Nel processo a carico del 56enne sospettato di aver violentato l'ex amante, i difensori tacciano di parzialità la procuratrice pubblica
Si è conclusa con un fuoco incrociato la fase dibattimentale del processo a carico di un 56enne italiano sospettato di aver stuprato l'ex amante. Già la prima giornata processuale si è contraddistinta per una netta contrapposizione, dato che l'imputato nega le accuse e il processo è di fatto indiziario. Mercoledì si è arrivati alla resa dei conti.
Ad aprire le danze è stato Marco Bertoli, che con Elio Brunetti difende l'accusato. «Se l'accusa è infamante, vi è qualcosa di peggio: l'accusa infondata – ha detto l'avvocato –. L'inchiesta è stata unilaterale. La procuratrice pubblica ha avuto un atteggiamento conflittuale con l'imputato. Ha sposato acriticamente le dichiarazioni dell'accusatrice, occorreva invece un approccio più imparziale. Proprio perché ha dei problemi (il 56enne è affetto da bipolarismo e consuma dei farmaci, ndr) ci sarebbe voluto un garbo accresciuto». Il legale ha quindi citato delle presunte manchevolezze da parte della pp Valentina Tuoni, fino a scagliarsi contro la presunta vittima: «È un'ottima attrice, merita una candidatura all'Oscar».
Ma Bertoli si è concentrato principalmente sui capi minori dell'atto d'accusa: violenza o minaccia contro le autorità e i funzionari per aver verbalmente aggredito e minacciato un ispettore di polizia durante un colloquio al carcere giudiziario La Farera e infrazione nonché contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti per avere, rispettivamente, offerto cocaina e consumato sempre cocaina e marijuana. «Il mio assistito non aveva compreso l'illecità del suo atto, chiediamo l'impunità» ha detto l'avvocato riguardo alla prima accusa, chiedendo di «prescindere dalla persecuzione» anche dei reati inerenti alla droga in quanto è reo-confesso e si è nel frattempo ravveduto. Infine, fra spese processuali e torto morale è stato chiesto un indennizzo di poco inferiore ai 200'000 franchi.
Sono seguiti poi gli interventi di replica e duplica. «Niente di quanto ha indicato la difesa spiega il radicale cambiamento di personalità della vittima dopo la violenza. Niente di quanto indicato spiega la sparizione dell'imputato dopo la violenza – ha detto Tuoni –. I difensori non sono psichiatri e dedurre che la vittima non fosse scompensata e depressa rimane una loro opinione». La pp ha ribadito che la donna è credibile e «denota buona fede». «Ieri per ore ho sentito parlare della truffa all'assicurazione – ha detto invece Sandra Xavier, rappresentante dell'accusatrice privata, riguardo a uno dei motivi dell'attrito fra imputato e presunta vittima –. Al Ministero pubblico non è arrivata alcuna denuncia per truffa. Non c'è nessuna procedura civile pendente e quindi parlare di truffa non è serio. Infine, su com'è stata condotta l'inchiesta: un imputato così difficile non l'ho mai visto. Tanto di cappello alla pp per com'è stata svolta l'inchiesta, se c'erano delle censure andavano contestate prima».
Brunetti, dal canto suo, ha invece ribadito alcuni concetti già emersi ieri. Dalle presunte contraddizioni dell'accusatrice privata alla validità della perizia di parte che ne mette in risalto le tendenze manipolatorie, fino ad alcuni punti contestati dell'inchiesta come ad esempio il fatto che «un vestito è misteriosamente sparito e questo è un fatto grave» ha detto il legale riferendosi all'abito che la donna indossava la sera dei presunti fatti. Ma il fulcro delle tesi difensive riguardo allo stupro rimane che si tratterebbe di una falsa denuncia, maturata per cinque motivi. Ossia: il desiderio di liberarsi di liberarsi dell'imputato perché le chiedeva sempre prestazioni sessuali minacciandola di divulgare video privati; la diffida dal diffamare l'imputato; una denuncia relativa a una presunta truffa immobiliare; il fatto che la donna si sia sentita manipolata; infine la vicenda assicurativa. «Vero che non c'è una causa civile ma c'è un precetto esecutivo – ha sottolineato Brunetti –. La compagnia ha rinunciato a fare una denuncia per truffa, ma mi risulta che il Ministero pubblico dovrebbe aprire un'inchiesta d'ufficio». «È l'accusa che deve dimostrare che ci siano state azioni penalmente rilevanti – ha detto infine Bertoli in risposta a Tuoni –, è un principio del Codice penale».
La Corte delle Assise criminali presieduta da Mauro Ermani si è quindi riunita in camera di consiglio e pronuncerà la sentenza settimana prossima.