La sera del 24 maggio del 2018, dopo una cena, i due – che all'epoca erano amanti – avevano consumato un rapporto nei pressi di un cantiere nel Luganese. Qualche settimana dopo lei lo aveva denunciato per violenza carnale. Per la pp il racconto della presunta vittima è coerente e credibile: non ha mai cambiato versione durante le indagini. Lui la teneva in scacco e quella sera l'ha presa con la forza.
Secondo la difesa, invece, la donna ha costruito un castello di menzogne per vendicarsi, visto che lui l'aveva denunciata all'assicurazione che lei aveva frodato simulando una malattia depressiva. Insomma, il tutto sarebbe nato per una ritorsione destinata a screditare il suo ex, che a sua volta si è rivolto al Ministero pubblico affermando che la donna aveva presentato una falsa denuncia.
La lunga arringa di Brunetti è stata dettagliata andando pure a contestare alcuni elementi tenuti in conto dalla sentenza di primo grado, non sostenuti da riscontri oggettivi e basati su mere impressioni. La difesa, infine, ha chiesto il completo proscioglimento dell'imputato. La sentenza è attesa nelle prossime settimane.