Le difese chiedono il proscioglimento dei tre giovani accusati di aver approfittato di una coetanea nel 2019, dopo una festa campestre nel Luganese
Disinibita, ma non incapace di determinarsi sessualmente. Questa l’immagine dipinta dalla difesa dinanzi alla Corte delle Assise criminali della 31enne vittima nel processo per abusi sessuali a carico di tre giovani fra i 24 e i 31 anni del Luganese. I fatti, ricordiamo, sono avvenuti nell’estate del 2019 dopo un torneo sportivo e una festa campestre. Secondo l’accusa, i tre avrebbero approfittato dello stato di ubriachezza della donna per consumare con lei rapporti sessuali completi e orali (il 31enne e il 27enne) mentre il terzo (il 24enne) faceva da palo, al punto che il procuratore pubblico Zaccaria Akbas ha chiesto condanne fra i 20 mesi integralmente sospesi e i 36 mesi parzialmente sospesi per atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere. Tesi contestate dai difensori, che hanno chiesto l’assoluzione degli imputati.
Sandra Xavier – avvocata del 27enne – ha iniziato la propria arringa dalle «incongruenze sulle quantità di alcol consumato dalla donna»: «I risultati della perizia (che a posteriori ha stabilito un’alcolemia fra 1,35 e 3,10 grammi per mille, ndr) non sono realistici né attendibili. Non è vero che i testimoni hanno riportato della sua inettitudine, nessuno lo ha dichiarato. E pur tenendo in considerazione questi dati, che restano comunque teorici, richiamando il principio dell’in dubio pro reo, si dovrebbe dar per buono il dato più basso, che non può dirsi un’alcolemia così esagerata. Tant’è che ha percorso 13 chilometri per tornare a casa, un tragitto impegnativo e pieno di curve, in venti minuti, denotando una buona padronanza della guida».
La legale ha poi precisato un importante aspetto giuridico: «L’inettitudine, ossia l’incapacità di opporsi, deve essere totale al momento dell’atto. Se l’incapacità è solo parziale, ad esempio a causa di ubriachezza, non è da considerarsi inettitudine. Per la difesa, la donna era da considerarsi solo disinibita, ma non incapace di autodeterminarsi sessualmente». A tal proposito, Xavier ha aggiunto: «Durante i fatti ha avuto un ruolo attivo, nessuno l’ha forzata. E soprattutto ha saputo autodeterminarsi interrompendo il rapporto quando non desiderava più continuarlo. Perché non l’ha fatto prima? E perché non l’ha fatto dopo (durante il secondo rapporto con il 31enne, ndr)?». Sottolineando che si tratta di un processo indiziario, l’avvocata ha poi criticato la credibilità della donna. «Ha raccontato poco e in modo non lineare, limitandosi a flash selettivi e poco disinteressati». Viceversa, il 27enne sarebbe stato «sempre lineare e credibile: quando lei ha detto di no, lui ha accettato la sua volontà allontanandosi».
Xavier ha infine chiesto il proscioglimento per il cliente «in via principale perché il reato non è stato commesso, in via subordinata in virtù del principio in dubio pro reo. Il mio assistito si è visto stravolgere l’esistenza» ha aggiunto, chiedendo un risarcimento per ingiusta carcerazione. Sulla stessa linea anche l’avvocato Niccolò Giovanettina, legale del 31enne, considerato dal pp l’imputato con la colpa più grave: non solo lui e il 27enne hanno avuto i rapporti sessuali con la donna, lui la conosceva in quanto collega di lavoro. «Il mio assistito non è il leader di un branco come è stato descritto – ha detto l’avvocato chiedendone l’assoluzione –, ma una persona perbene che ha sofferto molto ed è stremato da quest’inchiesta».
Giovanettina ha ribadito i medesimi concetti espressi da Xavier. «Importante è basarsi sui fatti oggettivi: non ci sono elementi che ci dicano che la donna avesse bevuto così tanto da giustificare il reato, era brilla ma capace di autodeterminarsi. Sono numerosi i testimoni che ci confermano questo. È praticamente impossibile ritenere che quella sera avesse un’alcolemia superiore all’1 per mille e quindi che fosse incapace di autodeterminarsi. Sì, c’è stato un malessere psicologico successivo, così ci dice la sua psichiatra, ma bisogna fare attenzione alle interpretazioni soggettive sui motivi di questo disagio». Per la difesa, questo sarebbe dovuto alle implicazioni professionali, visto che vittima e imputato 31enne erano colleghi. L’avvocato ha infine criticato l’accusa del pp nei confronti del 31enne di aver premeditato l’abuso. «La pianificazione è stata talmente brillante che alla festa era presente anche la sua fidanzata. Stiamo anche molto attenti ai messaggi estrapolati, che meritano una contestualizzazione e non necessariamente racchiudono la verità delle cose. Vanno considerati in maniera molto attenta, altrimenti si danno significati artificiali».
L’arringa difensiva del 24enne è già andata in scena durante la prima giornata processuale. L’avvocato Massimo de’ Sena ha altrettanto chiesto il proscioglimento dell’assistito dall’accusa di complicità, in quanto da un lato i rapporti ai quali il giovane ha assistito sarebbero stati consensuali e dall’altro lato non sarebbe vero che lui stesso attendesse il proprio turno. Al termine delle arringhe ci sono state brevi repliche e dupliche. Da segnalare in particolare quella della rappresentante dell’accusatrice privata, la 31enne. L’avvocata Letizia Vezzoni ha criticato l’attendibilità delle testimonianze riportate dai difensori, mentre per quanto riguarda le lacune nella ricostruzione della vittima la legale ha ricordato che ci sono delle spiegazioni fornite dalla psichiatra.
La sentenza è attesa giovedì.